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Vi segnalo "Ritorno a Breuddwyd", romanzo di recente
pubblicazione dell'autrice Anna Esse.
Titolo: Ritorno a Breuddwyd
Autore: Anna Esse
Genere: Romance noir/drammatico
Disponibile in ebook al prezzo lancio di € 1,29
A breve anche in formato cartaceo
TRAMA:
«Tutti abbiamo un’etichetta cucita addosso, non siamo noi a sceglierla, è la società che ce la impone».
Ann Hughes è una donna forte, intraprendente, incasinata, istintiva e avventata.
Dopo aver trascorso gli ultimi cinque anni a Londra, ritorna nella sua città natale, Breudwydd, una piccola località marittima sulla costa sud del Galles dove ritrova i suoi affetti e un mistero da risolvere: perché tutta la comunità chiama "mostro" il solitario Christopher Davies? Cos'ha mai fatto per meritare tanto odio?
Il senso di giustizia di Ann pizzica, mentre la giornalista che è in lei scalpita all'idea di conoscere la verità: ma sarà in grado di trovarla? E l'intera comunità come prenderà questo suo ficcanasare?
Odio, risentimenti e vecchie ferite che riprenderanno a sanguinare, saranno alcuni degli elementi principali di questa storia dalle tinte noir dove, a volte, l'amore può ferire più di uno schiaffo.
DICE L’AUTRICE:
Ritorno a Breuddwyd nasce come una storia a sé, un romanzo autoconclusivo che vi porterà nel sud del Galles in una cittadina immaginaria il cui nome significa letteralmente “sogno” in gallese.
Dopo due storie ambientate in America (New York), ho sentito l’esigenza di cambiare location, ma a breve potrei sempre decidere di ritornare nella mia amata New York magari per il seguito tanto atteso di Complicated Love, chissà... 😉
Detto questo e come ormai i miei lettori sapranno, i miei romance si allontanano spesso dall'idea comune che solitamente si ha su questo genere. In Ritorno a Breuddwyd non ci sarà solo amore, ma anche azione, segreti, violenza e un mistero tutto da risolvere che porterà la protagonista davanti a delle scelte da cui non potrà scappare.
Esattamente come per il personaggio di Edward di Complicated Love, anche Ann è un po’ incasinata, impacciata e per alcuni versi egoista anche se a me non piace definirla così. È una donna indipendente, con un vissuto traumatico alle spalle, che incontra un uomo con un passato doloroso e una realtà pesante da sostenere.
Il romanzo è scritto in terza persona, al suo interno ci sono quasi una ventina di personaggi tra protagonisti, secondari, comprimari, ecc…ecc… ed è impensabile, secondo me, usare la prima persona se si vuole raccontare davvero una storia a 360° ma spero che questo non spaventerà i lettori, anzi. Dietro questa scelta un po’ azzardata, c’è la volontà di narrare qualcosa al meglio delle mie capacità e spero con tutto il cuore che Ann, Christopher e tutti i personaggi di Ritorno a Breuddwyd sapranno conquistarsi un posto speciale nei cuori dei lettori perché, dopotutto, tutti abbiamo bisogno di essere e sentirci un po’ amati, no? 😉
BREVE ESTRATTO:
La spiaggia era deserta come sempre. Erano quasi a fine settembre e, quei pochi turisti che si azzardavano a far visita a quel paesino sperduto sulla costa sud-occidentale dell’Inghilterra, erano già scappati. Non tutti erano abbastanza temerari da resistere alle temperature rigide del luogo e, spesso, la gente associava il mare solo a località particolarmente calde e soleggiate, ma Breuddwyd non era affatto così. Lì d’estate le temperature non toccavano mai i trenta gradi e l’intera costa era perennemente frustata da venti molto forti provenienti dal nord che contribuivano a tenere le temperature molto basse per la media stagionale.
Ann si stava godendo una delle poche ragioni per cui Breuddwyd le era tanto mancata in quegli anni: il mare! Adorava respirarne appieno il profumo e il rumore delle onde, su di lei, aveva un effetto rilassante. In lontananza, sulla linea dell’orizzonte, una piccola barca di pescatori stava lanciando le reti per poi recuperarle l’indomani all’alba insieme al pescato e, ancora più in là, verso il faro, un altro piccolo gruppo di persone era impegnato in una pesca da riva.
Decise che non era il caso di avvicinarli, non voleva interagire con niente e nessuno, ma solo poter prendere fiato, calmarsi, e riflettere con calma sul da farsi e l’avrebbe anche fatto se, le parole di Ellie, non avessero continuato a tormentarle le membra stanche: “chi difende un adultera, è adultera a sua volta”, ripensò e lo stomaco le si chiuse in una morsa dolorosa.
Come poteva dire una simile assurdità?
Cosa ne sapeva di lei e della sua vita una come Ellie, imprigionata dalla nascita in quel luogo sperduto che viveva dei pettegolezzi e della cattiveria altrui?
Si portò le mani sul grembo stringendo con forza la stoffa della maglia: «che cosa ne sai tu…?», bisbigliò a denti stretti. «COSA NE VUOI SAPERE TU, STUPIDA?», urlò rabbiosa rivolta al mare.
Ansimò cadendo seduta nella sabbia, coprendosi il viso con entrambe le mani e incominciando a singhiozzare scossa dal pianto.
Qualcosa di umido le sfiorò il dorso della mano facendola sobbalzare e il muso allegro e bagnato del Golden retriever le apparve fissandola coi suoi grandi occhi neri.
Sbatté le palpebre insicura su quello che stava vedendo. Davvero quel cane era lì? E quando era arrivato? Non si era accorta della sua presenza finché non l’aveva sfiorata col naso ma, in quel momento, anche potersi aggrappare a quel grande, dolce cagnone, per lei, era un vero miracolo. Gli passò le braccia intorno al collo incominciando a fargli i grattini e il cane emise dei guaiti di gioia.
Scodinzolò allegramente girandole intorno per poi ritornarle di fronte pronto a ricevere un’altra dose di coccole e suscitando in lei una risata spontanea: «sei un coccolone, eh?», gli disse con ancora gli occhi bagnati e, non appena l’animale si accostò al suo viso per annusare le lacrime, lo strinse a sé riprendendo a piangere.
«Blum!», udì una voce maschile e, non appena alzò lo sguardo, un uomo si palesò dinanzi a lei lasciandola senza parole. Sbatté più volte le palpebre sorpresa, la figura davanti a lei la stava osservando dall’alto con sguardo severo, sembrava uscita da uno di quei film americani sulle bande di quartiere. Era abbastanza alto, sicuramente più di lei, forse un metro e settanta o qualcosina di più, i capelli, scuri e mossi, erano raccolti in una morbida coda di cavallo, il viso era ricoperto da una barba folta ma ben curata, non era minimamente trasandato, anzi, pareva ci tenesse molto alla sua figura e, quel look un po’ selvaggio abbinato a quello sguardo intenso, gli donavano in modo indescrivibile.
«Che stai facendo?», l’aggredì continuando a fissarla con rimprovero. «Stai lontana dal mio cane!», le ordinò.
«Mi…mi spiace, io…», mormorò, ma lui continuò: «Blum, vieni subito qui!», disse e il cane emise un piccolo guaito, nascondendo il muso tra il suo collo e la spalla, facendola irrigidire.
«Blum!», lo richiamò con tono più deciso e, solo a quel punto, l’animale si scostò per raggiungere il suo padrone che lo accolse con un paio di pacche sul dorso.
Si rimise subito in piedi pulendosi i vestiti dalla sabbia: «quindi si chiama Blum? Che nome simpatico!», aggiunse con un sorriso tirato, pensando divertita che aveva lo stesso nome del suo orsetto di peluche.
Lo sconosciuto la squadrò corrugando le sopracciglia sospettoso: «stai parlando con me?».
Sorrise guardandosi intorno: «vedi forse qualcun altro?», ribatté titubante.
L’uomo si passò una mano sul viso soffermandosi ad accarezzare la barba con aria pensierosa. Il suo profilo, dolce e aggraziato, le fece vibrare il cuore. Non aveva memoria di lui al villaggio, era certa che si sarebbe ricordata di un uomo sulla quarantina, di bell’aspetto e con uno sguardo così penetrante. La sua intera essenza sprigionava un fascino.
«Beh, non dovresti…», sospirò infine avviandosi.
«Non dovrei fare cosa?», scattò provando a seguirlo, ma lui si voltò piazzandole una mano davanti al viso: «stai alla larga da me e dal mio cane, ok?», l’ammonì incamminandosi.
Nata a Torino nel luglio del 1976 da genitori operai.
Fin da piccola ho sempre inventato storie: prima scritte, poi disegnate e poi di nuovo scritte.
Sono sempre stata in grado di sognare a occhi aperti, a immaginare mondi fantastici e a perdermi in essi. Forse perché essendo l'unica femmina della famiglia (a parte mia madre), era un modo costruttivo per sfuggire al fatto che ero circondata da maschi: ho tre fratelli, non saprei, ma sono sempre stata una sognatrice incallita.
La mia prima storia ufficiale s'intitolava "L'angelo e la pistola", non lo troverete su Amazon, perché è un racconto poliziesco che scrissi ai tempi delle medie e che chissà, magari un giorno potrei riprendere e decidere di trasformarlo in qualcosa di più.
Non scrivo un genere specifico, per cui aspettatevi di tutto.
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