Buongiorno follower, buon inizio settimana!
Io spero sempre che sia buono, ma la verità è che il lunedì è sempre traumatico... Per fortuna, a tirarci su il morale ci pensano i nostri amati libri. In uscita oggi "Christmas on the road. Amore in autostrada" dell'autrice Laura Pellegrini.
Autore: Laura Pellegrini
Genere: Romance
Disponibile in ebook a € 0,99
Pagina autore: Laura Pellegrini Autrice
TRAMA:
Vi siete mai ritrovate di notte lungo l’autostrada, con la macchina in panne, mentre fuori fa un freddo che si gela e il vostro unico soccorritore è un camionista che pare uscito dalla teoria sull'evoluzione di Darwin? Una storia assurda, mi direte, una di quelle che se la racconti non ci crede nessuno. E vi do ragione, eppure, a me è successo e a poco meno di due giorni dal Natale. E la cosa bella di tutta questa faccenda è che quel camionista, ovvero l’anello mancante, o per meglio dire il signor Cesare, come si fa chiamare lui, è l’esatto esempio di uomo che nessuna donna vorrebbe trovarsi davanti. Non di notte almeno, o forse sì… Occhi neri, capelli lunghi fino alle spalle, barba che pare incolta, immancabile camicia a scacchi. Penserete che vi stia parlando del solito stereotipo di uomo rude, ma la cosa qui si fa complessa. Perché? Be’, sedetevi, fatevi preparare una bella tazza di tè, al resto ci penso io.
Mi chiamo Sabina Diodati Morelli, sono una manager, vivo a Milano e sulla A1 direzione Firenze, una notte, ho incontrato lui.
BIOGRAFIA:
Sono nata un giorno di inverno nel 1977 e forse proprio per questo adoro il freddo pungente e le mattine di gennaio.
All'età di sei anni, osservando una ragazza che dipingeva una tela con delle tempere, rimasi folgorata, tanto da correre da mia madre per comunicarle cosa avrei fatto nella vita. Mia madre, dal canto suo, non si sorprese affatto, poiché lei stessa, lavorando nel mondo dell’arte mi portava con sé nei musei. Il mio gioco preferito, infatti, era quello di correre nei lunghi corridoi pieni di quadri e giocare a nascondino con i restauratori. Ho studiato arte sia a liceo che all'università, ma benché me la cavassi abbastanza bene, non sono diventata un’artista.
Non mi sono mai specializzata in un linguaggio ben preciso. Ho sempre lasciato che i miei pensieri si esprimessero attraverso strumenti diversi, come la fotografia, la decorazione e la scrittura. Tra tutte però, scrivere mi ha sempre dato maggior soddisfazione. Ho scritto tante poesie che raccoglievo in un blog e, successivamente, in un sito tenuto da diversi autori. Quando mi sono cimentata nella prima stesura, è nato tutto quasi per gioco, parlando con una mia amica. Da lì la mia mente ha cominciato a partorire quello che sarebbe stato il mio primo romanzo.
Oggi sono una mamma e una donna che lavora nel settore delle comunicazioni e nonostante gli impegni quotidiani, attraverso la bellezza di una musica o di un quadro o la trama di un libro, analizzo me stessa, e cerco ciò che in fondo cercano tutti, la mia essenza.
DICE L’AUTRICE:
Una curiosità. Il racconto è nato per la volontà di una mia amica di avere una storia che fosse scritta da me con Momoa come personaggio. Così mi sono chiesta chi potesse interpretare uno come lui. È venuto fuori Cesare, un camionista romano che tifa la Roma è che gira l’Italia con un camion tutto nero.
BREVE ESTRATTO:
«Allora? Ha capito?» domando, ma lui non risponde. «Ha capito che ha la macchina?» insisto, sporgendomi leggermente verso di lui. Ma continua il suo silenzio così come la sua intenzione di ignorarmi. Sbuffo e saltellando su un piede, perché in mano ho ancora l’altra scarpa pronta a infilzarlo se dovesse servire, mi affianco a lui.
«Ha capito?» quasi urlo.
«Aho! Ma che te sei fatta con l’acqua dei gnocchi? Che te urli? Qui dormono!» mi rimbecca. «Poi che ce stai a fa’ con la scarpa in mano, scusa?» domanda. Mi schiarisco la voce e cerco una parvenza di dignità pur non trovandone nemmeno il barlume.
«Servirebbe a infilzarla nel caso…»
«Ne caso?»
«Be’…»
Socchiude gli occhi e mi scruta torvo.
«No, ma, m’hai visto?»
«In che senso, scusi?»
«Nel senso che te sei resa conto, sì, che se volevo co’ quer tacchetto ce facevi ben poco.»
«Lei è un insolente e maleducato!»
«E tu ‘na cretina, scusa. Ma che te pensavi de facce co’ la scarpa?»
«Ha capito cosa ha la mia macchina?» ribatto gonfiando il petto e ignorando volutamente il cretina.
«Sì, ho capito e sei fregata.»
«Come, scusi?»
«Che da qui, se nun so du’ giorni, te non riparti.»
«Lei è impazzito, mi lasci controllare!» sbotto, piegandomi in avanti sul motore alla ricerca di non so nemmeno io cosa. Non capisco nulla di motori. «A me sembra tutto a posto» rantolo sollevandomi e trovandomelo davanti improvvisamente vicino.
«La cinghia dei servizi» dice lui, un sorriso baldanzoso sulle labbra.
«Certo, la cintola dei servizi» ribatto sicura di me come se sapessi di che diamine sto parlando.
«Cinghia» puntualizza lui.
«Non faccia il puntiglioso con me.»
«La cintola è un’altra cosa» ribatte.
Sbuffo.
Lui risponde con un ghigno.
Io gli lancio un’occhiataccia e lui mi mette una mano sul fianco.
«La cintola è questa» dice e stringe, stringe e fa un passo verso di me. «Il probblema sta che tu non usi il grazie e manco il per favore. Il probblema, oltre alla cinghia che s’è rotta e non carica l’alternatore, è che stai a piedi, che c’hai freddo e magari fame, ma se non usi quelle due paroline, so cazzi, principe’.»
«So cazzi» ripeto in un mormorio.
«Già. Quindi te conviene dille.»
«Ma sa, io non ho né freddo né fame. Credo che lei si sia fatto un’idea del tutto sbagliata della situazione.»
«Ah sì?»
«Sì.»
«Bene, allora me ne vado a dormì» mi dice addosso, con la mano ancora ferma su di me.
«Anche io, cosa crede?»
«Sì, ma io c’ho il letto e il riscaldamento e molte altre cose interessanti. Te? Ma famme er piacere…» mi sfotte. Si fa una bella risata senza preoccuparsi minimamente che io sia qui davanti a lui e poi torna a fissarmi.
«Vabbè, s’è fatto tardi.» Si sta per allontanare quando mi affretto a parlare.
«Se dicessi… quelle due parole, che accadrebbe?»
«Oh, molte cose.»
«Ma io nemmeno la conosco, come faccio a…»
«Fidarti di me?»
«Sì.»
«A principe’, pensi che co' 'sta mano non t’avrei già accartocciato come me pare? Io so' Cesare, mica un balordo.»
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