Recensione: "Prossimo e remoto" dell'autrice Eleonora Rimolo, edito
Italic Pequod. A cura di Laura Altamura.
Titolo: Prossimo e remoto
Autore: Eleonora Rimolo
Genere: Poesia
Casa editrice: Italic Pequod
Disponibile in ebook a €
E in formato cartaceo a € 12,35
TRAMA:
“Prossimo e remoto” è un libro che parla della necessità di essere umani. Della necessità delle “relazioni” e della fatica delle responsabilità che tutti abbiamo nei confronti dell’altro, che sia da noi “prossimo” o “remoto”, e a cui dobbiamo rispondere per poterci definire degni di vivere (e non di sopravvivere). È il racconto della richiesta ossessiva di comunicazione dell’uomo con gli altri uomini, con la natura, e infine con il cosmo tenebroso e silenzioso. Una richiesta ancestrale di condivisione, contro tutti i monadismi di tendenza, una attestazione ferma della volontà di restare e di riuscire a formare almeno una crepa nel muro di cemento armato dell’egoismo. Il ritmo della narrazione è scandito da tre sezioni: Microcosmo, Isola e Macrocosmo, che accompagneranno il lettore in un viaggio attraverso la fragilità e la paura, la speranza e il mistero che circondano l’esistenza nella sua totalità. La postfazione è del più grande poeta contemporaneo italiano, Milo de Angelis, che scrive: “La poesia di Eleonora Rimolo è percorsa da una forza dirompente che si chiama Alterazione, scritto con la maiuscola per indicare la potenza arcaica di un archetipo”.
PRESENTAZIONE:
La poesia è viva e i poeti sono vivi. Perché la poesia parla all’altro quando è sincera e non a se stessi. E perché non c’è niente di più urgente e di più complesso della condivisione di un messaggio non superficiale, non temporaneo” dice l’autrice. “All’interno il lettore troverà testi che descrivono sia il bisogno di vicinanza autentica, sia la distanza che caratterizza le relazioni attuali: sono due elementi che spesso convivono in maniera disfunzionale. Prossimità e distanza, desiderio di essere amati ma difficoltà a lasciarsi andare nell’amore (amore inteso come erotismo, ma anche come amore solidale, come amore per la natura, come amore per il mistero del cosmo e delle nostre origini): è il male oscuro che affligge il contemporaneo, disintegrando ogni tentativo di rapportarsi all’altro in maniera non superficiale.
L’opera di Eleonora Rimolo, Prossimo e Remoto, è una lettura colta, a tratti complessa e che ha il potere di muovere e risvegliare emozioni stratificate dal peso dell’inaridimento quotidiano a cui, tutti o quasi, siamo generalmente sottomessi a causa dei ritmi e del vivere di fretta.
Divisa in tre parti, Microcosmo, Isola, Macrocosmo, esse sembrano l’una il naturale prosieguo della precedente.
In una consecutio che si snoda senza quasi che il lettore se ne accorga, per l’abilità con cui la poetessa ci accompagna da uno spazio logico-emozionale ad un altro, ci si ritrova in un viaggio che io ho vissuto pienamente e, forse a modo mio, ma da autrice e amante di poesia sono convinta che le liriche siano anche di chi legge.
Da una dimensione piccola e individualista, il microcosmo appunto, il lettore senziente si sposta e traghetta su di un’isola, che ha la duplice funzione di ancoraggio su terraferma e, di contro, pulsione verso l’infinito, in quanto collocata nel mare magnum di trepidazione turbamento:
Abbiamo imparato a dormire seduti in mezzo alla gente bloccati nella tana selvatica, a spingere per cercare l’uscita eppure la grande corrente di ritorno ci tira sempre verso il largo, noi dentro mulinelli feroci risucchiati via dalla secca.
Nell’incontro-scontro con l’universo infinito nasce il Macrocosmo, quest’ampiezza che ci sostiene e fagocita al contempo, che abitiamo e a cui apparteniamo.
La scrittura è vivida, netta, appuntita come colpi di punteruolo sul legno e in ogni dove si percepisce la bramosia, quasi ossessiva, di instaurare un dialogo con l’altro, gli altri, le cose, le forme, le emozioni, una richiesta necessaria e vitale, quasi ossigeno per non soffocare nella piccolezza e la mediocrità.
La vita che non tiene la catena ma sfugge al labirinto e raggiunge la riva senza alberi, senza radura, lasciando dietro ciascuno senza abitare nessuna creatura, ma volando sui pascoli e sui villaggi, incontaminata.
Il susseguirsi di immagini mi ha ispirato il paragone con una Matrioska la quale, malgrado l’apparente unitarietà, contiene molteplici bamboline che, nel caso del libro in questione, sono rappresentate da emozioni e contenuti.
La transizione da un’immagine all’altra non è graduale ma repentina, a tratti dolorosa, nel terminare una frase già viene gettato il seme per l’immagine successiva, che non è mai solo visiva ma pura sinestesia.
Mi ha colpito molto quella che segue:
Un tempo il taglio fu netto, l’amputazione necessaria: contro i fulmini e gli immensi uragani punte sottili centrano le vene dentro altissime aurore, fiumi di poltiglia ghiacciata e plasma risalgono dalle gole, corrono a valle.
E ancora:
Così sento il dolore e questa mite e pura passione spaccarsi quando nel masso prescelto infili il cuneo di ferro battendo per mesi fino al distacco delle schegge dal blocco e apri cieli bianchi, vuoti nella pietra che scompare, gradualmente (...)
Il vuoto nella pietra può essere cielo, ciò che togli può aprire varchi.
Il lessico è carnoso, denso, a tratti onirico, pregno di figure retoriche tra le quali spiccano la metafora, la similitudine e l’ossimoro.
Piuttosto frequente anche l’enjambement, ossia la rottura della coesione unitaria di un verso in modo che non ci sia coincidenza fra la fine del verso e la sintassi della frase, dando così rilievo alla parola che si vuole evidenziare e tenendo il lettore incatenato in una sorta di sospensione e attesa.
Se dovessi definire l’opera con alcune parole chiave userei:
Speranza e dolore, visione e condivisione, appartenenza ad un unicum, danza ancestrale di versi.
I miei complimenti alla poetessa!
Chiudo con un passaggio meraviglioso:
L’ora è alterata dalle luci, sulla punta dell’obelisco nasce la tua santa stella, mentre corre la processione del giglio e nel cuore bruciano grandi preghiere di paglia.
Eleonora Rimolo (Salerno, 1991) è Assegnista di Ricerca in Letteratura Italiana presso l’Università di Salerno. Vive a Nocera Inferiore. In poesia ha pubblicato: La resa dei giorni (Alter Ego, 2015 – Premio Giovani Europa in Versi), Temeraria gioia (Ladolfi, 2017 – Premio Pascoli “L’ora di Barga”, Premio Civetta di Minerva) e La terra originale (Pordenonelegge-Lietocolle, 2018 – Premio Achille Marazza, Premio “I poeti di vent’anni. Premio Pordenonelegge Poesia”, Premio Minturnae). Con Giovanni Ibello ha curato Abitare la parola. Poeti nati negli anni ‘90 (Ladolfi 2019). Dirige la sezione online della rivista Atelier e le Collane di poesia Letture Meridiane ed Aeclanum per la Delta3 edizioni.
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