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Recensione: "La teoria degli equilibri" dell'autore Andrea Corcione.
A cura di Dario Zizzo.
Autore: Andrea Corcione
Genere: Narrativa umoristica
Disponibile in ebook a € 2,99
E in formato cartaceo a € 8,31
TRAMA:
Pietro è stato sempre una persona cinica e opportunista, scontrosa e irriverente. Pietro Santini è un uomo solo che non crede nell’amicizia, tantomeno nell’amore. Non ha amici, non ha parenti. Per una vita intera ha sognato di diventare vecchio per non avere responsabilità, per vivere felicemente solo, senza nessun obbligo. Per lui i vecchi sono come i bambini dai quali nessuno si aspetta nulla. Tuttavia qualcosa sta cambiando, da qualche anno non ha più voglia di lottare, di combattere per affermare la sua idea. La solitudine che ha costruito intorno a sé comincia ad essere un peso, un’oppressione. Dovrebbe essere finalmente arrivato al tanto ambito traguardo, ora è finalmente vecchio, ma qualcosa non torna. Da qualche tempo pensa al suicidio come unica via di uscita da una vita vuota e inutile. Quella condizione è il frutto della sua personale filosofia di vita. Negli anni ha elaborato una sua teoria, “La teoria degli equilibri”, un singolare punto di vista sullo scorrere inesorabile del tempo e sull’affannosa e superflua corsa del genere umano, alla ricerca della realizzazione personale ad ogni costo. Tutto questo non fa per lui, ha corso la metà degli altri ed è comunque arrivato al traguardo. Sempre pronto a giudicare chi nella vita non ha saputo dire di no e si trova intrappolato in una vita che non gli appartiene. Lui non è mai sceso a compromessi e ha detto pochi sì. Tutto questo lo ha reso un uomo arido che spesso si comporta come un adolescente. La sua misera esistenza verrà stravolta da un incontro, un fugace incontro carnale con una corpulenta badante Rumena, che sarà il fulcro, il punto di rottura, di un consolidato equilibrio che sembrava ormai infrangibile. A distanza di otto anni da quell’incontro, in una sola settimana, sarà costretto a cambiare ogni abitudine, a sconvolgere la sua vita per amore. Imparerà con fatica ad amare, imparerà ad ascoltare gli altri e aprirsi al mondo. Tutto questo lo farà a modo suo, senza mai perdere il suo sguardo indifferente, il suo modo di essere ruvido quando serve. L’opera è un susseguirsi di eventi tragicomici, un alternarsi di flashback che descrivono la curiosa vita di Pietro Santini dalla nascita fino all’età adulta. Si ride, si piange, ci si affeziona ai protagonisti. In maniera apparentemente leggera si affrontano argomenti importanti come la solitudine degli anziani, la violenza sulle donne e l’omosessualità. Il tutto utilizzando sempre una chiave di lettura ironica e irriverente. Ci si può mai affezionare ad un vecchio bastardo con la parrucca? Pare di sì. Alla fine del romanzo il lettore ripenserà agli equilibri della propria vita, a quanto avrebbero voluto essere, almeno una volta nella vita, come gli equilibri del vecchio Pietro Santini.
Oggi vi parlo de La teoria degli equilibri di Andrea Corcione, un romanzo umoristico gustoso, dallo stile fresco, casual, la cui architrave è un protagonista che non passa inosservato, che narra la sua vita:
Io, Pietro Santini, sono un vecchio bastardo impertinente, cinico e opportunista. Questo sono io, non ho fretta di esistere, guardo gli altri arrabattarsi, correre, sudare, illudersi di essere gli artefici del proprio destino, in un’affannosa corsa che ci porta tutti inesorabilmente alla stessa meta, ma per quale motivo? Dove cazzo andate? Ho sempre scelto di non correre, col passare degli anni poi ho rallentato il passo e li ho fregati tutti, di giorno in giorno mi sento sempre meglio. Quando ero ragazzo, desideravo diventare vecchio, ho passato tutta la mia giovinezza schivando obblighi e responsabilità, mi sentivo oppresso.
E poi:
Io, vaffanculo, mi sono comprato una parrucca color mogano. Sempre la stessa da vent’anni, una fedele amica che la sera dorme sul mio comodino. In vent’anni credo di averle fatto il bagno due o tre volte…
Pietro Santini è un uomo che ha rifuggito sempre le responsabilità: matrimonio, figli, lavoro (grazie a un ricco indennizzo dovuto a un incidente unito a una dignitosa pensione d'invalidità più quella della nonna con cui vive), un enfant prodige che mentre i coetanei giocavano lui andava a donne - a proposito è esilarante il suo tour, prima della prima volta, per le farmacie alla ricerca delle "camicie" - abitudine che non smetterà per molto tempo. Sono i valori correnti che lui rifiuta, lui è un uomo al contrario, lo è diventato quasi scientificamente, perché ha voluto esserlo, come se avesse frequentato una scuola. E pensare che la sua vita non era iniziata proprio bene, con la nonna, affetta da amnesie, che lo perde in un luogo improbabile. Episodio spassosissimo - uno dei tanti - come quando va a raccomandarsi per non fare la naja da un vecchio parente, ex colonnello:
Prelevò letteralmente il povero colonnello che era parcheggiato con la sua carrozzina in una delle stanze e al buio. In vestaglia, con un’espressione assonnata, come un bimbo che si sveglia dal riposino pomeridiano. Guardò me e la nonna, tirò un forte sospiro e con un filo di voce ci disse: «Riposo, riposo.» Non ci fu mai chiaro se l’anziano ufficiale, per deformazione professionale, avesse voluto dare un ordine oppure avesse chiesto semplicemente di poter riposare in santa pace.
Di personaggi che rimangono impressi nella memoria del lettore ce ne sono a iosa: il parcheggiatore abusivo autorizzato (autorizzato dall'albergo davanti a cui presta servizio) che invita Pietro a dargli dei soldi anche se è venuto in taxi, perché lui tiene famiglia; la prostituta Farfallina un basso di via Scassacocchi.
Il personaggio principale col passare del tempo peggiora, trasformandosi in una specie di Nonno bastardo, pur non essendo nonno; elegge una cassiera obesa di un minimarket come suo bersaglio, traccheggiando all'orario di chiusura.
Alla fine Pietro Santini con sguardo disincantato ci offre il suo saggio punto di vista: ogni volta che ci sentiamo arrivati potrebbe franarci il terreno che abbiamo sotto i piedi, rompersi l'equilibrio su cui si regge la nostra vita, per dover ripartire da zero, e allora a che vale il nostro affannarsi, non sarebbe meglio riposare, fare come ha sempre fatto lui? C'è qualcosa del Drugo ne "Il grande Lebowski", quasi una filosofia di vita, nonostante il suo schermirsi, il non sentirsi un filosofo, un saggio. Forse nonostante il suo cinismo, la sua maleducazione, Pietro Santini è migliore di molti di noi, Pietro Santini è migliore di quanto lui non voglia far credere agli altri e perfino a se stesso; è un uomo capace di riflettere sulla nostra vita, sul perché un uomo nasca fortunato e un altro no, sull'esistenza di Dio. Certo non trova le risposte, ma in fondo come chiunque si ponga queste domande.
Io, proprio per questo, credo che quest'opera vada letta (l'unico piccolo difetto è la presenza di qualche refuso), perché, ridendo ridendo, spesso si può anche meditare sulle cose importanti, perché la comicità spesso è la più alta forma di serietà, seriamente.
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