Buongiorno follower, buon sabato!
Luca Bandini ha letto per noi "Trilogia della città di K." dell'autrice
Agota Kristof, edito Einaudi Editore.
Autore: Agota Kristof
Genere: Narrativa
Casa editrice: Einaudi Editore
Disponibile in ebook a € 8,99
E in formato cartaceo a € 13,30
TRAMA:
«Tutto ha inizio con due gemelli che una madre disperata è costretta ad affidare alla nonna, lontano da una grande città dove cadono le bombe e manca il cibo. Siamo in un paese dell’Est, ma né l’Ungheria né alcun luogo preciso vengono mai nominati. Un inizio folgorante che ci immette di colpo nel tempo atroce dell’ultima guerra raccontandolo come una metafora. La nonna è una “vecchia strega” sporca, avara e senza cuore e i due gemelli, indivisibili e intercambiabili quasi avessero un’anima sola, sono due piccoli maghi dalla prodigiosa intelligenza. Intorno a loro ruotano personaggi disegnati con pochi tratti scarni su uno sfondo di fame e di morte. Favola nera dove tutto è reso veloce ed essenziale da una scrittura limpida e asciutta che non lascia spazio alle divagazioni. Un avvenimento tira l’altro come se una mano misteriosa e ricca di sensualità li cavasse fuori dal cilindro di un prestigiatore crudele». (Rosetta Loy)
Il libro è diviso in tre parti. Narra dell’infanzia di due gemelli in un paese in guerra e del proseguo della loro vita fino alla vecchiaia, ai giorni nostri. La narrazione viene ripresa dai diversi punti di vista e intrecciata a quella fantasiosa di un quaderno in cui è descritta la loro vita. Per evitare spoiler sono costretto a tratteggiare la trama con pochi indizi e sconsiglio di cercarne troppi altrove, rovinerebbe l’artificio ideato dall’autrice.
Questo è prima di tutto un libro sul potere della scrittura, mezzo e fine totalizzante. Nutrita dall’esperienza, se ne affranca, divenendo testimonianza di un’esperienza autentica, libertà di essere e sentire anche le parti più oscure di se stessi, travalicare i vincoli sociali e i limiti della realtà. Tramite essa si può sublimare la frustrazione per l’amore impossibile con la sorellastra, ad esempio.
Non solo in senso positivo, però. Tirando in ballo Mann e una delle sue tematiche cardine, essa diventa malattia, uno sfogo patologico che arriva a sostituire la vita dopo essersi sovrapposto a essa. Se lo scrittore tedesco si riferiva all’arte con un’accezione nobile, la Krístóf intende la scrittura quale attività individuale, identificandola quasi con l’atto materiale del tracciare svolazzi su un foglio. O meglio, non fa differenza tra un diario personale senza ambizione e l’opera di un illustre poeta
Attraverso il rapporto scrittura-esperienza l’autrice fa un’opera di astrazione dei principi fondamentali dell’esistenza, utilizzando per tutta la prima parte un metodo favolistico, che via via penetra nella realtà senza variare fondamentalmente. L’universalità traspare anche nella scelta di celare i nomi delle città e i dettagli degli eventi. La vera distanza, che permette di definirla favola moderna solo stilisticamente, è la mancata affermazione di una morale da cui trarre un barlume di speranza. Infatti, la trilogia è un testo nerissimo, in cui affoga ogni rimando a una possibile salvezza. Se non il riscatto parziale, affidato a fogli scarabocchiati e all’immaginazione dei lettori.
Nessun commento:
Posta un commento