mercoledì 10 febbraio 2021

RECENSIONE "SE AVESSI AVUTO GLI OCCHI NERI" di Gianfranco Sorge

 

Doppia recensione: "Se avessi avuto gli occhi neri" dell'autore Gianfranco Sorge, edito GoWare. A cura di Daniela Colaiacomo e Dario Zizzo.


Autore: Gianfranco Sorge

Genere: Narrativa familiare

Casa editrice: GoWare

Disponibile in ebook a € 6,99
E in formato cartaceo a € 14,24

Contatto autore: Gianfranco Sorge



TRAMA:

Può il colore degli occhi incidere sulla vita di una persona, condizionandola?A seguito di un tentato suicidio, Stella finisce ricoverata in psichiatria e da lì prende le mosse il racconto della sua sofferta esistenza. Costretta a subire il matrimonio con Sebastiano, un uomo potente che non ama, tenterà di ottenere il proprio riscatto attraverso i figli. Santa, la primogenita, riuscirà a crearsi una vita indipendente. Carmelo avrà invece un’esistenza tormentata fin dalla nascita, quando il padre lo rifiuta perché non ha gli occhi neri come i veri “masculi siciliani”. Se avessi avuto gli occhi neri è anche un affresco della Sicilia dai primi del Novecento a oggi, che esplora la condizione delle donne siciliane, l’evolversi della famiglia, i mutamenti della società. Un viaggio alla ricerca di identità negate, della propria verità e del difficile percorso per accettarsi ed essere accettati. Una saga familiare dall’imprevedibile finale. 



Stella ha ottantacinque anni quando arriva all'ospedale in coma per aver tentato il suicidio. Il dottor Umberto Cusani, psichiatra al quale è stata richiesta la consulenza per il suo caso, si aspetta una vecchietta un po' svampita, che ha sbagliato il dosaggio dei farmaci per disattenzione, di certo è stupito nel trovarsi di fronte una donna vigile e attenta. 

Nonostante avesse il viso attraversato da innumerevoli rughe che s’infittivano lungo le guance ricordando gli incroci e gli snodi dei binari nelle stazioni ferroviarie, gli occhi emanavano una luce intensa, spiccando come due gemme di acqua marina su quel volto raggrinzito e irregolare, simile alla scogliera lavica del litorale che congiunge Catania ad Aci Castello. 

La vecchiaia non è riuscita a offuscare la bellezza di questa donna siciliana che con fredda lucidità, spinta dalle domande del medico, comincia il racconto della sua vita.
In Sicilia, a Troina, un paese agricolo della provincia di Enna, Stella vive la dura realtà delle donne relegate al ruolo di fattrici, soggette al dominio del maschio, subisce le prepotenze di Sebastiano Sperlinga, che minaccia la famiglia e la disonora inducendo la madre al suicidio per dare in eredità alla figlia quanto l'uomo pretende. 
Nel matrimonio con Sebastiano, anche se privo dell'amore che ha sempre sognato, Stella cerca di trovare equilibrio e serenità, e alla nascita dei figli, Santuzza e Carmelo, si dedica completamente alla loro cura. Santuzza, la femmina in un primo momento rifiutata in quanto tale, diventa il fulcro delle attenzioni di Sebastiano, e quando a distanza di anni nasce il figlio maschio, l'evento non suscita entusiasmo: Carmelo non ha gli occhi che dovrebbe avere un siciliano vero.

«Lo so che è figlio mio, ci mancherebbe anche questo, ma ha gli occhi azzurri per colpa tua. Sei tu che hai sangue bastardo, sangue normanno. Le tue ave se la saranno spassata con i conquistatori. Le vere femmine siciliane, serie e oneste, invece se ne stavano alla larga dai normanni...» 

Il disagio di Carmelo di fronte all'indifferenza del padre e l'orrore che il bambino prova quando gli sono richieste azioni crudeli, minano il suo equilibrio e nell'avanzare degli anni, mette in evidenza la diversità emotiva. 
Madre e figlio arrivano a cercare il gesto più estremo, insieme.
Salvati per puro caso da Sebastiano, questi impone al figlio di lasciare la famiglia e prendere la sua strada.
Inizia così la seconda parte del racconto il cui protagonista è Carmelo.
L'iniziale raccapriccio che le situazioni e le scene descritte magistralmente da Gianfranco Sorge, la violenza e i soprusi su Stella raccontati in modo vivido e percepibile, subisce una sorta di evoluzione quando la storia diventa quella di Carmelo - raccontata da Melissa - il suo disagio nell'essere uomo.

Come sempre affiorò la sensazione di essere una persona sbagliata. Se fossi nata femmina, nessuno mi avrebbe trattato così.» 

In un processo che delinea il cambiamento ma anche le radici della famiglia, Sorge racconta tre generazioni a confronto: da Stella del periodo pre e post guerra, Carmelo ai margini delle lotte universitarie e di classe, della fine degli anni '60 - appena accennate ma parte vitale del cambiamento del protagonista - e infine Aurelia, figlia di Santuzza, divenuta medico dopo la morte prematura della madre per cancro.
Il libro è un crudo spaccato della realtà che vivono i protagonisti, principalmente Stella e Carmelo, ma anche i personaggi di contorno che rendono le scene del vissuto concrete, dando al lettore la descrizione perfetta della società in cui sono immersi, in Sicilia come a Londra, e trascinano il lettore fino all'epilogo, imprevedibile e inatteso, nel quale Aurelia è protagonista assoluta.

Una parte di me aveva fatto proprio il motto delle donne della famiglia Sperlinga: Amare significa risparmiare sofferenze inutili a chi si ama. 

Scritto molto bene e assolutamente consigliato, il libro va letto nella consapevolezza degli aspetti brutali di alcune situazioni, l'empatia è forte, mentre, nella sua seconda parte, emerge la necessità di ritrovare se stessi, attraverso le radici del passato ma anche con la coscienza del valore della speranza nel futuro.



Romanzo storico, ambientato prevalentemente in Sicilia, che narra le vicende, dal primo Novecento al periodo coevo, delle famiglie Santoro e Sperlinga, unite dal matrimonio tra Stella e Sebastiano. L’Opera prende l’abbrivio dal ricovero in ospedale della prima, ormai ottantenne, per via di un tentato suicidio, dopo il quale affiderà parte delle sue memorie allo psichiatra chiamato a curarla, Umberto Cusani, stesso lavoro dell’Autore. I punti di vista sono proprio quelli del medico, di Stella e una nipote, Lucrezia. L’esistenza dell’anziana donna è stata segnata da un marito venale, dispotico e violento, espressione di una cultura machista e retriva, un personaggio ben riuscito, facile da odiare, rappresentante di una Sicilia sorpassata, proprio quanto detto dal sanitario alla donna: “Signora, la sua è una storia antica, di una Sicilia che non esiste più…”. Sempre nel nome di quella Sicilia, Sebastiano non amerà mai il figlio maschio, Carmelo, dagli occhi azzurri come la madre, e non neri secondo l’iconografia popolare del vero maschio siciliano (da qui il titolo del lavoro recensito), e follemente per questo la accuserà di avergli fatto un dispetto. Una grande tragedia familiare attraversa questo libro, quasi pare di sentire l’eco di “Mastro don Gesualdo” per via dell’incomunicabilità all’interno della famiglia e lo smodato attaccamento alla roba da parte di Sebastiano; sarà proprio la sua avidità a causare la morte della suocera. Profondo è lo scavo interiore all’interno dei personaggi, tra cui spicca Stella, una vinta, fin da giovane costretta a subire gli eventi, come il matrimonio con Sebastiano (spalleggiato da un mammasantissima) e altri che non anticipiamo al lettore. Il suo carattere non era remissivo, ma alla fine ha dovuto cedere perché da sola non poteva sfidare le convenzioni granitiche. Lei, provinciale, desiderava proseguire gli studi a Catania, ma ha rinunciato perché il padre vedeva la città come la sentina di ogni vizio, sognava di sposarsi con l’abito bianco ma ha dovuto accontentarsi di uno nero imposto dal lutto per la morte della mamma, insomma passa dal giogo paterno a quello maritale. Lo scrittore così definisce il personaggio principale: “dispersa come un granello sfuggito da una clessidra in frantumi”. Anche il sesso quasi sempre è un mezzo di sopraffazione, rappresentato in modo crudo, non alla luce soffusa di un abat- jour, ma sotto una più invadente, di un occhio di bue, potremmo dire, scelta apparentemente discutibile, non trattandosi di un romanzo erotico, ma giustificata, secondo me, proprio dal carattere predatorio. Stella appare come una donna forte, un’eroina, una di quelle che non fanno la Storia, la subiscono, mantenendo però tutta la loro dignità, piegandosi ma non spezzandosi: “Càlati juncu ca passa la china” (“Calati giunco fino a quando non passi la piena”), difendendo le proprie creature con le unghie e i denti da quello stesso uomo a cui, nonostante tutto, è stata sempre legata da un amore morboso, in una simbiosi, come quella di un’attinia col suo paguro bernardo, scrive Sorge. E davanti a lui, lei, una volta uscita dal nosocomio, assieme a due familiari ricorderà il passato, in una specie di processo contro il marito, quel passato al quale si sono sottratti i figli, mediante l’emigrazione, il cambiamento, la trasformazione. Lo stesso Carmelo, tra l’altro, nutre lo stesso amore malato verso Sebastiano. L’autore si rivela bravo nella descrizione delle tradizioni, degli ambienti, del mondo agricolo per esempio, dal quale proviene Stella, con le sue abitudini, che scandiscono il succedersi delle stagioni. Ci fa quasi sentire i profumi, i sapori. Rigorosa è poi la ricostruzione degli avvenimenti storici; la prosa fluida rende la lettura agevole. Un colpo da maestro il finale; solo per questo, ma non solo, vale la pena di leggere “Se avessi avuto gli occhi neri”.


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