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Recensione "Il predatore cieco. Una storia criminale del Tiburtino" di Luca Eusepi, edito Òphiere - I brillanti di Mamma Editori. A cura di Silvia Cossio.
Autore: Luca Eusepi
Casa editrice: Òphiere
Al momento, il libro è stato ritirato dalla vendita
TRAMA:
«Ho passato un anno di carcere immerso nei libri, ora da libero mi ritrovo una storia da raccontare che mi ha portato dall'essere un imprenditore di successo incensurato, a mercante d'oro in Africa, a narcotrafficante in Sud America... Mi chiamo Luca, ho 46 anni e non sono uno scrittore.»
Da giovane manager, a cercatore d'oro, a trafficante di droga... a uomo normale.
Una storia criminale del Tiburtino.
Storia autobiografica di Luca Eusepi.
Come in una sorta di diario, l'autore mette nero su bianco la sua vita, le sue scelte, giuste o sbagliate che siano, le relative conseguenze.
Descrive come, in un crescendo, la sua vita cambia, proiettata verso la ricerca del successo economico. Capisce che per arrivare a certe posizioni si deve rinunciare all'onestà. La crisi economica e la fiducia tradita da parte di chi riteneva amici gli confermano che la rettitudine non viene ricompensata.
I problemi non tardano ad arrivare, destabilizzandolo. In un susseguirsi di eventi, di scelte sbagliate ed espedienti, assistiamo al suo declino totale - forse sarebbe più corretto parlare di “declino morale”, ma è un punto di vista soggettivo che ho motivo di credere che non andrebbe a combaciare con quello del protagonista.
Fino ad arrivare al momento in cui la vita gli presenta il conto.
Oro, oro, oro... Avevo inanellato uno dopo l'altro i gironi del mio inferno personale: il traffico di auto rubate, il riciclaggio, le spedizioni punitive, il traffico di droga e ora il carcere.
A questo punto, il protagonista, con l'amaro in bocca, tira in ballo le istituzioni, dove non tutto è onesto e limpido come dovrebbe. Senza nulla togliere alla veridicità o meno di queste affermazioni, mi è sembrato un modo per pulirsi la coscienza. Quasi come se tutto quello che ha fatto non sia il risultato delle sue azioni, bensì la conseguenza di altro: colpa prima della madre, poi della moglie, degli amici... Voglio dire, tutti nella vita affrontiamo delle difficoltà e molti sono vittime di soprusi, ma non per questo si finisce con il diventare dei delinquenti.
In questa fase, stando a quello che si legge, non si percepisce pentimento, se non per il fatto di essere finito dietro le sbarre. Mai una frase di empatia verso la moglie, vittima a sua volta di una situazione imposta, nel testo si parla solo della sua insofferenza. Nemmeno l'arrivo di una figlia lo distrae dai suoi propositi.
Sarò onesta, non ho potuto fare a meno di chiedermi se questo libro non fosse l'ennesimo tentativo di raggiungere l'oro... D’altronde, si sa, certi argomenti vendono, e alla pubblicazione di storie di questo tipo spesso fa seguito la trasposizione cinematografica/televisiva. Poco importa se a raccontarsi sono serial killer, stupratori e chi più ne ha più ne metta, se va di moda… L’apoteosi del cattivo gusto. Non sono felice di averlo preso, mi sembra di aver contribuito in qualche modo a questo meccanismo di mercato-malato. Quando l’ho scaricato, ero convinta si trattasse di un’opera di fantasia; mea culpa per non aver approfondito.
Tornando alla biografia, dopo aver scontato la pena, ha inizio la "vita adulta" di Luca Eusepi.
In quest’ultima parte della storia, ho notato qualcosa di diverso nel modo di esporre, quasi come se fosse scritto da un'altra mano, ma forse è solo una mia impressione. Ho trovato inutile la descrizione di certi dettagli, come le varie “incomprensioni” fra le donne della sua vita. Parere personale, naturalmente.
Concludendo, non sono solita esprime giudizi sulla vita degli altri, ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma l'autore, pubblicando questo libro, ha deciso di sua spontanea volontà di esporsi al parere altrui. La verità è che non sono mai stata a favore di coloro che fanno dei loro errori motivo di vanto, un tornaconto se così vogliamo definirlo (e, decidendo di diffondere eventi riguardanti la propria vita, questo è quello che sembra). Andrebbe bene se, dopo aver toccato il fondo, si assistesse a una vera e propria trasformazione, con tanto di buon esempio da seguire, ma di redenzione se ne vede poca.
Sì, mi piaceva vivere sopra le righe, la mia era una ricerca personale. Avevo sempre voluto fare la bella vita, essere nelle condizioni di poter fare ogni cosa. Il protagonista della Metamorfosi di Kafka muore da insetto dentro la sua stanza e io non volevo fare quella fine. Per me la vita era un'altra cosa, era puntare sempre più in alto.
PS: Apprezzo il fatto che l'autore dichiari da subito di non essere uno scrittore - chiaramente il libro vuole essere una biografia fine a se stessa - tuttavia le capacità comunicative non gli mancano. Lo stile non mi è dispiaciuto affatto, tranne forse nell’ultima parte che ho trovato un po’ caotica, ma forse ciò è legato al cambiamento di cui faccio riferimento sopra. Dovrebbe prendere in considerazione di continuare su questa strada.
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