mercoledì 10 ottobre 2018

"ALL'OMBRA DELLA LUNA" di Mary Rotnan



Buongiorno follower!
Vi segnalo "All'ombra della luna", l'ultima pubblicazione dell'autrice Mary Rotnan. 


Autore: Mary Rotnan
Genere: Romance fantasy

Disponibile in ebook a € 2,99 

Trama: A causa di un esperimento sul DNA, Jason Long è in possesso di facoltà paranormali che lo rendono mutato dal genere umano. La sua condizione lo porta a vivere lontano dalla notorietà che la sua posizione sociale richiede. Ogni giorno combatte contro l'irrequietezza del suo status. Una notte vagabondando per le vie di New York, si troverà a dover salvare Elizabeth Wallard da un tentativo di violenza da parte di alcuni uomini.
 Questo atto gli cambierà radicalmente la vita e lo porterà a dover affrontare situazioni, sentimenti e sensazioni che si era vietato per anni. Dal momento in cui vede Liz, le incertezze di Jason si accentuano come la paura del rifiuto. Così cerca di tenere lontano da sé l'unica donna che gli ha catturato il cuore.

Elizabeth Carson Wallard non conosce il suo salvatore, ha solo un vago ricordo di quella esecrabile serata e alcune cicatrici che gliela ricordano, ma nella sua mente è rimasta viva la forza e la protezione dell’uomo che l’ha strappata dall'inaudita violenza. 
  
Riuscirà l’amore della giovane donna a portare Jason a vivere pienamente un sentimento che lui stesso con forza si è  precluso?




BIOGRAFIA:

Mary Rotnan è il pen name di un'autrice italiana che è vissuta per diversi anni a Roma.
Nel 2018 ha pubblicato in self sulla piattaforma Amazon: Oltre i limiti, Infiltrato per amore e All’ombra della Luna.

È stata titolare di una videoteca, di un bar e successivamente ha lavorato come grafica in uno studio di creazioni siti web. 
Ha viaggiato molto, specie negli Stati Uniti dove ha molti amici.
Le sue passioni sono la fotografia, la lettura, il cinema, l'informatica e naturalmente i viaggi.






BREVE ESTRATTO:

“Non può essere successo a me!” fu il primo pensiero di Elizabeth Carson Wallard quando, con il solo occhio sinistro aperto, si guardò con orrore la mano destra fasciata e la gamba destra ingessa a causa di una frattura. Sentiva un dolore atroce al seno e non aveva il coraggio di guardare quello che, il branco di animali sotto le mentite spoglie di amici e colleghi, le avevano fatto. 
Con la mente tornò a quel momento, ricordò di essersi recata a una festa di compleanno organizzata da un collega dell’ufficio marketing, dove anche lei lavorava. Lei era un semplice impiegata della Maxil Incda due anni; una società attiva in vari settori tra cui parti di armamenti per l’esercito americano. L’avevano assunta l’ultimo anno di università, grazie ai suoi voti molti alti e successivamente una laurea con lode.
Era riuscita a fare amicizia con qualche collega e aveva tentato di ampliare le conoscenze con gli altri impiegati della sua sezione; la situazione era cambiata quando aveva rifiutato le pesanti avance del suo collega Adam Wilcox, il quale aveva ribaltato la situazione a suo favore e quasi tutto il reparto si era schierato contro di lei appoggiando le infime insinuazioni del collega più scafato. 
Aveva continuato a lavorare a testa alta, senza vergognarsi, ben sapendo quale fosse la verità. Non aveva sporto denuncia all’ufficio sicurezza dell’azienda, per evitare di essere ulteriormente additata. La sua intenzione era quella di fare una richiesta informale per cambiare sezione, poco prima che succedesse l'aggressione.
Ripensò con disperazione all’episodio; quando era arrivata l’atmosfera si era fatta leggermente tesa, ma la ragazza aveva dato la colpa al fatto che molti dei suoi colleghi dovevano abituarsi al nuovo atteggiamento amichevole che Wilcox aveva intrapreso verso di lei. La festa era in pieno svolgimento quando era entrata nel locale in cui avevano organizzato l’evento e, a parte un momentaneo imbarazzo, era chiaro per tutti che Liz aveva apprezzato l'invito. Forse c’era una nuova apertura verso di lei, forse avevano compreso l'errore e sicuramente la ragazza avrebbe soprasseduto a qualsiasi mancanza che avevano avuto nei suoi confronti, ma le cose erano precipitate due ore dopo. 
La musica era alta, erano tutti presi a divertirsi e sballarsi con qualche sostanza che circolava da qualche ora. Per parlare con qualcuno, Liz aveva dovuto urlare, ma si stava divertendo. Erano anni che non le succedeva, da quando si era ritrovata da ricca ereditiera a semplice impiegata. Aveva pensato che lasciare il protetto mondo dei Wallard e di farsi strada da sola, senza l’aiuto del suo cognome, fosse la cosa più giusta per dimostrare le sue vere qualità. 
A New York il cognome Carson Wallard era sinonimo di ricchezza data dagli hotel di famiglia sparsi in tutto il mondo e che suo padre aveva reso esclusivi per la loro eleganza, c'erano poi le altre aziende che suo fratello abilmente aveva creato, rilevato e convogliato sotto il prestigioso marchio. 
Prima di andarsene da WallHouse, si era tagliata i bellissimi capelli biondi e li aveva tinti, mortificandosi nell'aspetto; non aveva voluto che la riconoscessero per la famosa ereditiera quale era. Voleva provare a dimostrare a se stessa, ma anche ai suoi genitori e a Steven che era in grado di cavarsela nel mondo “normale”. Per il momento non voleva entrare a far parte della compagnia di famiglia, anche se sapeva che prima o poi avrebbe dovuto prendere possesso dell’ufficio preposto per lei. 

Qualche sera prima, tutta la sua indipendenza era crollata come un castello di carte. Era stata una stupida a fidarsi di Wilcox e del suo entourage, era stata attirata in una trappola. Il medico le aveva detto che era stata fortunata. Un uomo, che aveva voluto rimanere anonimo, l’aveva salvata dall’assalto del collega aiutato e incitato da altri due uomini. 
Con la scusa di parlarle, per riprendere l’amicizia e per lavorare in serenità, l’aveva attirata in un salottino del locale. Il divertimento e la moltitudine di persone avevano coperto la sparizione di loro due. Quando era entrata nella stanza indicata e aveva visto gli altri due amici del collega, aveva capito subito che stava per succedere qualcosa di spiacevole. Aveva cercato di andarsene, ma Wilcox aveva chiuso la porta a chiave e l’aveva presa a sberle facendola cadere a terra tra le risate di scherno degli altri.
«Tu, stupida ragazzina, hai avuto la faccia tosta di rifiutare le mie attenzioni, di scartarmi come se fossi nessuno!» le aveva urlato in faccia, il suo alito era impregnato di alcool. I suoi compari ubriachi, continuavano a ridere facendo pesanti apprezzamenti, fino a quando non si era sentita prendere con forza per i capelli e gettare sul pavimento, dove i tre si erano avventati su di lei prendendola a sberle e pugni. Liz aveva cercato di difendersi, ma inutilmente. Erano troppo ubriachi e troppo forti per lei. 
A un certo punto mentre urlava e cercava di sfuggire dall’aggressione, aveva sentito cedere la stoffa della camicetta seguito dal rumore dello strappo del reggiseno e le lampo dei jeans che scendevano. Aveva continuato a calciare tentando di picchiarli, ma uno dei tre le aveva bloccato le braccia dietro la schiena talmente forte che aveva sentito l’osso spezzarsi. Wilcox, con la patta aperta, aveva recuperato il collo della bottiglia di birra che gli era caduta nella lotta e gliela aveva passata con forza sul petto lacerandole la pelle. «Ecco che cosa succede alle ragazze che mi rendono lo zimbello del reparto!» aveva grugnito. 
Il dolore di tutto quello che le stavano facendo era stato insopportabile ed era quasi svenuta, non prima di aver percepito un cambiamento nella stanza, uno strano ringhio animale e poi un calore confortante, ma i suoi ricordi finivano lì. 
Quando era rinvenuta, si era ritrovata in ospedale. 
I genitori di Liz erano accorsi appena la struttura sanitaria li aveva contattati e visto il cognome che portava, i medici avevano optato per ricoverarla in una zona riservata, in modo che la stampa non venisse a sapere cosa le era successo. 
Quando aveva aperto, per la prima volta, l’occhio sano aveva visto lo sguardo stravolto di sua madre e il tormento negli occhi del padre. Suo fratello era in disparte, chiuso nel suo mutismo, ma poteva percepire la rabbia che covava. Si era sentita in difetto, i suoi familiari l’avevano assicurata che non era colpa sua per quello che era successo e che i responsabili erano stati arrestati. In un momento in cui erano rimaste solo Elizabeth e sua madre aveva trovato il coraggio di chiedere cosa era successo. 
«Mamma…» aveva mormorato. Doveva sapere, ma non riusciva a dirlo. «Sono stata…»
Con le lacrime agli occhi la madre le aveva sorriso. «No, bambina mia. Chi ti ha salvato è arrivato prima che potessero fare quello.» L’aveva rassicurata prendendole una mano. Quelle parole l’avevano un po’ rilassata e si era riaddormentata. 




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