Buona domenica amici lettori!
Dario Zizzo ha letto la raccolta "Il paradosso della maternità" di Antonella Bagorda, Serena Mugnai e Giorgio Polo.
I ricavati delle vendite saranno interamente devoluti in beneficenza alla
Autori: Antonella Bagorda, Serena Mugnai
e Giorgio Polo
Genere: Raccolta
Disponibile in ebook a € 3,99
E in formato cartaceo a € 10,00
Contatti autori: Antonella Bagorda,
TRAMA:
Quando si parla di maternità è subito alle gioie che si pensa. Maternità come realizzazione, come massima forma della felicità, come elevazione verso il divino, verso la luce. "Il paradosso della maternità", invece, è un salto nell'oscurità. Un salto fatto con lo scopo di portare a galla tutto il nero che di solito si preferisce tenere nascosto, affinché si possa smettere di considerarla un tabù, quell'oscurità. Un po' come nella Commedia del Sommo Poeta, in questo libro due donne bizzarre ci condurranno in un viaggio turbolento, alla scoperta di anime in pena – siano esse vittime o carnefici – di peccati e di peccatori.
Oggi parlo de L'antologia di racconti Il paradosso della maternità di Antonella Bagorda, Serena Mugnai e Giorgio Polo. È un'opera che vuole presentarci la maternità in modo laico, senza tralasciare gli smarrimenti e le controindicazioni di questa. Voglio iniziare con la quarta di copertina, non l'ho mai fatto, anche perché le parole in una recensione le deve mettere il recensore, che poi sarei io, ma è troppo bella questa quarta, oltre che dannatamente esemplificativa, per sottacerne il contenuto:
Quando si parla di maternità è subito alle gioie che si pensa. Maternità come realizzazione, come massima forma della felicità, come elevazione verso il divino, verso la luce. "Il paradosso della maternità", invece, è un salto nell'oscurità. Un salto fatto con lo scopo di portare a galla tutto il nero che di solito si preferisce tenere nascosto, affinché si possa smettere di considerarla un tabù, quell'oscurità. Un po' come nella Commedia del Sommo Poeta, in questo libro due donne bizzarre ci condurranno in un viaggio turbolento, alla scoperta di anime in pena- siano esse vittime o carnefici- di peccati e di peccatori.
Il trio di scrittori ci porta in un consultorio dove lavorano due grandi personaggi, ruspanti: Elisa, soprannominata Chanel, e Bice, detta Scheggia, che danno vita a dialoghi frizzanti, per gran parte in vernacolo (toscano e romanesco):
«O' Scheggia, oggi solo venti minuti di ritardo, eh?»
Dialoghi che non rinunciano all'umorismo (nonostante la scabrosità della materia trattata):
... e poi la comunicazione si chiude e nell'orecchio me rimane solo quel 'tu-tu-tu' che pare stia accusando me di tutte le colpe del mondo.
In "Urla e pianti" di S.M. (Serena Mugnai, i tre si firmano qui sempre con le iniziali, credo per sottolineare che alcuni racconti pur essendo scritti dai singoli è come se fossero stati il parto, è proprio il caso di dire, di tutti gli autori) l'autrice ci fa respirare la solitudine, entrare nella testa della protagonista, compagna di Claudio e madre di tre figli, che si racconta al lettore, senza filtri:
A volte mi dimentico di farlo poppare. Altre fingo di dimenticarmelo. Claudio non sembra accorgersi di nulla e questo mi tranquillizza, perché se non lo vede allora non esiste e se non esiste allora è solo nella mia testa che qualcosa si è incrinato.
"La cravatta gialla" di G.P. è una bellissima dichiarazione d'amore, di un lui (suo il punto di vista) per una lei, Valeria, uniti da tempo; una lei alle prese con la depressione post partum. Dico che ogni uomo dovrebbe amare la sua donna come questo personaggio che non ha nemmeno un nome (forse perché non serve, forse perché rappresenta l'uomo ideale), che le sta accanto, che soffre in silenzio per la sofferenza di lei, che si sfoga col lettore e che parla con la moglie, spesso non ricevendo risposte se non qualche monosillabo o cenno del capo:
A volte ho la sensazione che tra di noi sia calata una spessa lastra di piombo. So che tu stai lì dietro, ma non riesco a vederti. Tu sai che io sono qui, ma chissà se mi vedi.
E la cravatta gialla, che Valeria gli aveva regalato prima che calasse la lastra di piombo, diventa un'ancora di salvezza, forse un talismano, un medium con cui evocare la donna di un tempo:
Spero che tu la noti, la mia cravatta gialla; e che abbia il magico potere di far scattare qualcosa nella tua testa.
L'uomo si aggrappa nella sua disperazione a ogni cosa, a una semplice reazione che possa scuotere la donna dal suo torpore:
Non sembrano neppure lacrime vere, neppure abbastanza grosse da riuscire a cadere per rigarti il viso. Ma sono già meglio del vuoto. Perché non so che farmene col vuoto. Non ha una misura. Mi fa paura.
In "Vuoto di donna" di A.B. c'è tutto lo stupore di una neomamma, tutta la magia per il mistero di una nuova vita:
È successo che me l'hanno messo tra le braccia e mi sono resa conto che non era più dentro di me. Non bastava più semplicemente lasciarmi vivere perché mio figlio vivesse. Ora dovevo esserci perché lui c'era, perché mani estranee me l'avevano tirato fuori, perché quell'unico Noi era diventato Lui e Io. Volevo stringere la vita che avevo partorito, capire cosa si provasse a sentire quel cuore battere qui fuori.
Ma non c'è solo l'incanto:
Fa paura il pianto di un bambino. Ti massacra i timpani, ti frattura l'anima, ti fa sentire sola.
Ed è questo smarrimento, questa solitudine che ho provato come lettore, è come se mi fossi trovato accanto alla protagonista, ecco qual è il grande pregio di questo racconto, e di quest'opera tutta, quello di farti vedere la maternità in modo obiettivo, con le gioie e i dolori, anche nel suo percorso accidentato, che non la deprime, semmai la esalta, la rende più vera, senza gli ipocriti belletti.
È un'opera molto ben curata, cosa che bisogna sottolineare perché il principale avversario degli Autori Solidali, di cui i tre fanno parte, è il tempo, per cercare di promuovere il maggior numero possibile d'iniziative benefiche, questa volta è stato il turno della Casa Internazionale delle Donne, un'associazione che non fa mancare il suo sostegno alla parte migliore di noi uomini.
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