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In uscita oggi "Mafalda e le sue disavventure: Il Cantropodo"
dell'autrice Francesca Ottaviani.
Titolo: Mafalda e le sue disavventure:
Autore: Francesca Ottaviani
Genere: Cozy mystery
Disponibile in ebook a € 0,99
E in formato cartaceo a € 11,50
Contatto Facebook: Francesca Ottaviani
TRAMA:
Mafalda è una donna in carriera, di una bellezza non convenzionale, un misto tra una casalinga anni ‘30 e Carmen Sandiego, ma goffa e maldestra come pochi. È sempre alla ricerca di nuove avventure e nel paesino di Arpa, che da poco l’ha accolta, si annoia facilmente. Il suo lavoro di crisis manager le permette di viaggiare in tutto il mondo e affrontare progetti sempre nuovi. Nella vita di tutti i giorni, però, sfrutta qualsiasi occasione per mettersi nei guai. Odia tutto di Arpa, ad esclusione del suo lavoro e del novello ispettore di polizia, Giorgio Penta, per il quale ha decisamente una cotta. Arpa è piccola, piena di tradimenti, pettegolezzi e casalinghe disperate, ma dopo il terzo anno che Mafalda è lì, pur non volendo ammetterlo, comincia ad apprezzare la piccola comunità. Quasi il genere umano le appare più tollerabile in quell’angolo di mondo...Analizzando quello che le sembra un nuovo e succulento indizio per un’avventura, si caccia nell'ennesimo guaio, imbattendosi nel Cantropodo. Cosa si celerà dietro questa parola sconosciuta? Tra misteri, omicidi e amori, la nostra Mafalda ne combinerà di tutti i colori.
DICE L’AUTRICE:
Mafalda e le sue disavventure doveva essere il mio primo libro, ma circa dopo il decimo capitolo, per parecchio tempo, mi sono bloccata.
Il nome della protagonista è in onore al celebre fumettista Quino, di cui sono sempre stata una grande fan.
La copertina di questo libro, così come anche quella di “Io, la mia moto e… forse tu!”, è stata disegnata da me.
Quando ho iniziato a scrivere il libro, avevo in mente un altro assassino. Ho cambiato idea in corso d’opera.
BREVE ESTRATTO:
Mafalda, ancora ignara che un giorno tutti avrebbero saputo chi fosse e forse avrebbero perfino raccontato di lei, girava per i lunghi corridoi della biblioteca come un’anima in pena. Era una donna che si avvicinava alla soglia dei trenta, capelli rossi e ondulati che si poggiavano delicatamente sulle forti spalle, occhi azzurri e carnagione chiarissima, quasi angelica. Sembrava una donna d’altri tempi, proprio non era adatta ai tempi moderni. Sicuramente non rispettava i canoni di bellezza di quegli ultimi anni Novanta. Era alta un metro e sessantacinque per settanta generosi chili. Non era grassa, ma formosa e muscolosa quanto un tronco di quercia. Aveva un naso con profilo greco, così diceva lei, e sopracciglia folte.
Un cappello era poi l’immancabile cornice della sua figura. Ne aveva di tantissime fogge: a falde larghe, di paglia, modello borsalino, bombetta, fedora, panama...
Il suo preferito era il copricapo a cloche, tipico degli anni ‘30 e a forma di campana. Tolta la sua goffaggine e la completa inconsapevolezza di sé, somigliava vagamente a Carmen Sandiego, protagonista di un videogioco anni ‘80, ispanica, capelli ondulati e scuri, ladra internazionale di buon cuore con guanti neri, borsalino e trench rossi.
Mafalda Carta era uscita nel cuore della notte e si era intrufolata, come spesso faceva, nella biblioteca pubblica del suo paesino, Arpa. “Viveva” lì da circa tre anni; aveva lasciato il suo passato a Roma e si era trasferita, con armi e bagagli, ad appena due ore dalla metropoli. Nella realtà dei fatti, sarebbe più giusto dire che soggiornava ad Arpa, dato che non aveva voluto vendere la casa a Roma e la teneva sfitta, pronta a ospitarla ogni volta che si sentiva smarrita senza una boccata di smog e una buona dose di traffico.
Arpa era un tipico esempio di impianto urbanistico romano, con lo schema organizzato su due assi principali ortogonali, il cardo e il decumano, che si incontravano al centro del paese, dove si trovava Piazza Oleandro, orgoglio del sindaco Marco Falerio.
Alle 4:00 del mattino, la Rossa saliva ancora le scale a pioli premute contro gli altissimi scaffali della biblioteca “Enrico Fermi” per consultare libri e libri, tutto per riuscire a capire cosa fosse mai quella parola, “CANTROPODO”, intercettata mentre, distesa sul letto, ascoltava le conversazioni dei vicini per prendere sonno. La migliore cura contro l’insonnia per lei erano proprio le barbose e insulse chiacchiere dei paesani. In modo poco ortodosso, aveva impiantato un radiotrasmettitore sulla torretta telefonica che raggruppava tutti i dispositivi del paese e con quello ogni sera si sintonizzava su varie frequenze, talvolta per prendere sonno, talvolta alla ricerca di qualcosa che le facesse sembrare la sua esistenza meno tediosa.
“Non sai quanto è brava la mia bambina” aveva detto la signora Tarpa, odiosa vicina. “Gli altri bambini in confronto a lei sembrano dei poppanti. Sentissi che voce da usignolo”.
Mafalda, che la voce di tale “usignolo” la sentiva ogni pomeriggio durante le prove di canto, era più propensa a immaginare la bimba come un grosso e grasso uccellaccio spelacchiato con il collo incastonato nel busto, che gracidava a mo’ di Albanella pallida: un rapace, che però fa il verso di un rospo, seppure più acuto.
“Io credo che lui mi tradisca”, aveva frignato la signora Gilda parlando del suo ultimo toy-boy. Per quanto ne sapesse la Rossa, l’attuale tresca era con un certo Oscar. Lei non lo aveva mai visto e conosceva giusto di vista la compaesana, ma si vociferava stesse con un uomo tanto più giovane, bello e tenebroso. Quello era il gossip più succoso in circolazione. Non si riusciva a far a meno di ascoltare qualcuno che diceva la sua in proposito ovunque si andasse: dal parrucchiere, all’alimentari, in edicola…
Pareva che la signora Gilda avesse un’età compresa tra i quaranta e... i sessant’anni, ben mistificata dagli strati di trucco e Dio solo sa cos’altro e aveva un giro di pretendenti in costante evoluzione.
“Ehi, amico, si balla stasera?” aveva chiesto il giovane Almo, figlio della signora Molla e del signor Brown, ex militare americano.
Mafalda trovava piuttosto simpatico Almo, giovane baldanzoso che era stato tra i primi ad accoglierla al suo arrivo in paese. Con lui e la sua famiglia condivideva una parete della sua villetta a schiera.
A forza di cambiare continuamente frequenza, qualche ora prima, la Rossa aveva intercettato una voce grave e ovattata; quella stava sussurrando qualcosa di incomprensibile. Aveva cercato di ristabilire il contatto perso e le uniche cose che era riuscita a sentire erano state “CANTROPODO, TOP-SECRET, PERICOLO”.
Non mi piace troppo parlare di me e quindi sia questo libro che il precedente contengono come biografia degli episodi di vita legati alla mia passione per la scrittura… che spiegano un po’ come mi sono ritrovata a questo punto, avendo pensato di fare tutt’altro nella vita. In linea di massima, la mia carta d’identità mi dà più anni di quel che mi sento e la mia città natale, Roma, fa parte della mia essenza. Ho un rapporto di amore e odio con la mia amica Ispirazione, che immagino come un drago mansueto che all’occorrenza sputa fuoco.
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