venerdì 23 aprile 2021

DOPPIA RECENSIONE "COME LE ALI DEL PETTIROSSO" di Giordano Alfonso Ricci

 

In uscita oggi "Come le ali del pettirosso" Giordano Alfonso Ricci, 
edito Saga Edizioni.
S.I. e Alessia Toscano lo hanno letto in anteprima per noi. 


Autore: Giordano Alfonso Ricci
Genere: Narrativa contemporanea

Casa editrice: Saga Edizioni 
Collana: Thalia

Disponibile in ebook a € 3,99
e in formato cartaceo a € 15,10




TRAMA:

Augusto è un uomo ordinato, metodico, soddisfatto e orgoglioso dei suoi risultati. Ma anche eccessivamente razionale, capace di ingabbiare le sue emozioni. È il destino, il ricordo di un amore lasciato in sospeso, che un giorno rompe la tranquilla routine fatta di lezioni in università – e discussioni con Rodica, la sua governante. Colei che tenta di rompere i suoi muri
argini a emozioni considerate pericolose per il suo equilibrio. Il passato torna ed esige di essere ascoltato. Sullo sfondo struggente e malinconico di un Venezuela piegato da una profonda crisi economica e sociale, Augusto si trova a scegliere: se seguire il suo istinto e abbattere la barriera dei sentimenti o rifugiarsi ancora una volta nella razionalità. 



Come le ali del pettirosso è una storia vera raccontata come una favola.
Vera, perché i dolori contenuti nelle sue pagine, il gelo della solitudine messo a paragone con quello che precede la morte, le difficoltà di lasciarsi andare all’amore e alla fede, sono i tormenti reali di un’umanità che non può vivere solo nel bianco e nel nero.
La morale della favola è che il bene e il male vanno a braccetto e che in certi momenti c’è da darsi una mossa, ma in altri si deve attendere che il destino faccia le cose da sé.
Augusto è un uomo che ha costruito il niente, ha risparmiato per il nulla, vive con una governante che sembra un cartone animato. Divertente, coi suoi capelli brizzolati, l’accento romeno, l’incapacità di non immischiarsi nella vita del suo datore di lavoro. Fa notare continuamente ad Augusto che senza di lei si ridurrebbe velocemente ai livelli di un clochard, lo sgrida per le sue vuote relazioni carnali, ma nemmeno lei sa che Augusto ha il cuore congelato in un amore del passato, che ha rinnegato per via dell’orgoglio; quel demone bianco e nero che ognuno deve coltivare per tenere testa alla vita, ma anche saper tenere a bada per non diventare superbo e incorrere nel rischio di perdere chi ama per amore dell’orgoglio.
“Sembri un disperato o un uomo che è stato rinchiuso da qualche parte… quando fai l’amore con me sembra che tu sia scappato dalla prigione in cui eri rinchiuso, soltanto per farlo con me”, gli dice una delle sue amanti, e ha ragione.
La relazione con lei non è che un modo per fuggire dal fantasma di Jelena, ma lei sta per tornare, come spettro portatore di una possibilità di redenzione per un uomo che sembra non valere nulla.

L’ultima volta decise che l’amore in fondo era una cosa inutile. Una roba a tempo che ha una parabola e che inevitabilmente spegne le sue passioni prima o poi.

Spegne le sue passioni è vero, però prima le accende. I grandi amori, i più duratori, si reggono in piedi per mezzo del ricordo del calore iniziale. Quante volte capita di non essere capaci di stroncare i rapporti solo per i ricordi dai quali si teme di doversi separare?
Questo è il punto. Jelena torna, sua figlia è in carcere, su un’accusa che fa da paravento a motivazioni ben peggiori, e Augusto finalmente ha l’occasione di riscattarsi e mettersi in pace con la sua memoria.
Per farlo deve passare attraverso le file degli ultimi, quelli che vivono nelle favelas venezuelane dove c’è un’anima come esiste un’anima a Scampia o San Basilio: l’anima che non vuole morire che ma che vive come vive un morto.
Dove la gente è sporca e sudata e l’unica cosa gratis che veniva dispensata era il sole.
Il testo si arricchisce di numerose informazioni sullo stile di vita del Sud America, nomi di piatti, modi di dire, il viaggio si fa più interessante con la compagnia di parroci impegnati a salvare anime concedendo qualcosa di se stessi al demonio.
Le domande interiori di Augusto aumentano, anche lui quasi quasi avrebbe voluto essere nella vita un uomo di fede. Di certo comincia a tirare fuori il lato tenero che ha sempre seppellito sotto l’orgoglio e che in un quel contesto rischia di divenire un’arma a doppio taglio. Incontra la figlia della carcerata Mila, nipote di Jelena:

Avevano appena fatto amicizia: un uomo adulto con regole complesse e una bambina di tre anni e mezzo con poche regole semplici.

Bastano queste due righe a definire i tratti dei due personaggi, ma il testo è pieno di passi simili, degni di nota:

Scrutò per valutare le pieghe del viso e al contempo lo pesò con la bilancia della vita. Scavò nel suo sguardo e capì.

Intanto prosegue la vicenda della donna che deve aiutare, con un raccapricciante resoconto delle condizioni di vita di un carcere femminile di massima sicurezza, dove umiliazioni, pestaggi e quant’altro compongono la quotidianità, senza che l’autorità muova un dito per schiarire le tinte oscure di un quadro macabro che rappresenta l’inferno che “merita” chiunque si opponga a un governo che fa dell’intelletto del singolo un insetto da schiacciare nel minor tempo possibile.
Augusto nel frattempo comprende ciò che il destino gli stava proponendo. Comprese che la vita non è solo bianca o nera, che ogni dolore si alterna a una gioia esattamente come fa una scacchiera sulla quale la natura muove i suoi pezzi.
Il rapporto con la figlia di Jelena è altrettanto duro da costruire: Mila lo teme, lo ritiene l’uomo che ha abbandonato senza remore sua madre ma è costretta a rivolgerglisi per disperazione e ad affrontare con lui un viaggio tremendo durante il quale non si riesce a rinnegare del tutto l’amore parentale.
Gesti come posare una coperta sull’altro mentre dorme, pensando di non esser visti, regalare un coniglietto a una bambina, si risolvono nel momento in cui il peluche deve diventare reale.
La piccola Elena aspetta di vedere i suoi sogni realizzati e la richiesta di un coniglio vero al posto del peluche è la metafora perfetta per rendere il concetto.
Augusto alla fine sembra aver vissuto per nulla ma non è così, ha salvato un pettirosso dalle fauci di un gatto, ma l’uccello teme la sua mano che lo stringe delicatamente tanto quanto la bocca del felino a cui è stato sottratto. Questa è l’altra metafora importante del libro che delinea il suo rapporto con le due donne.
È un testo particolare, poetico e sentimentale, che sa far ridere e anche piangere, può esser letto da chiunque, nonostante le descrizioni di sevizie ed episodi forti che caratterizzato la vita dei poveri e della casta degli Intoccabili del Venezuela.
Ritengo sia positivo per tutti aprirsi a nuovi generi, di tanto in tanto. 



Augusto è un uomo ordinario, un affascinante cinquantenne, con le sue abitudini e che ha già un posto nel mondo ben definito. Soddisfatto di ciò che ha ottenuto dalla vita, grazie al suo lavorare sodo, è orgoglioso di quello che possiede. Ma sul piano emozionale è meno risoluto, in quel frangente è un macello: disordinato e testardo nella sua razionalità e nel modo di legare le emozioni. La sua routine è composta dalle lezioni all’università, dove insegna ingegneria, di tempo passato nella sua fattoria a lavorare nei campi, a parlare con gli animali e a discutere con la sua governante Rodica. Ah, e a distrarre le donne, o meglio, soprattutto una donna in particolare che supera il suo muro. Però lui è un solitario impenitente e non deve rompere gli argini che, durante tutta la sua esistenza, ha eretto intorno a sé.
Augusto non è affatto affidabile nei sentimenti, però io lo vorrei davvero come amico. 
In tutto questo suo mondo così ben costruito, però, una cosa in sospeso esiste: un amore del passato che, in qualche modo, torna prepotente e riesce a sconvolgergli la vita. Gli equilibri sono spezzati, e lui deve cercare dentro di sé la forza e la voglia di farlo. Seguirà il suo istinto e la pancia che, oltre la più ragionevole ragionevolezza, lo spingono a partire per il Venezuela oppure rimarrà ancorato alle sue razionali convinzioni?
Una domenica, un funzionario degli affari esteri in Italia lo chiama con urgenza per discutere una faccenda davvero importante. E, così, si ritrova di fronte proprio al suo passato. Non potrà mai riuscire a chiudere gli occhi, davanti alla richiesta di aiuto di una ragazza, di cui Augusto non ne conosceva l’esistenza, detenuta in un carcere del Venezuela per detenzione di stupefacenti. 
Quindi, dovrà cercare di riprendere i fili proprio di quel vecchio amore sospeso e capire le cose veramente importanti della vita.
Il Venezuela sta vivendo una grande crisi economica e sociale ed è molto diversa da come l’aveva vissuta lui da ragazzino, insieme alla sua famiglia di emigranti. 
Augusto compirà un viaggio, che andrà oltre al movimento fisico. È un viaggio metaforico, dentro se stesso, dentro ai sentimenti, tra emozioni ritrovate, che credeva di non poter trovare mai, e corse rocambolesche per sfuggire a qualcosa di più grande di lui e altamente pericoloso.
Il titolo è molto evocativo e, nel momento in cui ho ritrovato tra le pagine proprio “le ali del pettirosso”, mi sono emozionata e commossa. Sensazione che è continuata fino all’epilogo, in cui mi sono sciolta e mi è uscita la lacrimuccia. 
Un libro che mi ha portato a sperare con i protagonisti, ad avere paura per la loro sorte, a gioire per i piccoli successi. E a capire che l’altruismo è il valore più potente del mondo. 
Avevo già letto gli altri libri di Giordano, quindi conosco la sua scrittura emozionale e che ti prende per mano dalla prima pagina all’ultima, e devo dire che “Come le ali del pettirosso” ha avuto un’evoluzione. O meglio, ha una struttura diversa: non ci sono cunicoli dove il lettore può incanalarsi e sbagliare strada per arrivare a comprendere l’essenza della storia, no. Qui ci sono un inizio e una fine ben precisi. E in mezzo tanta roba. 
È un libro difficile, che parla del Venezuela e delle condizioni di vita in cui versano i suoi abitanti, che hanno difficoltà a trovare perfino cibo e medicine. Al suo arrivo, trova un paese molto diverso da come lui lo aveva lasciato da ragazzo, quando era un’isola felice per chi approdava nelle sue terre. E Augusto, attraverso i suoi occhi, ce lo racconta: le guerriglie, le manifestazioni. Ho scoperto l’esistenza dei caminantes che, a piedi, con mezzi di fortuna e in condizioni pessime, arrivano al confine del Venezuela per ricominciare la loro vita con orgoglio.
Giordano sa di cosa parla e ce lo trasmette, ci dice cose che dai telegiornali, probabilmente, non sapremo mai. Ma grazie alle sue conoscenze, i parenti, gli amici, lui stesso, ce le “regala”, e ci fa apprendere una faccia molto dolorosa di una medaglia. Un libro nel libro, quasi un reportage. Per ovvie ragioni, molte descrizioni sono forti e crude, come i trattamenti nel carcere in cui è rinchiusa Mila o come quando Augusto si reca nel quartiere difficile di Petare. 
È un romanzo d’azione, perché i protagonisti, per riportare la pelle a “casa” devono compiere una fuga rocambolesca, aguzzando l’ingegno e patendo fatiche, fame e sete. Ma proprio questo viaggio della speranza è la salvezza di Augusto. 
Ora, però, vorrei dire che mi sono anche divertita. Per la romanità che esce prepotente dalla personalità di Augusto, che dentro di sé mantiene però le sue origini di uomo del sud e figlio di emigrati, appunto, in Venezuela. Per il modo in cui lui si approccia ad amici e parenti, con i quali è una figura solida e sicura. Per la figura di Rodica. Per i dialoghi acuti e ironici, quando potevano esserlo, viste le situazioni che stavano vivendo.
Durante la sua avventura, ci sono molti personaggi che Augusto conosce. Persone che lo arricchiscono e lo seguono per un breve momento, proprio come nella vita reale. Qualcuno ci accompagnerà per sempre, qualcuno sarà un compagno di viaggio che poi rimarrà indietro, ma ci avrà dato qualcosa da portarci dietro durante il nostro cammino.
Ognuno di loro è importante per l’evoluzione di Augusto, gli faranno rivedere la scala di valori, che pure lui aveva ben chiara, però era consapevole dei suoi desideri. Lui era un uomo che stava benissimo come stava, non aveva mai messo in conto di poter subire la crescita e la scoperta del suo animo che ha compiuto durante le pagine. È “semplicemente” accaduto. 
Ho amato profondamente Rodica, che rappresenta un po’ la sua coscienza.
Ho stimato fino alla fine Padre Mariano, il sacerdote degli ultimi, che raccoglie i bambini per la strada e li protegge a costo della sua stessa vita. È l’unico uomo che può permettersi di guardare Carlos, uno dei più grandi criminali di Petare, negli occhi. Carlos è il male, ma sa benissimo qual è il bene, ed è un personaggio che mi è piaciuto oltremodo, che riesce a scuotere Augusto dell’interno perché, nel profondo, sono molto più simili di quanto si possa pensare. Carlos è una personalità complessa, con molte sfaccettature, costruito in maniera accurata e interessante.
Il bene e il male sono due facce della stessa medaglia e, spesso, camminano insieme, in parallelo. Capita che non si incontrino mai oppure, per qualche motivo voluto o accaduto per caso, debbano incrociarsi e intersecarsi.
E l’idea del “sempre” e del “mai” si mescolano e si confondono.
Non mi posso soffermare su tutti i personaggi, perché sono davvero tanti e si sente che sono quasi tutti ispirati dal vissuto dell’autore. Sono persone normali. Bisogna leggere, per conoscere Mila, Elena, il Signor Coniglietto Tappo. La dottoressa Marini è una grande personalità, la ragionevolezza di Augusto, ma che finisce per scivolare nell’animo di quell’uomo ruvido e così umano. lo capisce, lo conosce, lo aiuta. 
Un capitolo a parte sarebbe necessario per Elizandro, Izarra e... il vento. Quindi, mi fermo qui, e consiglio vivamente di leggere “Come le ali del pettirosso” per scoprire da soli ogni personaggio e per vivere l’avventura di Augusto e gli altri insieme a loro.
Riassumendo, “Come le ali del pettirosso” è un romanzo d’azione, ironico spesso, crudo e reale ancor di più, ma a mio avviso è anche una storia intima e intimista, perché possiamo accompagnare il percorso di crescita di Augusto. Percorso che non aveva bisogno di fare, ma ci si è ritrovato invischiato. Ci sono momenti in cui si deve agire, altri in cui si deve aspettare, altri ancora in cui è il destino a decidere.
Augusto e Mila dovranno imparare a conoscersi e ricostruire piccole parti di loro, in un Venezuela ostile, durante la guerra civile e la grande crisi economica, tra corruzione, narcotraffico, minori rapiti per adozioni illecite o spaccio d’organi. Ma, purtroppo, questa è proprio la realtà che si vive laggiù, lontano da noi, anche per i “venezuelani italiani”.
Io sono sicura che Augusto è un po’ la proiezione speculare dell’autore, sia fisicamente che caratterialmente.
Una delle caratteristiche della scrittura di Giordano che mi piace è che lui non ci racconta i personaggi, ma ce li mostra man mano durante la lettura. Non ci sono descrizioni reali, ma ce ne accorgiamo mentre qualcuno perla con qualcun altro, oppure vengono fuori le peculiarità quando sono utili per fare una determinata cosa o per risolvere una situazione. È proprio come nella vita, ci si conosce man mano. Il suo stile è diretto, piacevole, particolare. Ti prende per mano e ti conduce dove vuole che il lettore arrivi, senza mai influenzarlo. 
Romanzo consigliato, reportage di guerra e guerriglia, la vita vera, le emozioni intense e reali. 
È uno scritto particolare, come ogni frase che esce dalla penna di questo autore, melodico, poetico, ma anche reale, passionale, emozionale. Si ride e si piange.
Complimenti alla Sàga Edizioni, continuate così ragazze. Poi, la copertina è davvero bella ed evocativa.
Infine, grazie a Giordano perché, ancora una volta, riesce a scuotere nel profondo chi lo legge.





In una biografia che si rispetti andrebbero riportate solo le notizie che abbiano un qualche significato.
Come ad esempio le origini umili e borghesi di provincia, la provenienza da una terra aspra e struggente come il Molise e poi la seconda vita da un continente all’altro con la valigia sempre pronta da “cervello in fuga” (ammesso che ne siano rimaste tracce apprezzabili almeno al microscopio).
Nella terza e quarta vita si sceglie. Giordano Alfonso Ricci ha scelto la campagna romana, gli asini, i cavalli e le piante di olivo. Le regole delle cose semplici e la differenza tra forma e sostanza sono le basi con le quali inizia e conclude ogni corso dei suoi allievi.
La scrittura è rimasta intrappolata tra le molte vite. Nella prima, un vecchio editore di provincia gli regalò una macchina da scrivere Olivetti lettera 22 e molti altri insegnamenti. Il resto conta poco. Numeri e algoritmi con i quali convive tra gli olivi sono assai meno significanti (per lui) del canto d’amore di un pettirosso.


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