Buon pomeriggio amici lettori!
Vi lascio alla recensione di Silvia Iside al libro "Una meravigliosa primavera" dell'autrice Liana Zimmardi, edito Kalós Edizioni.
Autore: Liana Zimmardi
Genere: Romance storico
Casa editrice: Kalós Edizioni
Disponibile in formato cartaceo a € 18,52
A breve anche in ebook
Palermo, 1939. Isabella è la secondogenita di casa Seymour e, sebbene l’amica Elena la schernisca, sa bene cosa vuole dalla vita: un buon matrimonio, dei figli, servire la Patria e il duce. Quando il fratello maggiore Giorgio torna a casa dall’Accademia militare di Torino fortemente cambiato e critico nei confronti del regime, Isabella non può fare a meno di attribuirne la colpa alla cattiva influenza dell’amico Matteo, giovane milanese arrivato al suo seguito. La conoscenza del ragazzo mette in discussione le sue convinzioni e i suoi piani, tra una festa e un bagno a Mondello, tra il profumo di una parmigiana e quello dell’oleandro in fiore. Ma la guerra presto irromperà nelle loro vite, lasciando poco spazio alle riflessioni: Giorgio e Matteo dovranno partire per il fronte e Isabella sarà costretta a prendere le redini della situazione per proteggere la sua famiglia. Tra aeroplani che cadono e vite che si incrociano, pistole che fumano e amori che sbocciano, tutti loro dovranno lottare, ognuno a suo modo, per rifiorire e ribaltare per sempre il senso di quel «Vincere! E vinceremo…».
Una meravigliosa primavera di Liana Zimmardi ha riconfermato uno stile più che godibile perché se è vero che le sue storie sono basate sui classici elementi del romance, bisogna pur riconoscerle la capacità di creare trame avventurose e ambientazioni che non mancano mai di credibilità.
In Sicilia, negli anni antecedenti alla seconda grande guerra e durante la stessa, vive una famiglia di latifondisti originariamente inglese e Isabella è il contrario di una classica donna meridionale dell’epoca.
Anche se è volitiva, forte, persino fastidiosa nei confronti dei familiari, che tenta di comandare a bacchetta, dentro di sé non ha altro che il tenero bisogno di appartenenza proprio di tutti gli esseri umani. Una necessità che viene soddisfatta, in effetti, in misura maggiore nelle società “arretrate” rispetto a quanto avviene nella realtà milanese di Matteo, personaggio che si aggiunge in seguito.
Per spiegarmi meglio: Matteo a un certo punto dice che Elena non resterà senza marito, anche se è stata lasciata, perché quelle convinzioni sono ormai sciocchezze da vecchi. Da questa frase si intuisce come venga visto il meridione, un po’ come, senza offesa, gli occidentali vedono arretrato l'oriente. In realtà, le società di mentalità più chiusa, come quella di Isabella, sono più strette attorno all'individuo. Questo fa sì che si subiscano convenzioni sociali non condivise dai più liberali ma che creano un ambiente in cui il singolo si sente più incluso nel tessuto umano. Si pensi che più siamo indipendenti più aumentano solitudine e depressione.
Elena, l’amica più stretta di Isabella, si lamenta dapprincipio dei punti di vista dell’amica, contrapposti ai suoi. Il fascismo sta lentamente iniziando a escludere la componente ebraica dalla comunità, e pure quella femminile anche se sbandiera l’idea d’angelo del focolare. Domina ogni aspetto della vita degli italiani, finanche il tempo libero, e le immagini propagandistiche di Mussolini impegnato a fingere di mietere il grano sono quanto di meglio il cinema sembra aver da offrire. Ma la propensione di Isabella a non contestare questo è un’ulteriore conferma del suo profilo; infatti famiglie come la sua nemmeno esisterebbero se non fosse per le migrazioni e le guerre. Inoltre, tutto quel coinvolgimento delle masse mi pare la spiegazione più plausibile della fascinazione esercitata dal fascismo sul popolo.
La fine del bel rapporto di Isabella col padre, dovuto a cause di forza maggiore, non è meno triste né meno interessante del prodigarsi di suo fratello per una famiglia ebraica. Vicenda che resta ai margini, bene così perché le pagine hanno altro da dire, ma sottolinea ancora una volta la creazione di legami intimi e importanti nel dolore, unica, forse, conseguenza positiva che le guerre portano.
L’autrice si è ricordata di porre l’accento sul macello conseguito al cattivo equipaggiamento del nostro esercito e su vari altri aspetti della questione; ma anche delle specialità della terra di Sicilia, delle sue gioiose celebrazioni.
I legami personali smembrati in mille pezzi da anni di angosciose assenze, quando non dalle bombe, sono altrettanto faticosi da ricostruire, degli edifici crivellati nelle città buie, vicoli pregni di morte ormai sostituti dei teatri, dei giardini in cui Isabella organizzava i tè con amiche, atteggiandosi a nobildonna inglese dell’età vittoriana quando Matteo non sapeva che sarebbe caduto dal cielo qualcuno di molto simile a lui e soprattutto non si aspettava che un’altra guerra, considerata morale lo avrebbe attratto in seguito. Ma anche la resistenza è stata tutt’altro che morale ed edificante.
Penso che sia un libro che tutti possono apprezzare perché non passa di moda come argomento. Amore, storia e antropologia sono tutto ciò che serve per dar vita a un testo che esplora la ricerca personale di pace che alberga in ognuno.
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