sabato 3 agosto 2019

"L'AFFAIRE DEI VELENI" di Francesco Gioia



Buongiorno follower, buon sabato!
Vi segnalo "L'affaire dei veleni" dell'autore Francesco Gioia, edito Libromania. Un thriller storico ambientato nella Parigi di Luigi XIV, nella seconda metà del seicento, che trae le mosse da avvenimenti torbidi realmente accaduti e che coinvolsero eminenti personaggi della nobiltà parigina fino a sfiorare lo stesso Re Sole.
Il romanzo è stato fra i 10 scelti per la pubblicazione dal concorso "Fai viaggiare la tua storia" 2019, organizzato da Autogrill, Libromania, Dea Planeta Libri e Newton Compton.



Autore: Francesco Gioia

Genere: Thriller storico

Casa editrice: Libromania

Disponibile in ebook a € 3,99

Book-trailer





TRAMA:

Parigi, 1672. Uno scoppio rimbomba nell’aria proprio mentre il luogotenente generale di Polizia Gabriel-Nicolas de la Reynie si trova nell’albergo in cui risiede Jean Baptiste Gaudine de Saint-Croix per indagare sul suo conto. Una volta fatta irruzione nella camera di quest’ultimo, ne rinviene il cadavere immerso nelle esalazioni di sostanze sospette, sicuramente velenose. Tra i suoi effetti personali trova un plico contenente trentaquattro lettere scrittegli dalla marchesa di Brinvilliers e delle compresse di arsenico.
Eugéne Malpart, collaboratore di Reynie, indaga sulla provenienza del veleno: a fornirlo è stata la farmacista Cristophe Gleser; dopo un lungo interrogatorio, scopre che la donna oltre ad essere una delle amanti di Saint-Croix, gli avrebbe fatto ottenere senza alcuna prescrizione delle pastiglie di arsenico. È evidente che qualcuno ha paura, ci sono dei fatti che vanno assolutamente tenuti nascosti. Un alone di mistero e perversione sembra aleggiare attorno all’alta società parigina. Quale sarà il segreto da custodire a costo della vita?



BIOGRAFIA:

Sono stato fra i 10 vincitori del concorso «Fai viaggiare la tua storia 2019» indetto da Libromania (Newton Compton/DeA Planeta Libri) e Autogrill, con il romanzo «L’affaire dei veleni».
Lavoro in un’importante banca italiana e mi sono laureato all’Università Commerciale «Luigi Bocconi» di Milano.
Sin dal ginnasio, ma vorrei dire sin dalle scuole elementari, ho sempre manifestato una particolare predisposizione per la scrittura, la lettura e la storia.
Esiste un aneddoto che mi piace ricordare.
Da ragazzino, mentre divoravo romanzi su romanzi, mi capitava a volte di chiedere a mio padre un quaderno per «buttarmi a scrivere» e far rivivere i personaggi, con nomi e contesti diversi, dei libri che avevo appena lasciato. Una volta, incontrai il disappunto bonario del mio genitore, che mi suggeriva, piuttosto che scrivere romanzi, di concentrarmi su testi scolastici di Storia o di Matematica.
Il primo suggerimento lo seguii sempre, mantenendo viva quella passione che, sapevo, prima o poi avrei ripreso a coccolare.



DICE L’AUTORE:

L'idea mi è nata leggendo una biografia di Luigi XIV, il re Sole e sono stato immediatamente rapito dagli accadimenti passati alla storia come «affaire dei veleni». Nella vicenda risultarono coinvolti esponenti di spicco della nobiltà parigine, legati anche direttamente alla corte del re, e altri personaggi di secondo piano. Fu uno scandalo notevole per i tempi (seconda metà del '600).
In circa tre mesi - da ottobre a dicembre dell'anno scorso - mi  sentii così ispirato da questa storia da realizzare un romanzo, in un tempo, quindi, mediamente abbastanza breve per scrivere un libro. Feci in tempo anche a inviarlo alla redazione di FAI VIAGGIARE LA TUA STORIA, concorso nazionale indetto da Libromania, Autogrill e Dea Palaneta. Ad aprile di quest'anno ricevetti la telefonata che mi comunicava che il libro era tra il novero dei prescelti per la pubblicazione. Ho avuto anche il piacere di partecipare alla cerimonia di premiazione presso il Circolo dei Lettori di Torino (dove parteciparono, fra gli altri, Raffaello Avanzini della Newton Compton e altri esponenti delle case editrici organizzatrici dell'evento, con la partecipazione straordinaria anche dello scrittore Matteo Strukul).
E' la mia seconda pubblicazione, la prima - «Uno spiraglio nelle tenebre» - l'avevo pubblicata a marzo del corrente anno grazie a una piccola ma molto seria CE di Varese, Il Vento Antico Edizioni.
Amo leggere e scrivere e mi appassionano in modo particolare le vicende storiche.



BREVE ESTRATTO:

Parigi, sera del 31 luglio 1672

L’albergatore della pensione «Abati di Fecamp» aveva chiesto aiuto, dopo aver udito lo scoppio. Era uscito dallo stabile in rue Hautefeuille 5 in zona place Maubert, gridando a squarciagola.
Da qualche tempo, il quarantasettenne funzionario di polizia, Gabriel-Nicolas de la Reynie, aveva messo la pensione sotto stretta sorveglianza. Era giunto con i suoi uomini ben prima dei vigili del fuoco, in quanto più vicini all’albergo al momento della deflagrazione.
Gabriel aveva organizzato una formidabile squadra di collaboratori da quando, nel 1667, il potente ministro delle Finanze, Jean Baptiste Colbert, gli aveva affidato la carica di luogotenente generale di polizia.
La squadra era costituita per la maggior parte da fedelissimi, che aveva condotto con sé da Angouleme e da Bordeaux, dove aveva ricoperto il ruolo di magistrato. Uno di questi, Eugene Malpart, gli aveva segnalato che l’uomo che stavano ricercando alloggiava agli «Abati di Fecamp».
La soddisfazione di aver rintracciato l’ex ufficiale di cavalleria, Jean Baptiste Gaudine de Saint-Croix, fece andare Gabriel in brodo di giuggiole. Sentì vicino il momento in cui avrebbe avuto finalmente fra le mani quell’ex militare dal passato torbido. Gli avrebbe posto alcune domande, alle quali avrebbe dovuto rispondere, in un modo o nell’altro.
«Aprite, in nome del re».
L’intimazione della guardia risuonò davanti alla porta numero 13, al primo piano dell’albergo.
Erano in quattro, armati e nervosi. Reynie, dietro di loro, attendeva avvolto nel suo abito scuro.
Seguirono secondi di silenzio, durante i quali il luogotenente estrasse dalla tasca il prezioso orologio che Huygens in persona gli aveva regalato. Andava fiero sia dell’amico inventore che dell’oggetto, che considerava una sorta di reliquia. Lo guardò, soffermandosi sul quadrante ovale.
«Entrate», disse poi, con voce ferma.
Due dei quattro agenti iniziarono a sfondare la porta, utilizzando un grosso bastone di ferro, mentre gli altri restavano un po’ defilati.
L’uscio non oppose particolare resistenza. A causa dei colpi, si formarono degli squarci sempre più grandi sulla superficie in legno, da cui iniziò a fuoriuscire un fumo poco denso, ma che indusse gli uomini a fermarsi, per tossire.
«Copritevi la bocca e il naso», urlò Reynie.
Senza esitare, si spinse in avanti, facendo segno agli uomini di stare lontani dalla porta.
La sostanza, simile a vapore, non poteva giustificare un malessere così immediato, pensò. Era un miasma strano, con un odore acre che aggrediva i polmoni.
Non stette a riflettere a lungo. Si coprì naso e bocca con il colletto della camicia e irruppe da solo nella stanza, dopo aver dato un ultimo violento calcio a ciò che restava dell’uscio.
Appena entrato si fermò, per osservare l’ambiente. Non c’erano fiamme, nonostante lo scoppio, ma solo roba che si era accatastata alla rinfusa per via dello spostamento d’aria.
Corse verso la finestra, spalancandola e facendo sbattere con violenza gli stipiti contro le pareti. Un attimo dopo, si piegò in preda a un accesso di tosse.
Gli uomini entrarono, non appena l’odore acido iniziò ad affievolirsi, grazie alla finestra aperta da cui il fumo defluiva, disperdendosi all’esterno.
Raggiunsero il luogotenente per portargli soccorso, ma non ce ne fu bisogno. Con il ripulirsi dell’aria, Gabriel aveva ripreso a respirare in modo normale, riassumendo la posizione eretta.
Si accorse che l’origine dell’esalazione proveniva da un angolo della stanza. Avendo scorto una brocca d’acqua, trovatasi lì per puro caso, ne svuotò il contenuto in una specie di grossa bacinella, da cui, in modo sempre più lieve, fuoriusciva la sostanza gassosa. Il contatto con il liquido fece friggere il contenitore, creando una nuvoletta di vapore, che risultò innocua. Reynie sospettò che si trattasse di arsenico, detto anche polvere di successione, così chiamato per via delle vittime che mieteva in diverse corti europee.
Gabriel e i suoi iniziarono a smuovere mobili, tavolini, suppellettili e tutto ciò che attirasse la loro attenzione, scaraventando per terra sedie e oggetti vari che facevano da intralcio. I cassetti, invece, venivano ispezionati con cura.
Durante la perquisizione, il funzionario di polizia fu attratto da una massa informe, sopra la quale si erano depositate cose in maniera confusa. Era distesa dietro un tavolo, accanto proprio al raccoglitore da dove era fuoriuscito il fumo. Si sorprese di non averla notata prima, con ogni probabilità perché la tosse gli aveva offuscata la vista, seppur per qualche momento.
Si rese conto che era un corpo, riverso per terra. Alcuni pezzetti di vetro, a causa dell’esplosione, si erano conficcati sul viso, sfigurandolo. Si piegò su di esso, tastandone le vesti e recuperando i documenti.
Era quello che temeva. L’uomo riverso sul pavimento era Saint-Croix.
Ebbe un moto di stizza, sbattendo i documenti sul morto, come se volesse rimproverargli di non essere rimasto vivo. Quella morte gli rovinava i piani investigativi.
Nel raccogliere i pezzi di vetro, capì che facevano parte di una maschera, una di quelle a cui ricorrevano gli alchimisti per proteggersi il viso.
L’esperimento era risultato fatale per Saint-Croix. Qualcosa aveva provocato la rottura del vetro di protezione, consentendo al micidiale veleno di compiere la sua missione di morte.
«Avete trovato qualcosa?», gridò Reynie, coprendo i rumori dei passi e delle cose che venivano sbattute.
Non rispose nessuno.
«Allora?», ripeté, con impazienza.
«Niente che possa avere davvero importanza», rispose la guardia più anziana.
Il luogotenente si accingeva a dare le disposizioni per la messa in stato di sequestro della stanza. Ciò avrebbe impedito l’accesso agli intrusi e avrebbe mantenuto inalterato l’ambiente per possibili futuri e più accurati sopralluoghi. Proprio in quel momento, vide una guardia muoversi con decisione verso di lui. Recava con sé un cofanetto, chiuso da un lucchetto.
Gli occhi di Gabriel si illuminarono.
Tolse l’oggetto dalle mani del poliziotto, come un rapace che ghermisca la preda.
«Dove l’hai trovato?»
«Era all’interno di un armadietto».
«Bravo», non riuscì a trattenersi, lodandolo per il ritrovamento.
Era ciò in cui sperava. Con la morte di Saint-Croix, quell’oggetto avrebbe rappresentato, ne era certo, un fondamentale supporto per provare a indirizzare le indagini.
Poggiò il cofanetto su un tavolino e ne divelse il lucchetto, aiutandosi con un coltello. L’aprì con circospezione, dopo aver indossato i guanti.
Le sue cautele si dimostrarono fondate, poiché all’interno rinvenne dei resti di arsenico e di sublimato, altra potente sostanza venefica. Ma quel che gli fece brillare gli occhi fu la vista di un pacchetto, tenuto insieme da un fiocco elegante, che conteneva trentaquattro lettere, come appurò dopo averle contate per due volte.
«Sì, ci siamo», mormorò, prima di allontanarsi, mentre le guardie assolvevano alle formalità di rito, informando l’albergatore sulle incombenze a cui avrebbe dovuto attenersi in conseguenza del sequestro della camera 13. 


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