Doppia recensione per "L'ultima stazione" dell'autore Luciano Dal Pont,
edito Brè Edizioni. A cura di S.I. e Alessia Toscano.
Autore: Luciano Dal Pont
Genere: Horror
Casa editrice: Brè Edizioni
Disponibile in ebook a € 2,99
e in formato cartaceo a € 7,93
TRAMA:
L’inferno è davvero com’è descritto in un certo tipo di allegoria religiosa, un luogo immerso nelle fiamme eterne dove bruciano le anime dannate, oppure è immaginabile sulle basi della più articolata visione dantesca? O invece può assumere diverse forme a seconda del vissuto di ciascuno, travalicando il confine tra la vita e la morte? Lo scoprirà suo malgrado Carlo Clavelli, inseguito e tormentato da un terribile ricordo che continua a riaffiorare nella mente assieme ai rimorsi a esso legati e al ritornello di una vecchia e tristissima canzone, rendendo la sua esistenza, appunto, un inferno. Ma l’inferno non ha confini…
Il ritmo dei romanzi di Dal Pont va sempre spedito come un treno, è perciò che continuo a leggerlo. Sono contenta di vedere che anche stavolta ha costruito un racconto che ti fa sfogliare ogni pagina più veloce di quella precedente per capire cosa è successo prima, oltre che come andrà a finire.
Spiegandomi meglio, l’atmosfera del mistero che costruisce lui si basa su segreti che vengono svelati al lettore durante la narrazione.
Ha uno stile che gli permette di descrivere “orrori raffinati” e sentimenti d’oppressione con molta efficacia, in questo caso tutto il romanzo è accompagnato dai versi della canzone di Luigi Tenco: Un giorno dopo l’altro.
La scelta è motivata dalla colpa che il protagonista, Carlo, deve espiare, un giorno dopo l’altro, mentre la sua vita se ne va, tormentato da visioni del passato. Una di questa, lo sguardo accusatorio di un’insegnante di molti anni prima:
Da dietro le lenti ambrate s’irradiano due fasci di luce nera che smembrano la mia anima, la fanno a pezzi e bruciano ciò che resta spargendo le ceneri al vento del rimorso…
Sempre riferito all’episodio dell’insegnante scrive:
Il rimorso spero che vi faccia soffrire le pene dell’inferno, per il resto della vostra miserabile vita. Per me sarà così, ma almeno io sono un bel pezzo più vecchia di voi e per fortuna mi resta molto meno tempo.
Qui l’educatrice riconosceva che le azioni di Carlo e dei suoi compagni devono essere anche colpa di ogni adulto che non interviene, il libro infatti riflette sulla “gioventù bruciata”, che però non si brucia da sola. Nella nostra società tutto è patologico e tutto dovrebbe essere supportato da terapia per migliorare.
A un certo punto m’è parso che si facesse anche riferimento al karma, le cose ci ritornano, sia il bene che il male fatto. Alla scoperta della morte in carcere di uno dei suoi compagni di scorribande Carlo reagisce, alle domande di un giornalista che si chiede come qualcuno possa sparire dall’oggi al domani dietro le sbarre, con parole amare:
Che te lo chiedi a fare giornalista? Io lo conoscevo bene quell’infame bastardo e so che è stato giusto così.
Ma anche se sa che l’unica cosa che meriterebbe per quello che ha combinato è morire, continua a stare sul treno della vita, il coraggio di scendere gli manca, soffrirà vilmente in eterno.
Capì, e allora non sentì più nessun battito di nessun cuore.
È un libro molto angosciante, quindi un horror perfetto.
Senza respiro. Così mi sono ritrovata leggendo “L’ultima stazione” di Luciano Dal Pont. L’orrore, a volte, è nella testa. Questo libro è un viaggio dentro la mente oscura di Carlo, segnata da un fatto spiacevole e deplorevole del suo passato.
L’autore ha descritto sapientemente le emozioni, le paure e le sensazioni provate dal protagonista, in modo intenso, reale e dettagliato. Sembrava di vivere tutto quanto io stessa. Sentivo la sua stessa angoscia.
Conoscevo di fama Luciano, ma non avevo ancora mai letto nulla scritto da lui. Ora, mi chiedo cosa aspettassi. È stata una graditissima sorpresa, anche se già sapevo cosa avrei trovato tra le sue pagine.
Un viaggio oltre il tempo e lo spazio. Un viaggio insieme a se stesso, quello di Carlo. È il peggiore: l’anima contro la testa e viceversa. Il passato che ritorna, anche se, in realtà, non se n’è mai andato. Non sempre c’è una risoluzione a tutto, non per lui almeno. Il suo nemico peggiore è la sua coscienza, che lo corrode da dentro.
Non puoi cambiare le tue azioni. Ogni azione ha sempre una conseguenza.
Lo stile è scorrevole e battente, in un crescendo che non si ferma mai e non lascia tregua al lettore, che continua a chiedersi se, alla fine del buio, ci sia la luce. Una mano a cui aggrapparsi… Un qualcosa di reale che abbatta ogni barriera immaginaria. Ma sono, poi, davvero solo immaginazioni, quelle che vive Carlo? Ma è, poi, davvero la realtà, quella che vive Carlo?
Suspense, tensione e angoscia presenti dalla prima all’ultima parola della narrazione altamente percettiva ed evocativa.
Una canzone che si ripete di continuo in testa è il filo conduttore che scandisce le ore, anzi i minuti, anzi il nulla che passa per Carlo.
Un romanzo breve pieno di mistero e di irrisolto. Inquietudine.
Il fulcro di tutto è un argomento davvero molto attuale, che non posso rivelare, per non rischiare di fare spoiler, ma che, ahimè, è spesso troppo presente nella vita reale. Luciano Dal Pont, con il suo irreale e impossibile racconto, ci ha offerto un grande spunto di riflessione, con la speranza che, prima o poi, si riesca a debellare questo brutto male sociale.
Le parole precedenti, irreale e impossibile, non sono usate in modo dispregiativo, ma per ribadire il concetto dell’abilità dell’autore nel cimentarsi nello stile horror, seppure abbinato a una sporca e scomoda realtà. Un pugno dritto nello stomaco.
La maggior parte delle descrizioni sono molto forti e realistiche, ma necessarie per un racconto di questo genere. Gli odori, i sapori, la vista. Tutti e cinque i sensi sono coinvolti. Il lettore stesso ne è protagonista, grazie all’eccellenza, la profondità e l’intensità della penna di Luciano.
Complimenti davvero.
Nessun commento:
Posta un commento