martedì 30 marzo 2021

RECENSIONE "IL CONFINE DEL PERDONO" di Carmen Weiz

 

Recensione: "Il confine del perdonodell'autrice Carmen Weiz.
A cura di Dario Zizzo.




Autore: Carmen Weiz

Genere: Contemporary romance
Spin off #2 della Serie Swiss Stories

Disponibile in ebook a € 1,95
E in formato cartaceo a € 14,90

Sito autoreCarmen Weiz



TRAMA:

Dalla scrittrice Bestseller Amazon con libri tradotti in quattro lingue, arriva direttamente dalle foreste di pini in Svizzera…

Non provare mai ad addomesticare l’amore perché esso ti distruggerà. È un sentimento selvaggio, che non offre garanzie.

Due mondi completamente diversi, due anime, due cuori. Una sola bugia…
A volte facciamo del male proprio a coloro che amiamo di più.

Melanie Roseberg è un’insegnante con una vita tranquilla e un amore incommensurabile per i libri. Amore che ha ereditato da suo nonno, l’unico che sapeva ascoltarla e la faceva sentire protetta in ogni dove. Con la sua morte, Melanie ha ereditato un tesoro di un valore inestimabile, il cuore pulsante della vita del nonno ora è nelle sue mani, ma non è l’unica a volerlo per sé…

Jodi Andrey Gregori è stato cresciuto per governare, allevato per condurre e destinato a seguire le orme di un uomo al quale è legato tramite il sangue, un’anima con la quale non ha niente in comune. Andrey ha ereditato una maledizione, dalla quale farebbe qualsiasi cosa per sottrarsi…

Si dice che l’amore, quello vero, non sbagli mai. Che la potenza e la forza di questo sentimento possa sopravvivere a tutto... perciò nemmeno a un rapporto basato su un gioco di potere, menzogne e seduzione avrebbe potuto soccombere. Non è vero? 



Secondo spin-off  della Serie “Swiss Stories”, è un contemporary romance dove abbiamo l’incontro fra due mondi che più lontani non potrebbero essere, quelli di due giovani: uno normale, con i colori di certi paesaggi ameni della Svizzera (in cui Carmen Weiz ambienta l’Opera) appartenente a Melanie Rosenberg, l’altro dal tono cupo, in cui si muove Jodi Andrey Gregori, nipote di un boss molto influente, soprannominato “il librario”, e i libri (“Galeotto fu il libro…”) saranno l’occasione per questa congiunzione. Melanie, capace di amarli sopra ogni cosa, si impegna al massimo per continuare l’attività di libraio del nonno, il quale vedeva un’anima in questi e provava dolore verso quelli che non si vendevano più, destinati quindi a essere sostituiti. Dall’altra parte abbiamo la rappresentazione accurata, felice, dell’ambiente malavitoso in cui risulta inserito Jodi (personaggio assillato da sensi di colpa, così si spiega il titolo del romanzo), con il nonno, personaggio carismatico, a cui per esercitare il suo malefico ministero basta un gesto, uno sguardo, facilmente comprensibile dagli sgherri. L’Autrice ci porta per mano nei ristoranti esclusivi dove avvengono le “riunioni d’affari”, ce li mostra attraverso gli spessi vetri fumé che nascondono a chi sta fuori le parole, i volti, ci descrive i sigari che fumano, l’odore, le facce da poker di questi teatranti del malaffare, abituati, perché costretti, a non permettere loro di raccontare le emozioni, cosa riscontrabile pure nella fondata impressione che Melanie ha di Jodi: 

La sua mano, che aveva appena lasciato la mia dopo essersi presentato, era grande, callosa, ruvida ma stranamente morbida, in netto contrasto con la sua apparenza impeccabile. In effetti c’erano alcune cose che non conciliavano in lui. I capelli biondi, che cadevano di lato, gli conferivano un aspetto ribelle e poi quegli occhi: di un verde chiaro incorniciati da ciglia appena più scure dei capelli che nascondevano uno sguardo indecifrabile, un sipario di ombre oltre le quali non riuscivo a scorgere niente. In quell’istante le sue labbra si erano piegate leggermente, la bocca mi sembrò troppo morbida e carina per stare su un viso così austero.

Questi contrasti fisici riflettono anche quelli caratteriali. Lui, ventottenne, a diciotto anni ha praticamente abbandonato la madre e il patrigno iniziando a respirare i miasmi dell’ambiente della mala, però c’è nel suo animo una specie di forza centrifuga che lo vorrebbe portare al di fuori. Se Jodi nel suo mondo è un potenziale eretico, il vecchio capo invece il rappresentante dell’ortodossia, il gran sacerdote, personaggio descritto in modo così potente da balzare fuori dalla pagina, dalla sedia a rotelle su cui sta, incapace di trattenere la “forza indomita”, un uomo che non si separa dal suo sarcasmo neanche nelle situazioni drammatiche. E cosa dire della descrizione della casa di questo? Col camino sempre acceso che non riscalda, non riuscendo a battere quel freddo avvolgente, ancora più intenso quando Jodi sarà posto davanti a un aut aut; ritengo la parte “nera”, dedicata alla rappresentazione di questo universo, quella riuscita meglio, ma è anche una questione riguardante i miei gusti personali; di conseguenza per me il “nonno bastardo” è il personaggio costruito nel modo migliore, capace anche di strapparti una risata quando la scrittrice ci dice che è sua usanza colpire col bastone retrattile chi osi guardarlo negli occhi. Nell’Opera abbiamo due punti di vista, quelli dei protagonisti femminile e maschile. Una chicca le citazioni di scrittori, poeti e cantanti poste alla fine di quasi tutte le pagine (con le quali hanno un’attinenza), e scelte dai lettori di Carmen Weiz, un modo molto carino di coinvolgere direttamente il proprio pubblico, una delle prove della sensibilità dell’artista verso questo, una scelta vincente, perché tu puoi avere pure talento, alle spalle un editore buono, ma se non c’è chi ti dà fiducia in una libreria fisica o virtuale, be’, di strada non ne farai molta, e l’autrice de “Il confine del perdono” invece di libri ne ha scritti un bel po’.


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