Buon pomeriggio amici lettori!
Vi segnalo "Il mondo di Viola" dell'autrice Laura Magnanego,
edito Brè Edizioni.
Titolo: Il mondo di Viola
- Favole per bambini da 5 a 99 anni
Autore: Laura Magnanego
Genere: Narrativa di formazione per tutti
Casa editrice: Brè Edizioni
Disponibile in ebook a € 2,99
E in formato cartaceo a € 10,00
TRAMA:
Alzi la mano chi non ha mai dovuto rispondere alle domande imbarazzanti dei propri bimbi. Mamma, che cos’è l’amore? Babbo, cos’è il tempo? Cosa vuol dire fare una promessa? Cos’è... la morte? E via andare. Nessuno, vero? Beh, ci sono tre modi di affrontare la questione. Il primo è eludere la domanda: lo capirai quando sarai grande. Il secondo, impelagarsi in improbabili tentativi di risposta, col risultato che i vostri figli inizieranno a nutrire seri dubbi sulle vostre facoltà mentali. Il terzo, ed è il migliore, è fare un viaggio nel mondo di Viola. Conoscerete Morfeo, Verdino, Ivan, Virgilio, Biondino e molti altri, ma soprattutto resterete incantati nell’ascoltare le loro storie. Troverete non soltanto le risposte migliori per i nostri figli, che diventano un promemoria per noi adulti, per il bambino che vive in eterno dentro tutti noi, ma una leggerezza profonda e poetica che vi conquisterà, lettori di ogni età. E se poi, nel lasciare il mondo di Viola, qualcuno avrà il rammarico di non poter più leggere altre storie come queste, stia pur sereno: stanno arrivando!
BREVE ESTRATTO:
Verdino
Amore mio, non dormi?
Mamma, non ci riesco… ho paura di fare brutti sogni!
Ma no Viola, pensa a cose belle allora.
Mamma, ma quando ero piccina piccina c’era anche la Lilla?
Sì, ma non te la puoi ricordare.
E dov’è ora?
È alle terme! Sai, lei ci tiene alla forma!
No, mamma, non mi raccontare bugie, la Lilla è in cielo.
Mamma, anche tu morirai un giorno?
Sì, bimba e spero che sia così lontano che tu sarai stufa di avermi attorno!
Ma mamma, cosa vuol dire morire?
Beh, intanto non bisogna averne paura… ora ti racconto una storia…
Nel fitto fitto di un bosco viveva la colonia di farfalle più grande del mondo e forse anche qualcosa di più.
Chi riusciva a farsi strada tra i rovi, i rami e le sterpaglie che la proteggevano poteva godere di uno spettacolo straordinario, migliaia di farfalle svolazzavano frenetiche, a tratti in cielo creavano enormi bolle colorate, ma solo per un istante.
Avevano in realtà un gran daffare. Gli adulti dovevano organizzare un sacco di cose, turni di impollinazione, voli di controllo, pubbliche relazioni con i rappresentanti dei fiori, lezioni ai piccoli bruchi che entusiasti prendevano appunti e disegnavano fiori.
Ogni giorno alcune maestre srotolavano una lunga foglia e leggevano i nomi dei piccoli che quel giorno avrebbero avuto in consegna le ali.
Se zitto zitto li stavi ad ascoltare, potevi sentire le loro urla di gioia quando scartavano il loro pacchetto e una volta indossate, si libravano nell’aria.
Tutti meno uno. Un piccolo bruco tutto verde a pois rosa non ne voleva sapere e ogni volta che veniva chiamato inventava le scuse più fantasiose: una volta era in bagno, l’altra aveva un gran mal di pancia o un febbrone da cavallo.
Certo era strano, nessuno capiva questa ostinazione, nessuno conosceva il suo segreto.
Qualche tempo prima, una viola mammola gli aveva confidato che la vita di una farfalla adulta è brevissima, addirittura correva voce che fosse di una manciata di ore e poi le povere farfalle si addormentavano per sempre.
Terrorizzato da questo racconto, il piccolo non ne voleva sapere di avere le ali, avrebbe continuato così: meglio una vita lunga da bruco, certo un po’ strisciante, che una fulgida e breve da farfalla.
“Tenetevi il vostro pacchetto” borbottava, mangiando pigramente una tenera foglia di calendula.
Il tempo passava e schivato l’appello, il bruco gironzolava nel prato. Un giorno però, proprio dietro un piccolo rovo di more, vide lo spettacolo più bello che potesse immaginare.
Proprio lì davanti a lui c’era un fiore magnifico.
Aveva forse mille petali e mille sfumature di colore, le foglie perfette incorniciavano quella maestosa corolla, ogni volta che una farfalla lo toccava una pioggia di piccolissime stelle dorate si spandeva nell’aria e sulle ali, tanto che con il riverbero del sole sembravano lucciole.
Il piccolo bruco rimase a bocca aperta, si dice per ore. Solo quando arrivò la notte e il fiore si chiuse, raggiunse la sua cameretta. Ma quella notte il sonno fu molto agitato.
Sognava il fiore, sentiva il suo profumo e ne assaporava il gusto: era delizioso. Certo che il giorno dopo la solita foglia non gli sembrò così gustosa!
Da quel giorno niente fu più come prima, le sue certezze vacillavano tanto che dopo una notte di ripensamenti prese una decisione.
All’appello del giorno dopo, quando la maestra disse ad alta voce: “Verdino? C’è Verdino?” il piccolo si fece strada tra gli altri alunni e con la zampetta un po’ tremolante prese il suo pacchetto.
Ci fu un gran silenzio. Verdino cominciò a scartare le ali e a detta di tutti erano straordinarie, rosa e verdi con dei piccolissimi pois blu cobalto.
Su un rampicante di edera erano stati costruiti dei trampolini di erica dai quali le giovani farfalle spiccavano il primo volo.
Verdino si arrampicò sino ad arrivare a quello più in alto, prese bene le misure, indossò gli occhialoni anti vento e senza guardare giù si lasciò cadere nel vuoto.
Le ali si dischiusero e senza pensarci troppo cominciò a volare.
Era meraviglioso il prato visto dall’alto. Sotto di lui tutte le compagne piccole e grandi, ma da lassù erano tutte piccole, lo salutavano agitando zampette e ali.
Ma Verdino sapeva dove andare. Avrebbe voluto tergiversare ancora un po’, magari assaggiare qualche rosa, una margherita, ma non sapendo da quanto era in volo, temeva di non avere tempo a sufficienza.
Lo vide dall’alto. Il profumo era irresistibile, si adagiò con dolcezza sul fiore, che quando si accorse della sua presenza si chinò verso di lui e con una voce che sembrava provenire dalle nuvole gli disse: “Ti aspettavo, sai…”
Verdino si sentì come in paradiso, si avvicinò al cuore del fiore e bevve avidamente il suo nettare. Fu allora che una pioggia di piccole stelle dorate invase l’aria e le sue ali.
Dagli occhi di Verdino scese una lacrima, ma era di gioia e quando capì che il respiro era troppo corto si distese sul fiore che piano piano sottovoce gli disse.
“Lasciati andare.”
I petali generosi si chiusero su Verdino, sui suoi sogni e lo abbracciarono per sempre.
Ecco bimba, forse non ti ho spiegato bene cosa vuol dire morire, ma di sicuro la storia di questa farfalla ti potrà essere utile per non aver mai paura di vivere e quando sarà il momento giusto, apri questa scatolina…
Ora spengo la luce, buonanotte amore mio.
Molti anni dopo, in una giornata fresca di primavera, ero seduta vicino al letto di mia mamma. Erano lontani gli anni delle favole. Quando sentii la sua mano stringere la mia, presi la scatolina che non avevo mai aperto: una pioggia di stelline dorate riempì la stanza e i suoi capelli candidi, io mi avvicinai a lei e con la voce delle nuvole le sussurrai piano: “Lasciati andare.” E rimanemmo abbracciate per sempre.
Preferisco scrivere un romanzo che la mia biografia. Non è mica facile parlare di sé, raccontarsi; potrei scrivere fiumi di parole o due righe. Allora scelgo di dirvi che sono semplicemente Laura Magnanego. Vivo a Genova, lavoro, sono una mamma e scrivo. Queste sono le cose essenziali per me: mia figlia, la mia cagnolina Manchita, il mare e le parole.
Semplicemente il mio mondo.
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