mercoledì 4 ottobre 2023

RECENSIONE "COME D'ARIA" di Ada D'Adamo

 

Buongiorno follower!
Recensione: "Come d'aria" dell'autrice Ada D'Adamo, edito 
Elliot Edizioni. A cura di Giorgia Spurio.



Titolo: Come d'aria
Autore: Ada D'adamo

Genere: Narrativa

Casa editrice: Elliot Edizioni

Disponibile in ebook a € 9,99
E in formato cartaceo a € 14,25

Vincitore del Premio Strega 2023 



TRAMA:

Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi.
Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant’anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontare la loro storia.
Tutto passa attraverso i corpi di Ada e Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza.
Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente.
Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono. 


Ada D'Adamo ci parla di ciò che ci fa paura e da cui ci nascondiamo: la malattia e la disabilità. Il libro, vincitore del Premio Strega, è "Come d'aria", edito da Elliot Edizioni.
Le tematiche toccate e raccolte da questo romanzo sono tante.
Ada trova con il cancro tanti punti in comune con la figlia. La comprende trovando un parallelismo tra le malattie e si rende conto che la figlia ha dovuto convivere con il suo status fin dalla nascita, ma soprattutto dai primi mesi di vita è stata oggetto di sdegno e giudizio.
Come madre lei aveva provato rabbia e delusione per quella società senza empatia né pietas.
Dopo lo soffre sulla sua pelle: il senso del disgusto e dell'indifferenza.
In quella pagina, in cui ci racconta dell'iniezione nel port e di quell' infermiera che guarda lei non come persona ma come semplice lavoro da sbrigare per poi tornare alle proprie faccende e alle proprie chiacchiere, Ada in quel momento si sente sola.
La fragilità della malattia è soprattutto nella solitudine e nell'incomprensione.
L'aveva capito dai primi giorni in cui era nata sua figlia, Daria.
Ci parla allora di maternità come colpa, come sacrificio e come espiazione.
Nella difficoltà di accudire una figlia affetta da patologia genetica come l'HPE, un momento delicato che porta sconforto e una crisi profonda all'inizio, diventa poi l'emblema di un coraggio che arriva perché deve arrivare, perché ci adattiamo e dobbiamo cercare soluzioni. Anche se quelle soluzioni significano togliere qualcosa, non avere un attimo per sé.
Eppure, nella criticità del momento, Daria è stata il collante che mancava nella coppia che si è trasformata in famiglia.
Il covid ha fatto paura per entrambe a causa delle problematiche di salute, ma allo stesso tempo è stato il motivo per il quale l'intera famiglia ha potuto riunirsi per tre mesi, godendosi ogni istante assieme.
Proprio quel covid che invece che unire tutti grazie alla sensibilità e alla solidarietà, ha messo a nudo la cruda verità: i malati sono gli emarginati e sono gli ultimi.
Ada aveva fatto i conti con questa realtà fin dalla nascita della figlia. Fin da subito si era accorta della scala della società nella quale loro occupavano l'ultimo gradino, quello dei fardelli e dei sorrisi di circostanza.
Se la famiglia per la Ada giovane era stata sinonimo di prigionia soffocante, poi per la Ada adulta grazie alla figlia diventava l'essenziale per cui vivere, l'abbraccio protettivo dal quale nemmeno il covid poteva farla desistere.
Ada paragona la vita alla danza, che è stata la sua passione, il suo motore per molto tempo.
In seguito, sua figlia diventa il motore, il centro dell'esistenza.
Per tre anni Ada combatte contro un cancro aggressivo che diviene inevitabilmente parte di sé e che si trasforma nello strumento rivelatore grazie al quale si può vivere la vita in piena libertà. Paradossalmente la malattia terminale porta con sé il grande desiderio di vivere e svela ciò che è la Vita, nel suo concetto più semplice e ampio. Anzi quella libertà ci dovrebbe essere sempre, al di là di ogni rigidità imposta dai preconcetti di una società che ci vuole secondo stereotipi e pregiudizi. La vita va assaporata e vissuta ogni attimo.
Un altro tema delicato affrontato in questo libro è l'aborto, l'aborto premeditato.
Si parla di aborto terapeutico e della coscienza di una madre che ama la propria figlia ma odia la sua malattia. Un dualismo profondo che mette in crisi etica e morale. 
Le domande del dopo sono tante: i tanti se e i tanti perché e come poteva essere. 
La vita è sempre un dono?
Una vita di sofferenze, di notti insonni, di morsi, di visite in ospedale, di sguardi indiscreti. 
Infine Ada lo comprende proprio con il cancro, con ciò che più è lontano dalla vita, con ciò che consuma e annienta, quanto la Vita sia meravigliosa, come è meravigliosa sua figlia che non poteva che amarla perdutamente.


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