domenica 24 ottobre 2021

"MATERNITA' IMPROPRIA" di Carmen Trigiante

 

Buongiorno follower, buona domenica!
Vi segnalo "Maternità imPropria" dell'autrice Carmen Trigiante.



Sottotitolo: Scardinare i soprusi di una morale 
delirante e accogliere scelte felici.
Autore: Carmen Trigiante

Genere: Saggio filosofico con base autobiografica

Disponibile in ebook a € 2,69
E in formato cartaceo a € 7,28




TRAMA:

Noi della “Generazione senza figli” siamo come l’Odradek di Kafka, quell’oggetto simile a un uomo, che appare però privo di senso.
«Può morire? Tutto ciò che può morire ha avuto, un tempo, una specie di meta.»
Qual è la meta, qual è il senso di questa mia generazione? Per anni ho torturato il mio Io più profondo con questa domanda. Mi sono ritrovata a scontrarmi con un dovere di procreazione, privo di ogni diritto, che ha sortito in me un profondo senso di repulsione; finché la risposta, affacciatasi come un fievole lanternino, è deflagrata con veemenza e mi ha spinta a considerare diversamente il concetto di donna e di famiglia, sulla strada tortuosa della felicità.
Saggio Etico/Filosofico che ripercorre le tappe del concetto di Maternità nella Storia, dal matriarcato al periodo fascista, affronta il problema delle aberrazioni legislative, della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita, e delle difficoltà di programmare un approccio genitoriale nel mondo del precariato, infine approda su un terreno nuovo e personale, frutto della filosofia postantropocentrica, postumana ed epicurea dell'autrice.


DICE L’AUTRICE:

Trattai il tema della genitorialità nella mia tesi di Laurea in Filosofia. Data la problematicità dell'argomento, devo ammettere che fui fortunata perché la mia docente era una donna combattiva e capace di farsi rispettare, il che mi consentì di trovare libera espressione in seduta di laurea, nonostante non tutti la vedessero "esattamente come me"!


BREVE ESTRATTO:

Ho letto infinite volte negli occhi delle mie coetanee l’ombra del disagio e dell’inadeguatezza, di fronte a una società sempre pronta a giudicare, quando si tratta di scelte legate alla maternità. 
La donna naufraga sulla zattera del più debole e diventa oggetto di una violenza psicologica inaccettabile. Tale violenza la vessa sin da giovanissima, quando le si pone sulle spalle il fardello dell’ autorealizzazione a ogni costo; poi la infilza senza remore, allorché i tempi biologici della procreazione vanno in scadenza.
Il femminile è la grande vittima del giudizio morale che, pronto a inquadrarlo nell’icona della figura materna di provenienza cattolica, impone di conciliare l’obbligo procreativo con l’ imprescindibile necessità di provvedere al proprio sostentamento. In tal modo la donna diviene pur sempre attaccabile, sia che si dimostri feconda ma incapace di realizzarsi professionalmente, sia che si dimostri economicamente indipendente, ma incapace di assolvere a quella richiesta di fertilità avanzata da una società antropocentrica.
Se si mettono da parte i falsi intellettualismi e si pone attenzione alla realtà, si dovrà ammettere che realizzazione professionale e maternità sono due elementi spesso non conciliabili, che impongono una dolorosa scelta. Scelta che porta talvolta al fallimento congiunto di entrambe le opzioni.
Mi chiedo cosa resti a una persona se le viene strappata la possibilità di strutturare se stessa attraverso il lavoro, l’indipendenza e la famiglia. 
Noi della “Generazione senza figli” siamo come l’Odradek di Kafka, quell’oggetto simile in tutto e per tutto a un uomo, che appare però privo di senso. 
«Può morire?» si domanda Kafka «Tutto ciò che può morire ha avuto un tempo una specie di meta». 
Qual è la meta, qual è il senso di questa mia generazione?
Per anni ho torturato il mio Io più profondo con questa domanda. Mi sono ritrovata a scontrarmi con un dovere di procreazione, privo di ogni diritto, che ha sortito in me un profondo senso di repulsione; finché la risposta, affacciatasi come un fievole lanternino, è deflagrata con veemenza e mi ha spinta a considerare diversamente il concetto di donna, e di famiglia, sulla strada tortuosa della felicità. 
Per far ciò, è necessaria l’analisi storica e contingente del grande tabù costruito attorno al concetto di maternità.
Partiamo da una serrata critica al senso comune, inteso come quella vocina che ci illudiamo provenga da noi stessi, ma in realtà è imposta da una società che vuole indirizzarci su vie obbligate. Il senso comune ci spinge a volgerci verso il mondo con occhi bendati, arroccandoci su posizioni insostenibili, come quella che individua nella natura un serbatoio di valori immutabili, mentre in essa nulla è assoluto, ma tutto si adatta al contingente, attraverso un processo evolutivo continuo. 
L’umanità, discostatasi dalla mentalità pragmatica della natura, è infelice proprio perché ignora il Panta Rei.





Carmen Trigiante, laureata in Filosofia ed in Marketing, si è dedicata alla sceneggiatura cinematografica, alla regia di webseries su temi sociali e animalisti, alla collaborazione con importanti magazine culturali. Filosofa epicurea e postantropocentrica, con la scelta radicale di praticare l’Arte pittorica e letteraria in maniera libera e itinerante, esprime la simbiosi uomo-Natura come massima aspirazione della società civile.

Opere letterarie:
Tornano ad ardere le Favole, La prigione delle Favole Sole, Vola con me, Il tuo libro filosofico, Quattro cani e un chihuahua, Storie di donne, Il nostro amore per gli animali, Tu ormai hai comprato la giacca bianca.


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