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Nuova pubblicazione: "L’ultima notte" dell'autore Cristiano Pedrini.
Titolo: L’ultima notte
Autore: Cristiano Pedrini
Genere: Narrativa
Disponibile in ebook a € 1,99
A breve anche in formato cartaceo
TRAMA:
Non importa cosa trovi sotto l’albero, ma chi trovi intorno.
(Stephen Littleword)
“Io non so chi di noi sia il fratello debole, credo che, in modo diverso, lo siamo entrambi”
Dopo l’improvvisa e inaspettata morte dei genitori, il ventenne Jeremy scopre di non essere rimasto solo al mondo. In una casa-famiglia vive un fratello di cui ha sempre ignorato l’esistenza: Gavin, un ragazzino di undici anni, concepito a seguito di una violenza subita dalla madre. La donna, incapace di gestire il frutto di quell’amore rubato, se ne separò dandolo in affido.
È la vigilia di Natale e finalmente Jeremy può incontrare il fratello. Sapere di poter ricostruire la sua famiglia lo spinge a trovare il modo di diventare il tutore legale di Gavin, ma non sarà una cosa semplice. Il giovane scoprirà tutte le difficoltà che comporta quella scelta, ma sarà pronto a non arrendersi pur di realizzare quel
sogno.
BREVE ESTRATTO:
Hector
Jeremy arrivò puntuale allo scoccare delle 21.30, scendendo al volo dalla sua mountain-bike. L’appoggiò alla barriera metallica che delimitava il piccolo giardino antistante l’ingresso principale dell’edificio e, dopo aver levato dallo zainetto una catena, si chinò legando la canna alla recinzione, bloccandola con un lucchetto. Si levò i guanti, li infilò nelle tasche del giubbotto canadese che indossava e poi tolse il berretto di lana, passandosi le mani tra i folti capelli castani e cercando di rimetterli in ordine mentre si incamminava verso i gradini che portavano all’entrata. «Eccoci qui», annuì vendendo la porta di vetro scorrere al suo approssimarsi. La oltrepassò e venne investito da una corrente d’aria calda. «Come al solito Rachel deve aver armeggiato con i comandi del riscaldamento», il giovane sorrise superando la scultura di legno che immortalava una pila di libri che si innalzava fino al soffitto, diretto al banco dei prestiti. Amava perdutamente quell’istallazione, aveva perso il conto delle volte che si era fermato davanti ad essa, contemplandone ogni particolare, spesso sorseggiando una tazza di cioccolata calda che, come un rito irrinunciabile, prendeva dal distributore automatico dell’atrio.
«Buonasera Jeremy», udì alle sue spalle. Si voltò e osservò Rachel oltrepassare il banco dei prestiti e fermarsi a pochi passi di distanza, sfoggiando il suo miglior sorriso.
«Allora, sei emozionato?» chiese la ragazza incrociando le braccia dietro la schiena. «E non dirmi di no perché non ci credo. Scommetto che stai contando i minuti all’arrivo di Gavin. E poi, dalla prossima settimana, visto che potrai dire addio al turno notturno, lavorando di giorno avrai la possibilità di passarci molto più tempo.»
Ecco la solita Rachel, capace di domandare e di rispondersi nell’arco di pochi istanti. La stessa che aveva coniato per lui quel ridicolo soprannome. Le sorrise ammettendo: «Sì, lo sono… ma ora devo pensare al mio lavoro», disse raggiungendo il bancone posando lo zainetto sul piano superiore, levandosi poi il giaccone che appese all’attaccapanni. «Che cosa mi lasci in eredità?»
«Sono arrivate parecchie novità. Ti ho tenuto da parte alcuni libri che potrebbero piacere a Gavin. Prosegui pure a catalogare gli altri, e come sempre sono da rimettere in ordine i rientri della giornata», rispose Rachel.
«Nessun problema», annuì il giovane osservando la donna infilarsi il cappotto. Gli si avvicinò e si sollevò sulle punte per riuscire a baciarlo sulla fronte. L’altezza di Jeremy era sempre stata fonte di battute mordaci da parte di lei, alle quali tuttavia, con spirito cavalleresco, egli evitava di replicate puntualizzando la sua bassa statura. «In frigorifero c’è una porzione di pollo alla pechinese, offerto dai nostri amici cinesi del ristorante all’angolo. Sembra che oggi festeggino il quinto anniversario dell’apertura.»
«Wow! Che carini», osservò accompagnando la donna verso l’uscita. «Però oggi è il loro giorno di chiusura. Sicura che sia un loro dono?»
Rachel sospirò. Ebbene sì, avrebbe dovuto leggere qualche romanzo giallo per riuscire a costruirsi una maggiore credibilità e un alibi migliore. «Ok. Volevo solo lasciarti una cena decente», ammise.
Jeremy accolse quella piccola confessione con somma gioia. La ragazza era incredibilmente premurosa con lui, anche se il loro primo incontro non era stato certo approntato alla collaborazione. Nonostante fossero passati diversi mesi, si ricordava di quel giorno come se fossero trascorse solo poche ore. Quando se l’era ritrovata davanti, senza nascondere il suo disappunto dietro a quelle enormi lenti rotonde, non aveva esitato a salutarla con un ampio gesto della mano. Azione che lei ricambiò con un lungo sospiro, invitandola a seguirlo.
«Immagino che ti abbiano spiegato quali sono i tuoi compiti?», chiese la donna che ricopriva l’incarico di vicedirettore di quella nuova e massiccia biblioteca nel cuore di Denver. Quando l’aveva vista per la prima volta era rimasto impressionato da quell’edificio dalle forme squadrate, con le pareti rivestite di mattoni grigi e da quell’imponente torrione color mattone.
«Dovrò occuparmi della catalogazione e del riordino delle opere librarie», rispose il ragazzo, seguendola.
«Esatto. Farai il turno notturno, dalle ventidue alle sette, da lunedì a venerdì.
Abbiamo la necessità di smaltire molto lavoro arretrato dopo l’apertura e abbiamo bisogno di qualcuno che provveda a riordinare tutti i resi che si accumulano durante la giornata. Ti è chiaro?»
In realtà quel tono sembrava non ammettere repliche, e la sua espressione arcigna avrebbe provocato non pochi commenti. Jeremy si limitò ad annuire mentre si guardava attorno, percorrendo le ampie sale studio colme di ragazzi intenti a studiare. Si fermò osservandoli con una punta di invidia. Aveva ormai lasciato il college, una decisione sofferta, di cui forse in futuro si sarebbe pentito, ma in quel momento, era l’unica soluzione che poteva permettersi. Una privazione minuscola se paragonata a quelle che Gavin aveva
dovuto accettare.
Rachel proseguì per alcuni metri prima di accorgersi che il ragazzo non la stava più seguendo. Voltandosi lo rivide a pochi metri dai tavoli, con lo sguardo assorto su quegli studenti. «Avanti, non farmi perdere altro tempo» borbottò a bassa voce tornando indietro.
La sua insofferenza si spense non appena intravide il viso di Jeremy. Quella lacrima solitaria scivolò lungo la guancia… un fugace attimo che scomparve, celato dalla sua mano che la raccolse.
«Va tutto bene?» chiese la donna avvicinandosi.
«Vedere questi ragazzi immersi nello studio mi ha fatto ricordare quando ho iniziato a frequentare il college.»
«Lo hai abbandonato?»
Jeremy annuì timidamente. «Sì, non potevo più permettermelo.»
«Mio padre ha praticamente fatto due lavori per darmi la possibilità di frequentarlo, lo ringrazierò per sempre e ogni anno, a Natale, passo le vacanze con lui e la mamma. Vivono a Kingman ed ormai si muovono poco, allora vado io da loro.»
«Sei fortunata. Io non posso più passare il Natale con i miei e neppure un qualsiasi altro giorno dell’anno.»
Rachel tentò di replicare, ma non ci riuscì. Tossì imbarazzata, quando vide il ragazzo sminuire il suo disagio con un sorriso gentile. «Scusami, non volevo turbarti o indurti a pensare: cavolo, abbiamo un novello Oliver Twist.»
La donna si sistemò le grandi lenti sulla punta del naso scuotendo il capo. In verità, ora che poteva osservarlo meglio, Jeremy non aveva affatto le sembianze di un orfanello.
Era indubbiamente un ragazzo carino, acqua e sapone, avrebbe detto, con un fisico da atleta, ma il suo viso, anche con quell’espressione riusciva a mostrare un velo di malinconia. Curiosamente, ora riusciva a notare quei particolari che fino a quel momento le erano sfuggiti. Forse non aveva iniziato nel migliore dei modi. Lentamente ripresero a camminare lungo il salone. «Posso chiederti perché hai accettato questo lavoro?»
«Beh, mi incuriosiva. Certo non sono un grande lettore, ma questo mondo mi ha sempre affascinato. Ora mi dirai che è una contraddizione, non è vero?»
«Non necessariamente. Conosco persone che lavorano in biblioteche e che trattano questa professione come un impiego qualsiasi. Io non credo che sia così, non è un lavoro come tutti gli altri e quando ti guardi attorno non puoi fare a meno di pensare a tutto quello che racchiudono i libri che ci circondano.»
Mi presento… Cristiano Pedrini è un bibliotecario, vive e lavora a Bergamo fin dalla sua nascita. Coltiva la passione della scrittura già dall’adolescenza, ma dopo un lungo “blocco dello scrittore” durato vent’anni, sono nell’estate del 2014 ha ritrovato intatta questa passione e da allora lo accompagna nella sua quotidianità. Si ama definire un “perfetto imperfetto” ed alterna molte passioni: dalla lettura all’antiquariato, amante della saggistica storica, degli anime e fans di Star Trek fin da bambino, condivide la sua casa con il suo gatto tigrato Iago, e con Tom e Jerry, i suoi pesci rossi. Ha pubblicato numerosi titoli in self e con Case Editrici: l’Ombra del Principe (Triskell), Le regole di Hibiki e Il Piano inferiore (FDbooks), Un posto sicuro e L’erede ribelle (Queen Edizioni).
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