mercoledì 17 luglio 2019

"IL SEGRETO DELLE VIOLE" di Antonella Grimaldi



Buongiorno follower!
Vi segnalo "Il segreto delle viole", il romanzo dell'autrice Antonella Grimaldi. 






Autore: Antonella Grimaldi
Genere: Narrativa contemporanea

Casa editrice: GoWare

Disponibile in ebook a € 4,99
e in formato cartaceo a € 10,19

Contatti: Antonella Grimaldi 





TRAMA:

In una notte d’inverno, Chiara ricorda uno dei pittori che più hanno segnato la sua carriera di storica dell’arte, Caravaggio, il pittore capace di illuminare il buio. E allora, riesce a guardare nell’abisso dell’amore di Massimo, l’unico ad amarla immensamente e ad averla fatta soffrire in modo indicibile. Decide così di scrivere a Luca, il suo compagno, per raccontargli di sé, di come l’amore l’avesse sempre sfiorata senza mai toccarla, della speranza di incontrare qualcuno da amare, del suo incontro con Massimo e della violenza in una notte di inizio estate. La rivelazione colta nella pittura del Caravaggio la porta a dialogare con il suo compagno e a prospettargli tutti i suoi dubbi, mentre l’amore per la libertà la spinge a ritornare nella sua campagna: aspetterà che le viole e le rose di sua madre spargano il loro profumo nel giardino; ascolterà il vento che soffia tra le colline; si affiderà al suo segreto, la vita, che sta per riservarle ancora una sorpresa.




BIOGRAFIA:

Nata a Vinci, è una studiosa di Storia del Cristianesimo e del Risorgimento. Ha pubblicato articoli e monografie su questo periodo storico, dedicando particolare attenzione a figure e momenti del Risorgimento genovese e casalese. Da un po’ di tempo, si dedica anche alla scrittura di romanzi per completare il suo profilo culturale e rispondere in modo concreto alla sua passione letteraria.
Nel giugno del 2018 ha esordito nel campo della narrativa con il romanzo Il segreto delle viole (Firenze, goWare). Successivamente, la sua short story, Il corpo di Emma, si è classificata prima al VII Concorso internazionale di poesia occidentale e haiku di Genova. Il suo secondo romanzo, La voce di Eloisa, anch'esso dedicato alle indagini del commissario Antonio Conte, uscirà a breve presso Edizioni Ensemble.
Vive in campagna, in provincia di Firenze, città nella quale trascorre molto del suo tempo per ragioni di studio. Ama leggere, ascoltare musica -barocco veneziano, Battisti e De André- e si diletta facendo lunghe passeggiate in compagnia del suo cane, Titti.



DICE L’AUTRICE:

L'idea di scrivere questo romanzo è nata passeggiando in compagnia del mio cane per la campagna, in cui vivo Pensando a quanto fosse bello ciò che stavo vivendo, ho compreso l'importanza della bellezza per la vita di ognuno di noi. La bellezza ci consola e ci dà la forza di andare avanti, ci dà una meta alla quale tendere mettendo da parte le brutture, le meschinità, le cattiverie che la vita somministra in maniera abbastanza spietata.
Ho compiuto i miei studi universitari animata dalla convinzione che non vi fosse nulla di più prezioso della possibilità di studiare e, così, ho continuato per tanto tempo a studiare, scrivere, documentarmi, ma quando a sera mi sentivo stanca, immancabilmente, trovavo il mio sollievo leggendo un bel romanzo. Ho impiegato un bel po' di tempo per rendermi conto di quanto quella parentesi -aperta sul treno, che mi riportava a casa, e chiusa nel mio letto prima di spegnere la luce- fosse per me vitale. Tuttavia, quando l'ho fatto, l'ho fatto per bene e ho cominciato a scrivere. È accaduto, durante una delle mie ricerche: lavorando su un racconto inedito, Una monaca nel 1849, ho preso atto di quanto quell'esperienza fosse gratificante e di come mi donasse un sentimento di indescrivibile pienezza.
Da allora, ho continuato la mia vita di sempre: studio, scrivo, mi documento; ascolto De André e Vivaldi; e faccio ancora le mie lunghe passeggiate con il cane. Ho un problema in più, perché trovare il tempo per scrivere non è affatto semplice. Eppure, sono felice.



BREVE ESTRATTO:

Scesi il pendio della collina. La Magia riposava tra la folla degli alberi. In quell’angolo, risparmiato ai vigneti, dimoravano piante di ogni genere, fiori i più svariati, rose odorose e variopinte, antiche o singolari. La vita della Magia aveva un respiro più grande dello stesso universo. La sensazione di immobilità era pesante. Mi concentrai nell’ascolto di ogni lieve rumore per essere sicura che il tempo continuasse a scorrere, ma più ascoltavo, più mi pareva di vivere un’esperienza di assoluta sospensione. Guardavo gli alberi e i fiori a me vicini, e più ne vedevo, più mi pareva che lo spazio si dilatasse nell’immensità, al di là della mia capacità di vedere e comprendere. La sovrabbondanza dei colori, la ricchezza del roseto mi stordivano e mi conducevano verso la scoperta di quella vitale armonia creata dal susseguirsi della malva, del rosso acceso, del giallo e del viola, finché non giunsi in quella radura che somigliava a un romantico giardino segreto fatto di fiori rosa e bianchi. Gli sciami di cespugli, i cespi di lavanda, di rosmarino, di salvia, di ruta, di artemisia e santolina disperdevano nell’aria i loro profumi e legavano lo sguardo al rincorrersi dei fiori e delle piante. Tutta quella bellezza era frutto del caso, cioè del lavorio continuo di mia madre che, appena vedeva uno slargo vuoto, subito l’occupava. La mattina dopo mi svegliai che il sole era già alto. Dalla finestra della mia stanza potevo scorgere la parte più lontana del giardino, dove c’erano solo alcune rose fra i cipressi e i lecci. Quel boschetto era sempre stato luogo dei miei ricordi di bambina, e quello di mia madre che un giorno se n’era andata nel bosco in cerca di violette e primule da trapiantare nel nostro giardino, era il più caro. Io non avevo approvato la sua scelta ma, dopo che con il trascorrere degli anni avevo visto le viole nascere ovunque e sentito il loro profumo effondersi copioso, in silenzio, l’avevo ringraziata per quella sua passeggiata solitaria. Le viole non sono fiori da niente. Il loro colore custodisce il segreto della complessità della vita, del labile confine che la separa dalla morte, del suo essere sospesa tra la terra e il cielo. Il loro profumo è una promessa di vita, un segreto da difendere. E anch’io custodivo un segreto, anch’io emanavo il fresco profumo della vita perché continuavo a spargere vita. Mi venne da sorridere, quelle violette non avevano commesso lo sbaglio di dimenticarsi di se stesse come avevo fatto io in quell’attimo, quando avevo dimenticato il vento che mi aveva fatto volare libera, il candore di Gina, l’amore di Lauretta, le poesie di Maria, il primo bacio dei miei genitori. Ma il mio segreto era rimasto intatto. La bambina che aveva aspettato fiduciosa l’avvenire era sempre viva, la ragazza che aveva sognato l’amore era lì, tra quelle viole. Il mio segreto ero io. Il mio segreto era in movimento, cambiava insieme a me. Era stato lo sbaglio di un attimo. Era divenuto la forza che mi faceva andare avanti, gli occhi che scrutavano le opere dei miei pittori in cerca di risposte. E così potevo capire il fascino dell’Autoritratto come allegoria della pittura di Artemisia, potevo finalmente leggere lo sguardo del Cristo risorto di Piero della Francesca, potevo accettare la potente attrazione che nutrivo nei riguardi di Caravaggio. Io, una povera assegnista senza una seria prospettiva di carriera accademica, ero in grado di comprendere l’amore per la libertà di Artemisia, l’immenso coraggio del Cristo di Piero. E, al termine del mio supplizio, potevo finalmente spiegarmi perché fossi rimasta senza fiato di fronte alla Cena in Emmaus di Caravaggio. Fino al giorno in cui visitai la Galleria dell’Accademia di Milano, avevo amato la pittura degli impressionisti più di ogni altra e goduto della bellezza della luce pura che impregnava di sé i colori. Ma quella domenica mattina, quando vidi per la prima volta la Cena in Emmaus, ne rimasi così colpita da pensare di non conoscermi affatto. Nei mesi seguenti esitai a lungo consumandomi nel dubbio, giudicando il mio turbamento più dovuto al rancore per le mie amiche, che mi avevano lasciata da sola, che al quadro in sé. Qualcosa di irresistibile, una specie di timore nei confronti della pittura di Caravaggio, mi accompagnò, vivo e silenzioso, negli anni che seguirono. E ora capivo che il chiaroscuro, per il grande pittore, non era soltanto una tecnica pittorica, era scienza della vita così com’è fatta di luci e ombre, di contrasti. Soltanto chi sapeva questo poteva raffigurare la Vergine morente con le sembianze di una donna del popolo annegata nel Tevere, capire che l’ombra nel mio passato era l’effetto della luce che avevo acceso sulla mia vita aspettando l’amore. Se non avessi brillato di quella luce, Massimo non mi avrebbe mai voluta, non con quella forza. Se non l’avessi avuta dentro di me, non avrei mai sfidato l’oscurità di quella notte né il suo desiderio. 


Nessun commento:

Posta un commento