Tripla recensione per "L’odore della morte" dell'autrice Irene Catocci, edito Ode Edizioni. A cura di Alessia Toscano, Daniela Colaiacomo e Tiziana Irosa.
Titolo: L’odore della morte
Autore: Irene Catocci
Serie: 2° di dilogia - Autoconclusivo
Genere: Thriller
Casa editrice: Ode Edizioni
Disponibile in ebook a € 2,99
E in formato cartaceo a € 10,84
Pagina autore: I romanzi di Irene Catocci
TRAMA:
Avers. Cantone dei Grigioni.
Gli abitanti della valle, sperduta tra le montagne svizzere, si domandano chi sia lo straniero che alloggia nella baita isolata. È schivo, taciturno e, ne sono sicuri, nasconde un segreto.
Davide Profeta, ricercato dalle forze dell'ordine italiane, si è creato una nuova identità, indossando una delle sue innumerevoli maschere, che riescono a farlo sentire sicuro: un uomo come tanti, senza un passato e con il futuro da costruire.
Davide ha un segreto che se rivelato manderà all'aria l'intera messinscena.
L'arrivo in città di un giovane transessuale, però, cambierà le carte in tavola. Davide ripercorrerà una strada che credeva ormai superata, un viale insanguinato e intriso di ricordi che credeva di aver sepolto a stento nella memoria.
La belva, anche se ridotta in catene, conserva lo spirito che la rende tale. E così farà Davide: per non essere divorato dalla nostalgia, farà riemergere dalle ceneri di un passato troppo vicino la sua natura più nascosta, uccidendo. Ancora.
Avvertenze: Contiene scene di sesso omosessuale e tratta tematiche che potrebbero urtare lettori sensibili.
Ed eccolo di nuovo, Davide Profeta.
Si è rifugiato ad Avers, in una sperduta valle tra le montagne svizzere. Le forze dell’ordine italiane sono alla sua ricerca, un killer spietato che ha lasciato dietro di sé una scia di morte. E un angelo. Il suo Angelo.
Ora, si è creato una nuova identità, indossando una di quelle maschere che tanto lo hanno aiutato nel palcoscenico della sua vita. Gli abitanti di Avers percepiscono l’alone di mistero che gli gira intorno, ma lui saprà confondersi tra gli altri. È un uomo come tanti, lassù, nel cantone dei Grigioni.
Ma basta un transessuale a sconvolgere il suo equilibrio. L’odore dei ricordi, del sesso, del cuore gli fa ripercorrere una strada pericolosa per lui. Il suo “passato”, il suo angelo, è ancora vivido e ben presente dentro di lui. E allora il killer torna. La sua mente deviata non è morta, spezzerà quelle catene che lo legavano a un anonimo presente e tornerà a uccidere. Ancora. E ancora. Finché il ricordo doloroso scomparirà. Ma il ricordo potrà mai essere ucciso? O diventerà sempre più potente e meschino?
Anche nel secondo volume della dilogia, Irene Catocci ci fa compiere un viaggio di sola andata nella mente deviata di un assassino. Una meta pericolosa, che metterà ansia, ma che sarà sorprendente. Perché noi seguiremo la scia di morte dalla parte di chi la compie. Crudele. Devastante. Affascinante.
Davide ha avuto una trasformazione: da sagace e brillante avvocato riminese, ora veste i panni di uno schivo e taciturno boscaiolo. Fugge dal passato, dai ricordi, da Noah. Ma si può scappare da un ricordo? Dai sentimenti? Dalla coscienza? La sua coscienza è deviata, si potrà mai ricostruire e aggiustare?
“L’odore della morte” è un thriller psicologico con sfumature noir a volte tendenti al giallo. La mente di Davide è rossa di passione, gialla di gelosia, rosa del suo grande amore. E nera, come la sua anima.
L’odore del sesso è presente anche qui, che si mescola con quello della morte. E diventa esplosivo. Una detonazione per Davide. E per Noah. E per il lettore.
Niente è come sembra. Si evolve, poi si torna indietro. Si arriva a una fine annunciata, ma poi le carte in tavola cambiano e il lettore si trova spiazzato e si chiede come sia possibile.
La scrittura di Irene Catocci è diretta ed evocativa, forte e adatta alla storia che stava raccontando. Ci trascina nelle viscere della vicenda, coinvolgendoci e ammantandoci di neve che, da bianca, a un certo punto, diventa nera. E rossa.
Lo stile è fluido e scorrevole, le pagine volano veloci, perché si vuole arrivare a un epilogo che lascia a bocca aperta. I percorsi si dipanano, le vite si intrecciano. Tutto si risolve, ma poi si ingarbuglia di nuovo. E viceversa.
C’è il doppio POV: Davide in prima persona, Noah in terza.
Belle tutte le descrizioni, dall’ambientazione e l’atmosfera magica di una Svizzera fredda e imbiancata, per passare alla caratterizzazione dei personaggi, anche i secondari, fino ad arrivare alle sensazioni. Alle scene truci. Ai momenti sessuali, che non sono volgari: sono forti, come devono essere quelli vissuti da un uomo come Davide.
La copertina è davvero bella ed evocativa.
Noah non è la vittima. Davide non è il suo carnefice. Difficilmente se ne vanno: restano col lettore, pur vestendo dei protagonisti così particolari. Scomodo direi, se ci si riferisce a Davide Profeta.
“L’odore del sesso” e “L’odore della morte” fanno parte di una dilogia, ma possono benissimo essere letti separatamente. Ci sono tutti i riferimenti per ricostruire ogni cosa.
Irene mi ha trascinato in un tunnel da cui difficilmente si esce. Un amore folle, perverso. Una malattia che ti divora da dentro. “L’amore, a volte, non guarisce. A volte, uccide.” Un viaggio in una mente e un cuore deviati, al ritmo della sua lucida follia.
Gelo, freddo che penetra nelle ossa, è questa la sensazione iniziale di questo secondo capitolo della storia di Davide Profeta, più avanti diventerà febbre, fuoco.
Sopravvissuto alla morsa delle acque del fiume, lui che non sa neanche nuotare, è riuscito a mettere in atto il piano di fuga preparato da mesi.
Davide Profeta è morto tra le acque scure del Maracchia e al suo posto ne è uscito Abel Hass, l’uomo senza passato.
Durante il cammino verso la meta prevista, affondando nella neve, stritolato dalla morsa del gelo, un solo pensiero:
Sono tre giorni che non dormo e la stanchezza, come una maglia di lana grezza, si impossessa di me conducendomi in un luogo assolato, dove ad attendermi ci sono due occhi acquamarina che risplendono come stelle, custodi di tutte le possibilità mancate.
Aveva programmato la vita nel Cantone dei Grigioni, a Juf, a un tiro di scoppio da Avers, gelido e sparuto agglomerato di case circondate dai pascoli e solcato dai venti che soffiano da nord, mulinando nella valle; quello che non aveva previsto, però, è che sarebbe stato solo.
Noah, cosa ho fatto? Come ho potuto lasciarti lì, con quegli animali. Chissà che cosa ti avranno detto su di me! Lo so, sono sicuro che ti avranno fatto il lavaggio del cervello, inculcandoti in testa delle bestialità sul mio conto.
Schivo e riservato, mantiene un profilo basso, si integra nella vita del paese; il duro lavoro alla segheria - mai sollevato altro che la valigetta portadocumenti nella sua vita passata - lo tempra, lo distoglie dai pensieri dolorosi, mentre cerca di adattarsi alla nuova vita.
Due anni trascorrono, e le persone che ruotano intorno a lui diventano quasi amiche, ma
l'arrivo di un estraneo in paese cambia tutto, perché latente nella sua mente c'è Davide Profeta.
Sto ritornando la bestia immonda che striscia nell’oscurità più nera, il razziatore impenitente che trova nutrimento nell’odore del sesso, nel sangue, nella carnalità.
È Marylin, un transessuale che si prostituisce, legato a un suo compagno di lavoro, a scuotere le acque che avevano già cominciato ad agitarsi, perché in quel corpo Abel-Davide ritrova Noah.
È l'inizio di una nuova fase.
Ho provato a vivere senza di lui, a sopprimere la voglia che ho delle sue labbra morbide, del suo abbraccio e del suo profumo.
“Ci ho provato, Noah. Te lo giuro. Ti ho cercato nei mille odori del mondo, ho inspirato a fondo… ma senza trovarti. Ho inseguito il tuo odore come un pazzo, annusando il sudore, le lacrime e il sangue degli altri e, quando credevo di averti finalmente trovato, ti ho perduto ancora. Sei ovunque, ma assente. E ancora ti cerco, ancora ti amo, ancora ti perdo.”
Premettendo che i due volumi che compongono "I geni della follia" possono essere letti separatamente - meglio se consequenzialmente - in questo secondo libro, come già nel primo, Irene Catocci esplora la mente contorta, perversa, ossessiva del protagonista. C'è, però, secondo il mio parere, una differenza sostanziale: se ne "L'odore del sesso" veniva alla luce il passato con tutte le sfumature di odio, punizione, sofferenza, e si arrivava alla scoperta dell'amore, totalizzante e benefico - pur nelle alterazioni dovute alla psiche tormentata e ossessiva di Davide - in "L'odore della morte", dopo una iniziale sensazione positiva dovuta all'avvicinamento alla comunità, con legami quasi di amicizia, predomina il sentimento negativo, la distorsione di un amore malato, il male che produce.
Caratteristica comune a entrambi i libri, però, è la bravura che Irene dimostra nel catalizzare l'attenzione del lettore, carpirne i sensi e la mente suscitando empatia nei confronti di tutti i personaggi descritti, pur mantenendo Davide come protagonista assoluto della storia.
Come nel libro precedente, l'autrice scrive la maggior parte dei capitoli dal pov di Profeta, mentre solo alcuni, che descrivono le sensazioni di Noah, i suoi pensieri, le paure, sono scritti in terza persona. La lettura scorre veloce, la curiosità, l'attesa degli eventi incalza perché la storia è a tutti gli effetti un giallo da scoprire.
È senz'altro un libro che consiglio, ma solo e sottolineo "solo", a lettori adeguatamente preparati, perché forte è la violenza decritta, fisica ma soprattutto psicologica.
Davide Profeta è tornato!
Chiunque abbia pensato di essersi liberato di lui si sbagliava di grosso.
La vita non è mai stata rose e fiori per lui, ma Davide questo lo aveva capito fin da bambino quando la madre lo torturava psicologicamente e non solo, come quando immergeva la sua testa nell’acqua per “purificarlo”.
Davide non ha dimenticato, è ancora tutto lì dentro, che torna prepotente, assordante.
Anche la sua fuga con il suo “Angelo” non va come doveva: la macchina che va fuoristrada, la caduta nell’acqua gelida e lui non sa nuotare. Ma lo spirito di sopravvivenza vince su tutto e, al contrario di quello che pensa la polizia, Davide vive.
Riesce a raggiungere la Svizzera con il suo passaporto falso e quello che aveva comprato per Noah, già, il suo angelo che ha dovuto abbandonare.
Davide si integra ad Avers sotto il falso nome di Abel, trova un lavoro come boscaiolo, ha una vita normale, se non fosse per le voci che dominano la sua testa. La voglia di sangue è forte, di vederlo scorrere tra le mani, di annusarlo di sfamarsi della paura altrui.
L’istinto è più forte della razionalità, come la voglia di ritrovare Noah in altri corpi inermi. La sua sete deve essere abbeverata. Ed ecco che ritorna il vecchio Davide, più crudele, più feroce, più ossessionato.
Questo romanzo non è per i deboli di cuore, astenetevi, vi prego. Le descrizioni sono precise e accurate, le scene sono cruente e mi espongo a dire brutali ma, signori miei, ci troviamo davanti a un thriller, uno di quelli che entra nella testa del protagonista e scava dentro la sua anima dannata. Il romanzo viene raccontato con un doppio punto di vista: il primo è quello di Davide e della sua ossessione, l’altro, invece, è in terza persona e narra la storia dalla parte di Noah. E già, Davide farà di tutto per riaverlo.
Volete sapere se Davide riuscirà a riavere il suo Noah? La strada sarà tortuosa e ricca di impedimenti, ma lui, come un tritasassi, andrà avanti.
Concordo con la scelta del finale che Irene ha scritto per questa storia. Era il giusto epilogo per riappacificare le anime dei lettori, non dirò di più per non spoilerare, ma spero che ne converrete con me.
Adesso non vi resta che leggerlo e scoprire cosa succede.
Buona lettura.
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