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Un'altra recensione per "Il predatore cieco. Una storia criminale
del Tiburtino" di Luca Eusepi, edito Òphiere - I brillanti di Mamma Editori.
A cura di Anna Lety.
Autore: Luca Eusepi
Casa editrice: Òphiere
Al momento, il libro è stato ritirato dalla vendita
TRAMA:
«Ho passato un anno di carcere immerso nei libri, ora da libero mi ritrovo una storia da raccontare che mi ha portato dall'essere un imprenditore di successo incensurato, a mercante d'oro in Africa, a narcotrafficante in Sud America... Mi chiamo Luca, ho 46 anni e non sono uno scrittore.»
Da giovane manager, a cercatore d'oro, a trafficante di droga... a uomo normale.
Una storia criminale del Tiburtino.
“Il predatore cieco” è una biografia che si legge come un romanzo. A volte sembra davvero una storia di fantasia, talmente fuori dall'ordinario sono le vicende narrate.
La prosa scorrevole e lo stile asciutto rendono la lettura veramente piacevole, e insieme alla curiosità di come andrà a finire, è facile leggerlo d'un fiato.
Luca è il classico bad boy, il ragazzo che nessuna madre vorrebbe come marito della propria figlia: la sua ambizione senza confini e senza remore lo porta su quella che comunemente definiamo una cattiva strada. Traffici loschi, droga, personaggi ambigui, donne bellissime, non manca nulla.
Durante la lettura ho provato una sensazione di sdoppiamento: da un lato la parte razionale, che si stupiva che una persona potesse raccontare con malcelato orgoglio misfatti di tale portata, dall’altro la parte emotiva, che non poteva fare a meno di lasciarsi affascinare da un uomo pieno di carisma.
Luca ha suppergiù la mia età e più di una volta mi sono trovata a confrontare dove ero e cosa facevo io in quell’anno preciso, a quella stessa età, magari mentre lui era in viaggio su un’auto rubata in Marocco, senza ancora sapere come, e se, sarebbe tornato a casa, o mentre era in Sudamerica per un traffico ancora più losco. E sì, lo confesso, un po’ di invidia l’ho provata. Non tanto e non solo per i viaggi, e i soldi, ma soprattutto per la naturalezza con cui Luca è uscito dagli schemi. Aveva un obiettivo e ha fatto di tutto per perseguirlo. Ha rischiato e ha pagato. Non ne faccio un santo, resta sempre un fuorilegge, ma è comunque uno tosto. E il fatto che abbia pagato e che ne sia uscito a testa alta, la dice lunga sul suo carattere.
Alla fine mi sono sentita come quella volta in cui ho guardato “Blow”, con Johnny Depp e Penelope Cruz: in questa pellicola, la storia di un narcotrafficante del cartello di Escobar, si arriva a simpatizzare talmente con i protagonisti (i “cattivi”) che alla retata finale arrivi a dispiacerti per loro.
Lo stesso effetto l’ho provato con “Il predatore cieco”, non tanto per la storia in sé ma per il modo in cui viene raccontata. Inizia con una canzone degli anni ‘90 e sembra proseguire su queste note, fatte di sogni, di disperazione, di lotta, di voglia di indipendenza. Sembra di sentire in sottofondo una batteria rabbiosa, un basso graffiante, e una voce arrochita dall’alcol e dal fumo cantare di una vita maledetta. Eppure, in fondo a quello che pare un tunnel senza via di uscita, c’è la luce della rinascita.
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