Doppia recensione per "Tu, Signora Aquilone" dell'autrice Erika Tagliarini, edito Pav Edizioni. A cura di Franca Poli e Alessia Toscano 😊
Titolo: Tu, Signora Aquilone
Autore: Erika Tagliarini
Genere: Narrativa contemporanea
Casa editrice: Pav Edizioni
Disponibile in formato cartaceo a € 8,50
A breve anche in ebook
Pagina autore: Tu, Signora Aquilone
TRAMA:
Raissa è una giovane infermiera che vive nelle splendide colline Umbre e lavora presso una casa di riposo. Il suo scopo nella vita è quello di portare ogni giorno un po' di gentilezza e luce agli ospiti anziani e soli che vivono nella "Fattoria Senile", con la speranza di colmare il suo grande vuoto lasciato per la mancanza d'affetto di sua madre. Incontrerà strani personaggi, come Poca Luce, Squalo, Campana e Bella Gioia, con i quali vivrà situazioni divertenti, surreali e di forte amicizia.
Sarò sincera, dopo le prime pagine avevo quasi deciso di
smettere di leggere. Non riuscivo a capire con chi avevo a che fare, chi erano
i protagonisti del libro. Siccome sono una lettrice che non s'arrende
facilmente, ho deciso di proseguire la lettura, ovviamente nella speranza che
la storia riuscisse a prendermi. Alla fine devo dire che ho fatto bene a darle
una possibilità. È una storia particolare che parla del difficile rapporto che
intercorre tra madre e figlia, Diana e Raissa. Ma è anche la storia di quattro
anziani, due uomini e due donne, provenienti da diversi ambienti sociali,
ognuno con un proprio vissuto più o meno difficile che, a un certo punto della
loro vita, si trovano a trascorre le giornate in una casa di riposo, o per essere
più precisi nella “Fattoria Senile”. Tra questi arzilli vecchietti e due delle
infermiere che li accudiscono si instaura qualcosa che va al di là di un
normale rapporto che intercorre tra assistenti e ospiti di una struttura
simile. Le due infermiere sono anche madre e figlia. Sono entrambe molto brave
nel loro lavoro, un lavoro per altro molto difficile da svolgere. Hanno a che
fare con persone fragili, con problemi di salute, magari abbandonati dai propri
familiari in quanto considerati degli intralci.
Raissa lavora in questa struttura situata sulle colline
umbre da alcuni anni. Le piace il suo lavoro, lo svolge con competenza e
passione. È benvoluta sia dagli anziani ospiti che dai colleghi. Fino a poco
tempo prima anche la madre lavorava alla “Fattoria Senile”.
Ora Diana si trova ricoverata all'ospedale per una grave
malattia. Il rapporto tra le due donne è sempre stato difficile, fin da quando
Raissa era una bambina. La giovane ha sofferto e continua tuttora a soffrire
per la mancanza di affetto da parte della madre ma, nonostante ciò, tutti i
giorni la va a trovare. Sarà proprio durante la degenza della genitrice che la
ragazza ripercorre la storia della sua vita e quella della sua famiglia; alla
difficoltà a relazionarsi con i parenti materni e con la sorella più giovane di
lei di dieci anni. Le uniche persone con cui ha un vero legame affettivo sono
il padre, il marito e il figlioletto di quattro anni, molto dolce e sveglio per
la sua età.
Se all'inizio ero un po' indecisa se continuare a leggerlo
oppure no, alla fine questo libro mi ha preso, emozionato, commosso. È una
storia che parla in un certo senso di amore, di sentimenti, in questo caso non
nei confronti del proprio partner, ma verso, e tra, persone che non hanno
nessun legame di sangue. Inoltre ci fa capire che bisogna accettare gli altri per
come sono, con i loro pregi e i loro difetti. Anche se a volte, quando si
tratta dei propri familiari, certe situazioni fanno soffrire.
È un racconto abbastanza breve che si legge velocemente. La
scrittura risulta abbastanza accurata e fluida. La narrazione avviene in prima
persona con il pov di Raissa. Mi è piaciuta la minuziosa descrizione che
l'autrice fa dei quattro anziani. La loro storia, il loro vissuto, il perché
avevano deciso di trascorrere gli ultimi anni che rimaneva loro alla “Fattoria
Senile”. Soprattutto il motivo che li ha portati a diventare amici
inseparabili.
Detto ciò mi sento di consigliare questo libro.
La semplicità di raccontare la vita.
“Tu, signora aquilone” non è un libro, ma sembrano quasi
le parole di un diario narrato, parlato, confidato, al quale io mi sono
approcciata con estrema delicatezza, cercando di non disturbare, per non
interrompere il flusso dei pensieri dell’autrice, perché mi sono ritrovata
coinvolta e interessata. Non volevo che smettesse, ma che mi facesse arrivare
al cuore della Signora aquilone.
Mi sono divertita, emozionata, incuriosita, stupita e
commossa. Un bel mix per un libro che non usa paroloni, non fa giri immensi,
non mostra cose impossibili… ma lascia qualcosa dentro.
Ho vissuto con Raissa la storia che lei stessa stava
ripercorrendo per regalarla a noi.
Uno scritto introspettivo, quasi di formazione, perché
compiamo, insieme alla protagonista, il suo percorso interiore di crescita e di
presa di coscienza.
Ogni persona che incrociamo sul nostro cammino ha la
capacità di donarci qualcosa, ci fa diventare “grandi”, in qualsiasi epoca
della vita ci troviamo.
L’importanza delle piccole cose, la sofferenza della
malattia, il richiamo dei legami di sangue e dalla famiglia. Ogni essere
vivente deve essere apprezzato e rispettato.
Un libro sui valori assoluti, o quelli che contano
davvero, sui sentimenti, sui legami che si creano passo dopo passo.
Ho trovato la lettura intensa e particolare; delicata o
crudele come sa esserlo la realtà. A volte sembrava che ci fossi io tra le
pagine al posto di Raissa. Ognuno di noi può essere lei.
Non dobbiamo cercare di cambiare chi ci è attorno, ma
dobbiamo accettarli, e se proprio non ci riusciamo dobbiamo allontanarci da ciò
che ci fa soffrire, magari ritrovandoci poi in un altro momento. Ma sempre
mantenendo il rispetto per il prossimo. Chiunque combatte le proprie personali
battaglie. Lo stesso discorso vale anche per le situazioni.
Niente e nessuno può impedirci di essere felici. Una
scuola di vita che Raissa e Diana vivono sulla loro pelle e che l’autrice vuole
trasmetterci grazie al suo racconto.
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