mercoledì 28 luglio 2021

RECENSIONE "VITA BREVE DI UN DOMATORE DI BELVE" di Daniele Santero

 

Giorgia Spurio ha letto per noi "Vita breve di un domatore di belve
dell'autore Daniele Santero, edito Elliot Edizioni.


Autore: Daniele Santero

Genere: Narrativa biografica

Casa editrice: Elliot Edizioni

Disponibile in ebook a € 10,99
e in formato cartaceo a € 15,68 


Romanzo d’avventura è sicuramente la migliore definizione per questo esordio che ha come protagonista il più illustre domatore circense italiano. La sua storia rocambolesca ha inizio in un borgo poverissimo dell’Appennino, per concludersi in una sfarzosa villa settecentesca, dove l’uomo, Upilio Faimali, si aggira seguito dalla sua ultima pantera, sospirando sul tempo in cui carezzava orsi e leoni come gatti di casa. La prosa di "Vita breve di un domatore di belve" procede tra incontri di ogni genere – capitani nostalgici e aristocratici, capi di Stato e avari impresari –, cadute e trionfi assoluti. Sorretta da uno humour sottile ed efficace, l’opera narra la storia di un uomo disposto a tutto, metafora di un’ossessione che ci riguarda da vicino: dominare ciò che non può essere dominato, vincere il senso di precarietà di fronte alla ferocia incontrollabile della natura. A metà strada tra romanzo picaresco, affresco storico dell’Italia e dell’Europa del XIX secolo e biografia romanzata… 

"Vita breve di un domatore di belve" di Daniele Santero, edito da Elliot Edizioni, ha ricevuto nel 2020 menzione speciale dal Premio Calvino. 
È un romanzo che spesso sfocia in caratteristiche molto simili al saggio, ha difatti un taglio saggistico attento a citare fonti e date. 
Il periodo storico è dal 1824 al 1894, rispettivamente data di nascita e di morte.
Il protagonista è Upilio Faimali, originario di Piacenza, è un ragazzino ribelle a cui stanno stretti la vita di campagna e gli obblighi familiari, affascinato dai circhi e dai serragli girovaghi, affascinato dagli animali soprattutto quelli etichettati come "belve feroci". Così a 12 anni scappa di casa e con arguzia e determinazione supera prove e ostacoli raggiungendo la Francia, fino a diventare garzone nel serraglio del famoso Henri Martin ricordato nelle litografie con il leone Nerone e la tigre Atyr.
Qui Upilio inizia i suoi primi passi addestrando cani e scimmiette. Crescendo aumenta anche il desiderio di rischio, passando così ai lupi e alle iene. Diventa ragazzo e con un suo serraglio di animali conquista un discreto successo, se non fosse che i suoi animali si ammalano perdendoli in poco tempo.
Ma Upilio non è tipo ad arrendersi, anzi trova sempre un modo per fare qualcosa che nessuno avrebbe mai pensato.
Enigmatico, imperscrutabile, freddo, pragmatico, Upilio decide di partire per l'Africa per andare lui stesso a catturare leoni e leonesse.
Leggendo le pagine si apre al lettore il dibattito etico sul giusto habitat per gli animali, accennato da alcuni giornalisti contemporanei allo stesso Upilio, ma è ben lontano dalle riflessioni odierne: la fame (e/o la fama) e la spettacolarizzazione privilegiavano sul senso di giustizia. 
Upilio decide di partire, scoprendo la "nuova moda" di andare in Africa per uccidere belve da trofeo, ma Upilio viene considerato un pazzo perché parte per portare con sé belve vive. Con successo ha un suo serraglio di animali con lupi, iene, leoni, leonesse, scimmie al quale si aggiungeranno pantere e orsi. 
Il successo a volte va a pari passo con amori e passioni, così Upilio conosce la vedova Jeanne Baptiste Buttier e suo figlio François Bidel, allora un ragazzino pieno di odio e rancore. Tra i due ci saranno sempre fulmini e saette, anche se la vita è inaspettata e a volte la storia si ripete perché il piccolo François senza saperlo sceglierà la stessa vita del patrigno: la fuga e il diventare poi uno dei domatori più famosi in Europa.
Il romanzo ci offre spunti di riflessione sulle scelte, i bivi, il rapporto uomo-animali, padre-figli, il rapporto con il successo e la difficile scelta tra fama e famiglia.
Per Upilio il domatore deve allacciare un rapporto di assoluta obbedienza e sottomissione da parte degli animali, stesso rapporto secondo lui va creato con i figli, mentre François che ha vissuto su di sé la precoce mancanza del padre biologico poi della madre, e la gelosia per il patrigno, decide di fare diversamente sia con sua figlia ma soprattutto con i suoi animali instaurando una relazione di affetto e adorazione.
Il periodo storico è l'Ottocento, il periodo della fame, delle epidemie e delle guerre. In Italia scoppiano le tre guerre d'indipendenza e finalmente si giunge all'unità, mentre in Europa si ricorda la guerra austro-prussiana poi quella franco-prussiana.
I giornalisti cercavano le notizie più particolari e a volte raccapriccianti, che probabilmente distraevano dalle preoccupazioni di ogni giorno o delle guerre, soprattutto quando si trattava di incidenti con le belve. Spesso la notizia distorta veniva scopiazzata e amplificata, diventando quella che oggi chiameremmo fakenews, se oggi è per l'acchiappa click, allora significava vendere copie di giornale che destavano orrore e curiosità allo stesso tempo. 
Se un lettore è amante della storia e della saggistica, inoltre è affascinato dall'antica figura, quasi leggendaria, del domatore, consiglio questa lettura, che fa riflettere sull'umanità che spettacolarizza la paura e la morte, usando gli animali feroci come mezzi di catarsi ed espiazione, le differenze e le somiglianze tra passato e presente, le differenze e le somiglianze tra l'uomo di ieri e di oggi.


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