Buon pomeriggio amici lettori!
Vi segnalo "Requiem", romanzo d'esordio dell'autore Marco Antonio Abbagnara.
Titolo: Requiem
Autore: Marco Antonio Abbagnara
Genere: Thriller
Casa editrice: PlaceBook
Collana: I noir
Disponibile in ebook a € 4,90
E in formato cartaceo a € 17,68
Pagina autore: Marco Abbagnara Autore
TRAMA:
Qual è il confine tra il bene e il male?
A New York spariscono degli uomini, violenti e vendicativi. Perché? Chi li ha presi? Che fine hanno fatto?
La bellissima Contessa Lucrezia Montecadì, magnate dell’arte e imprenditrice di successo a livello internazionale, si adopera per salvare vite umane attraverso la sua industria farmaceutica, la Radesa. Fonda un’associazione no-profit per donne maltrattate, le fa difendere in tribunale, le sostiene economicamente e le aiuta e reinserirsi nella cosiddetta vita normale. Una vera benefattrice. Ma cosa nasconde nel suo container giallo?
BIOGRAFIA:
Marco Abbagnara nasce a Catania nel 1966.
Curatore d'arte e pittore, ha prodotto, insieme a un team, la sceneggiatura di una serie di fantascienza: “Savior”.
Vive a Gallarate Varese
DICE L’AUTORE:
Viaggio spesso per il mondo per lavoro e quando ho un po’ di tempo libero parto per la necessità di conoscere me stesso attraverso i miei viaggi. Non smetto mai di meravigliarmi su ciò che il pianeta ha da offrirmi è così adrenalinico!
Rivedere dal vivo dei luoghi che spesso mi hanno fatto appassionare davanti alla tv la trovo una cosa molto interessante. Sono stato tante volte a New York, a Napoli e a Londra e tutte le volte che cammino sulle strade di queste città, una fucina di immagini entra dentro la mia mente dove un frullato di etnie e di situazioni sorprendenti nutrono i miei pensieri, dove il tutto sembra enorme e quasi finto quasi onirico, quando in realtà il tutto è reale e tangibile.
L'Arte come la buona musica, per me, è essenziale, è cercare Dio, sono anticipazioni di futuro che intravedo visitando mostre e leggendo i testi dei cantanti e ascoltando musica classica.
Tutti i miei personaggi rispecchiano persone che ho incontrato e che hanno influenzato i miei racconti con le loro forti personalità.
Il mio libro racconta sogni e debolezze del genere umano, bagnati dalla crudeltà spietata della società odierna. Credo che per scrivere libri thriller bisogna avere una scheggia di ghiaccio nel cuore, un DNA di scrittura che sappia uscire da schemi di vita fin troppo bilanciati, che faccia emergere la rabbia dentro di sé. Potrebbe definirsi terapeutico! C’è una voce interna che si annida in ognuno di noi, una voce potente, sinuosa, che ci sussurra nel buio, che si rivolge a noi con parole chiare, terribili e inaspettate.
Oggi i serial killer sono diventati una delle più potenti icone della cultura americana, qualcosa che ripugna, ma attrae allo stesso tempo. Le storie e le immagini con le quali vengono descritti gli omicidi seriali, sia reali che di fantasia, sono indicatori importanti della cultura di riferimento, dei valori, dei desideri e delle angosce.
Ho scelto tre autori che mi hanno colpito nel leggerli: Edgar Allan Poe, Stephen King e lo sceneggiatore George Andrew Romero.
Di serial killer ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno. Negli ultimi tempi se ne sente parlare così di frequente. Certamente gli imperatori Nerone e Caligola erano degli assassini seriali in piena regola, uccidevano per il solo gusto di sperimentare nuove emozioni, quando erano annoiati dalla monotonia della vita quotidiana, ma in molti oggi c'è un effetto scatenante che riguarda il loro passato che si affaccia prepotentemente nel presente influenzando per sempre il loro futuro.
BREVE ESTRATTO:
New York
Odio le sirene delle ambulanze la mattina presto, a volte è così forte che il tremolio dei vetri mi dà un fastidio enorme. Ascolto il suo respiro regolare al mio fianco e lo guardo con tenerezza. Mi alzo senza fare rumore e arrivo alla finestra della cucina, guardo con tenerezza la piantina di basilico appoggiata sul davanzale, accarezzo con delicatezza le sue foglie verdi e avvicinandomi le annuso sfiorando con il naso le foglie dal profumo fresco, speziato e pungente.
Mi ritornano in mente i miei trascorsi giovanili in Italia, con mia madre, a Posillipo, guardo la piantina attentamente e le dico: «Non so chi abbia più necessità di sole… io o tu!»
Le sorrido, per un attimo mi guardo allo specchio e guardando il cielo cerco un raggio di sole che colpisca il mio viso. Giro a piedi nudi in casa ascoltando attentamente quel tipico scricchiolio e sento il mio corpo comincia a rilassarsi sopra il fresco del legno di noce sotto i miei piedi. Adoro quella la sensazione che si
trasferisce direttamente nel mio cervello, guardo il parquet e mi perdo nelle sue bellissime venature in contrasto. Bisogna seguire i segni di nostra madre Natura per capire che ognuno ha delle proprie venature e inclinazioni naturali che bisogna assolutamente seguire, servire. Bevo lentamente il cappuccino e inizio a
seguire con attenzione le ultime news sul meteo trasmesse da FOX 5 New York News Live.
Do un ultimo sguardo alla TV ed un’ennesima autoambulanza sfreccia sulla strada.
Penso che a New York il rumore delle sirene è davvero assordante e lo si sente in continuazione, giorno e notte, alla stessa intensità, ma si può tutto il santo giorno? L’esasperazione del rumore genera follia anche nelle persone sane di mente.
Finisco con avidità il mio cappuccio, con una generosa spolverata di cannella ed un cucchiaio di miele di manuka e inizio a dare il nutrimento alle mie meduse, le mie tre vespe di mare che nuotano lentamente ipnotizzando il mio sguardo sull’enorme acquario Kreisel.
Finito il mio rito quotidiano, m’incammino lentamente con la tazza in mano per la casa guardando le fotografie in bianco e nero di Pavarotti accanto a me e mia mamma, sorridenti, fino a quando ritorno in camera da letto. Il mio sguardo si sofferma concentrandosi sul quadro di Basquiat appeso alla parete.
Sospirò: “Cristo se mi è costato!”
Ho dovuto faticare molto all’asta di Christiès contro quello sbruffone dell’Emiro che lo voleva appendere sul suo mega Yacht ormeggiato a Dubai, lo sfrontato si era messo proprio di traverso tra me e il mio Basquiat.
Tocco gentilmente i suoi colori e ne seguo le linee quando la mia attenzione si attesta su un ricordo indelebile, scolpito nell’anima, la collana in oro bianco con un grosso diamante blu chiaro poggiata sul comodino. La prendo in mano la indosso e la mia mente si protrae oltre il confine dei miei ricordi.
«Basquiat è di New York e resta a New York» gli dissi incrociando i miei occhi con i suoi. L’Emiro non si fece intimidire e mi si avvicinò sorridendomi, con gesto gentile e fermo. Con tono di voce persuadente e con occhi penetranti e neri mi disse: «As-salàmu Aalay-kum1»
«Wa Aalay-kum As-salàm2»
La risposta in lingua araba intercorse positivamente e disorientandolo non poco.
Fece breccia nel suo cuore.
Si sedette a fianco a me: «Non posso più comprare il quadro, i suoi occhi non me lo permettono, ma
potrei invitarla a cena per compensare il mio mancato acquisto. Il mio nome è Moḥammad bin Jassim»
Mi prese la mano destra, sorridendomi, per un baciamano e con occhi fermi e languidi mi invitò al Ristorante Eleven Madison Park. La cena fu piacevole, tra un’anatra glassata al miele e lavanda e cheesecake con caviale. Le fitte conversazioni in arabo furono accompagnate da un ottimo Romanee Saint Vivant Grand Cru 2015, che bevvi solo io. Essendo un musulmano credente non poteva consumare alcol, si lasciò però attrarre dalle mie lusinghe. Finimmo la serata sotto le lenzuola di seta nera nella sua penthouse al Chrysler Building dove notai, appesi in sequenza dentro un ampio salone, alcuni quadri di Bacon che avevo visto solo nei testi di qualche libro d’arte.
Il giorno dopo il Basquiat fu appeso di fronte al mio letto.
Quei colori così forti, la sfrontatezza e incoscienza si fondevano in percezioni quasi psichedeliche, mi dava quel senso di carica che ci voleva la mattina presto.
“Però pensandoci bene mi sa tanto che il prossimo mese, un altro salto da Christiès lo vado a fare per dare un’occhiata. C’è un Dubuffet davvero intrigante nel catalogo”
La musica di Ennio Morricone, “Metti una sera a cena”, suonò dolcemente.
Ore 6:10… la sveglia del telefonino mi dava il buongiorno.
“Devo far presto, presto”... guardandosi, con aria assonnata, nell’enorme specchio dalla grossa cornice bianca appoggiato sul pavimento.
Indossai una tuta nera, i fantasmini neri dell’Adidas, calzai le mie nuove scarpe
1La pace sia con te
2La pace sia anche con te nere di Mizuno, prese il giorno prima in un negozio sulla Broadway. Le guardai
un’ultima volta, le capovolsi, guardai le sfumature di rosa blu e nero e annusai quel profumo di gomma nuova.
“Però, se non ricordo male, la ragazza di Dallas che me le ha proposte non era proprio male, aveva un qualcosa di attraente, mi sa tanto tornerò a farle visita”.
Sul pavimento, degli slip neri…
Gli occhi di mio padre su di me, le sue mani decise sul mio corpo che partono dall’elastico dei miei slip. Sento il suo odore nauseabondo di vino, sudore e profumo di colonia speziata avvicinarsi sempre di più. Ora è a pochi centimetri dal mio viso, giro la testa per non vedere e avverto il calore, sento le sue ritmiche pulsazioni del suo cuore aumentare vertiginosamente, i suoi occhi azzurri così ipnotici che mi fissano con lussuria. Entra nel il mio corpo e fisso la croce della collana d’oro che si agita sopra i miei occhi, guardo il corpo di Gesù color oro che dondola sopra di me, non lo perdo d’occhio. Sento il Male che entra nel mio corpo, mentalmente chiedo aiuto a Lui… Dio… Dio… aiutami, fa che finisca presto. Per un attimo prego che quel corpo viscido, peloso e pesante, scompaia all’istante, che venga inghiottito all’inferno, bruciando vivo davanti ai miei occhi, stringo i pugni e afferro le lenzuola fino a farmi male, sento che le unghie entrano nella mia carne.
Lo vedo ancora a distanza ancor più ravvicinata senza perderlo d’occhio.
La Croce, io e un Gesù scintillante, focalizzo ancor più il suo sguardo, misericordioso e celestiale, che lampeggiava dai suoi occhi dai riflessi d’oro.
Adesso ci guardiamo, il suo sguardo riempie la mia mente, mi tranquillizza, non sento niente sono come immersa in un liquido amniotico, galleggio dentro la pancia di mia madre, sospesa nel tempo e nello spazio non sento più nulla, non sono più nulla.
So che i suoi occhi vorrebbero dirmi qualcosa, cerco di parlargli ma sono come paralizzata, non riesco più a muovermi dalla paura.
“Basta papà, bastardo, basta, mi fai male, non voglio giocare più con te!”
Fiiiiiiiiii. Sobbalzò aprendo gli occhi, la macchinetta in cucina fischiava… un altro caffè in arrivo. La guardo sorridendo, assomigliava ad una grande bomba a timer color bronzo, di quelle che si vedono nei film d’azione. Si sedette sul davanzale della finestra e guardò attentamente la vita sotto di lei che si riavviava
tutti i santi giorni, frenetica e distruttiva. Si sbucciò una banana e la mangiò velocemente mentre scendeva con l’ascensore.
Partì per il suo solito giro di running da Amsterdam Avenue a Central Park.
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