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In uscita oggi "Minerve" dell'autrice Giuditta Ross.
Titolo: Minerve
Autore: Giuditta Ross
Genere: Romance steampunk MFM
Disponibile in ebook al prezzo lancio di € 1,99
E in formato cartaceo a € 11,34
Pagina autore: Giuditta Ross
TRAMA:
La Guerra ci aveva strappato le nostre inutili certezze, la sua fame vorace non aveva fatto distinzioni. Ci aveva lasciati mozzi, inorriditi sulle macerie del nostro grande impero e tuttavia vittoriosi.
Il mondo dorato in cui vivevo non era che un guscio inconsistente che svelava le sue crepe. Vedevo quelle persone in pezzi e sapevo come aggiustarle.
Per Lord Nicolas Stanford, avevo un cervello fatto di viti e ingranaggi e forse lo era anche il mio cuore. Guardavo un oggetto inanimato e la mia mente era in grado di immaginare il meccanismo che l’avrebbe fatto muovere. Ero un’inventrice sul libro paga del signor Holmberg, l’uomo che aveva inventato le macchine in grado di sconfiggere i nostri invasori e vincere la Guerra. Egli sembrava comprendermi come nessuno al mondo e guardava con orgoglio al mio lavoro e alle mie aspirazioni.
Lui e Nicolas erano come il giorno e la notte ma io sapevo che avevano un segreto. Erano legati da una passione indicibile. L’avevo vista bruciare e quel fuoco sembrava lambirmi con le sue dita seducenti.
Presa in quel vortice non mi restava che cercare di non cadere come una falena sulla fiamma.
Per quanto mi dibattessi e lottassi, le pareti della mia gabbia dorata erano sempre pronte a chiudersi.
Non l’avrei permesso.
Avevo uno scopo, ero pronta per il futuro.
DICE L’AUTRICE:
Minerve è il genere di libro che scaturisce dal sogno. Da quei pensieri che facciamo prima di addormentarci, per volare con la fantasia. Immagini che si rincorrono, dialoghi e situazioni che stuzzicano la fantasia e sedimentano durante la notte.
All'interno del romanzo ci sono diverse citazioni di personaggi di classici della letteratura e anche del cinema. Vi sfido a scovarli 🙂
Per scrivere Minerve, anche se non è un vero romanzo storico, ho fatto un bel po' di ricerca, anche e soprattutto, riguardo alle scoperte tecniche e scientifiche avvenute durante l'ultima metà del diciannovesimo secolo. Studiare il modo in cui veniva percepita la scienza in quel periodo, comprendere quanto fosse ancora mescolata a concetti più astratti, nonostante la modernità di certe scoperte, mi ha colpita.
BREVI ESTRATTI:
«Non farlo. Non chiedermelo ancora,» sussurrai. Sentii la mia voce roca che grattava appena lo strato di disperazione che lo avvolgeva. E ancora soffrii per lui, perché sapevo che nonostante i privilegi quel suo mondo dorato lo stava inghiottendo. Annuì, e forse per la prima volta vidi qualcosa di simile alla rassegnazione in fondo al suo sguardo.
Quando si avvicinò, non indietreggiai. Quando allungò le braccia per trarmi a sé, lo lasciai fare. Mi sentivo improvvisamente svuotata. Come se mi fossi strappata di dosso una coperta calda nel pieno dell’inverno e mi sentissi fredda e pronta a rompermi in mille pezzi.
Attonita.
Lasciai che mi circondasse la nuca con le dita, che mi sollevasse il mento e posasse la sua bocca sulla mia. Appoggiai i palmi sudati delle mani sui risvolti della sua giacca mentre Nicolas mi posava piccoli baci umidi sulle labbra. Inspirai il suo gemito e la mente mi si riempì di quel suono. Sussultai appena nel momento in cui sentii la sua lingua saggiare la linea delle mie labbra e una sensazione nuova ed esaltante mi colpì nel ventre. Mi aprii a quel bacio audace seguendo un istinto quasi primordiale, una spinta assoluta che non mi presi il disturbo di domare o comprendere.
Lo lasciai entrare, pensando che l’indomani avrei trovato un modo per ricacciarlo ancora, faticosamente, indietro.
Sentii i suoi occhi addosso con un’insistenza quasi palpabile, nel crepuscolo sembravano lisci e luminosi come quelli di un cervo. Infiniti e torbidi. Per qualche motivo mi sentii in imbarazzo così come ero, appesa al braccio solido di Holmberg. Improvvisamente, mi sembrava sbagliato. Qualcosa che non avrei dovuto fare, non sotto lo sguardo di Nicolas. Provai ad allontanarmi dal mio datore di lavoro, ma lui non me lo permise.
Nic posò il suo bicchiere su un davanzale di pietra, poi, senza toglierci gli occhi di dosso, si frugò nelle tasche per tirare fuori una scatola di fiammiferi e un paio di sigari sottili. Ne porse uno a Holmberg, dopo, con un gesto fluido e sicuramente studiato, sfregò il cerino sulla scatola e accese il proprio sigaro. La fiamma che sfrigolava così vicina al suo volto lo fece apparire di una bellezza luciferina. Sembrava di umore quieto e assorto, e la cosa non faceva presagire nulla di buono. Si staccò il sigaro dalle labbra e me lo avvicinò alla bocca.
Istintivamente schiusi le labbra e quando lui vi appoggiò l’estremità del sigaro, la sentii appena umida della sua saliva. Aspirai una piccola boccata di fumo mentre gli occhi di entrambi gli uomini si fissavano sulla mia bocca. Espirai con il cuore che galoppava in gola e il ventre contratto da piccole scariche di eccitazione. Quel gesto mi parve così erotico che dovetti trattenere un gemito. Il mio corpo si era fatto caldo e liquido, ipersensibile. Sentii il fianco di Holmberg più vicino, un muro solido e rovente, un contrasto netto con il colore glaciale dei suoi occhi quando arrischiai uno sguardo verso di lui. Nicolas mi sorrise ma c’era un che di spietato nella piega delle sue labbra.
Inspirai, ero incredibilmente calma. Come se improvvisamente ogni cosa fosse esattamente dove doveva essere. E se c’era una cosa che sapevo riconoscere al volo, in modo viscerale, era quando ogni ingranaggio si incastrava alla perfezione.
«Così è perfetto.»
Giuditta Ross è prima di ogni altra cosa una sognatrice, sempre a lottare per resistere al mondo reale. Gattara e zitella mancata (nel senso che accidentalmente mi sono sposata e ho generato prole) cartolibraia perennemente sull’orlo di una crisi di nervi e pessima massaia. Sono un’accanita sostenitrice dell’emozione: quel concetto di sublime che tanto era caro ai Romantici. Amo appassionatamente la natura selvaggia, temporali, i documentari naturalistici e i documentari sulla storia e l’archeologia, i gatti, la pizza, la birra, il prosecco, l’architettura gotica, i megaliti, i pittori preraffaelliti, i gatti l’ho già detto? La musica rock, il sushi, il suono che fanno i gatti quando guardano gli uccellini alla finestra… Sono preda di fissazioni stravaganti: l’ultima è quella per le mummie di torbiera (chi volesse informazioni a riguardo può contattarmi in privato). Sono diplomata in restauro ligneo e da ragazza sognavo di fare l’archeologa (come Indiana Jones ma senza distruggere i reperti). Mio padre era sardo e mia madre era fissata con Via col Vento.
Sono piemontese, sono cresciuta con l’abbraccio confortevole delle Alpi, ma anelo sempre il mare.
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