venerdì 3 gennaio 2020

"NON SMETTERE DI CERCARMI" di Giulia Rizzi



Buongiorno follower, buon venerdì!
Vi segnalo "Non smettere di cercarmi" dell'autrice Giulia Rizzi 😊




Autore: Giulia Rizzi


Genere: Romance contemporaneo

Disponibile in ebook al prezzo lancio di € 0,99

Contatto Facebook: Giulia Rizzi 



TRAMA:

Nina ha diciassette anni quando incontra il piccolo Jake, un ragazzino timido e impacciato, cresciuto senza amici, all'ombra di un padre autoritario. Lei invece si sente già grande, col sangue latino che le brucia nelle vene, la voglia di scappare da una città che le va stretta e la storia d'amore con Angel, appassionata e logorante come solo il primo amore può essere.
Nonostante l'età e le mille differenze a dividerli, tra Nina e Jake nasce un'amicizia tanto improbabile quanto sincera, che profuma ancora di un'infanzia alla quale sono stati strappati troppo presto.
Le circostanze della vita arrivano a separarli, ma solo per farli rincontrare di nuovo sei anni dopo.
Jake è tornato in città, a Grangeville, ed è cresciuto. Del bambino introverso di un tempo sono rimasti solo i grandi occhi blu, pronti a illuminarsi di gioia non appena riconoscono l'amica. Anche Nina è cambiata, ha provato sulla propria pelle quanto possano costare gli errori, e ora è decisa a concentrarsi sulla sua carriera di giornalista, senza alcuna interferenza, nemmeno se la distrazione principale è anche l'unica cosa che la trattiene a Grangeville.

Lasciatevi avvolgere dalle atmosfere del South Texas.
Nina e Jake vi aspettano a Grangeville per raccontarvi la loro storia.



NOTE AUTORE:

Appassionata lettrice e imbrattacarte per passione, con “Non smettere di cercarmi” ho abbandonato Verona e i toni frizzanti dei chick-lit per passare all'atmosfera del South Texas, con un romance contemporaneo che spero vi emozionerà.
Negli ultimi anni ho pubblicato “Un amore firmato Louboutin” e “Book Lovers. Le vie dei sogni sono infinite”, i romanzi autoconclusivi della serie “Innamorarsi a Verona”.         



DICE L’AUTRICE:

È il primo romanzo in cui affronto i sentimenti senza nasconderli dietro all'ironia e alla leggerezza dei chick-lit

Ho deciso di ambientarlo nel Sud del Texas, ispirandomi alla città di La Grange, che esiste veramente. Anche i nomi dei locali citati e la libreria esistono per davvero.

Una cara amica di origini messicane (come la protagonista femminile della storia) mi ha istruita sulle usanze della sua terra e ora sogno un viaggio in Messico!

L'idea di partenza è stata la voglia di rompere qualcuno dei cliché tipici delle commedie rosa, che comunque continuo a adorare, e osare. A partire dall'età dei protagonisti, dato che Nina è più grande di Jake di sei anni.   






BREVE ESTRATTO:

Logan aprì bocca per replicare, senza dubbio a tono, ma il suo sguardo fu catturato da qualcosa alle mie spalle, proprio nel momento in cui una voce un po' impacciata mi sorprese.
«Ehm... scusa...» balbettò.
Mi voltai trovandomi davanti un ragazzo piuttosto alto, con addosso la felpa dei Leopards.
«Sì?»
«Nina?» fece lui mentre il suo tono riacquistava sicurezza.
«Ci conosciamo?» domandai confusa.
«Nina, accidenti! Sono io!» esclamò allora con gli occhi che gli brillavano di felicità.
Come diavolo facevo a non ricordarmi di una persona che sembrava così felice di vedermi?
A meno che non si trattasse di uno scherzo.
Lanciai un'occhiata verso quelli che immaginai essere i suoi amici, il resto della squadra a giudicare dai colori che indossavano, ma nessuno di loro ci stava guardando. Mi voltai verso Logan, che osservava il nuovo arrivato con le braccia incrociate sul petto e l'aria vagamente seccata.
«Mi dispiace, credo ci sia un errore.» balbettai tornando al ragazzo che mi sorrideva.
Per tutta risposta lui mi afferrò la mano destra tirandola verso di sé mentre mi sventolava la sua sotto il naso. D'istinto arretrai di un passo, mettendo a fuoco il disegno sull'indice fermo a un soffio dal mio viso: un piccolo teschio stilizzato.
«Santo cielo, non posso crederci.» esclamai stringendo le dita attorno alla mano che ricordavo piccola e appiccicosa di caramelle «Jake!»
Fu come se, all'improvviso, avessi potuto riconoscere ogni insignificante particolare che mi era sfuggito: il colore dei suoi occhi, un blu tanto profondo da ricordare il mare più profondo di Cancun, la pelle chiara segnata dalla piccola cicatrice al centro della fronte, il naso dritto e il sorriso che sembrava partire dal cuore per arrivare a illuminargli lo sguardo.
Mi ritrovai stretta nel suo abbraccio, le narici piene del profumo che avevo respirato nella casa dei Collins, che sentivo addosso alle magliette troppo larghe e ai suoi capelli, perennemente scompigliati.
«Non ti avevo riconosciuta con questo nuovo taglio, e poi, allora, portavi sempre la treccia.» si giustificò, come fosse stato l'unico cambiamento evidente da sei anni a questa parte «Quando sei tornata?»
«Quando sei tornato tu, se mai.» risposi sciogliendomi dalla sua stretta.
Jake si scostò, ma continuò a tenermi la mano nonostante lo sguardo di Logan si fosse fatto pesante.
«Da circa un anno, ormai. Mio padre è stato congedato, quindi...» alzò le spalle con noncuranza «E tu? Stai festeggiando il rientro, quindi?»
«Sì, ho concluso un master pochi giorni fa. Ho studiato giornalismo a Houston, poi ho lasciato Grangeville per una borsa di studio a Abilene.» risposi senza riuscire a smettere di guardarlo.
«Mi trovi diverso?» rise imbarazzato rendendosi conto del modo in cui lo fissavo; si voltò verso Logan, quasi cercasse la solidarietà di un altro ragazzo, ma lui non replicò.
«Scusami, non volevo metterti a disagio. È solo che ti ho lasciato che eri un bambinetto e ora sei... così.» Jake si comportava come fossero passate giusto un paio di settimane dal nostro ultimo incontro, mentre io mi sentivo impacciata come non mai «Credo che nella mia testa tu abbia ancora undici anni.»
«Ne ho diciotto, quasi. Li compirò tra qualche mese.»
«Non ditemi che questo è il piccolo Jacob.» Victoria apparve accanto a lui seguita da Cierra «Ti ho notato in città, molte volte, ma non ho mai pensato fossi tu.»
Lui la guardò per un momento, come stesse riflettendo.
«Scusami, non ricordo proprio il tuo nome. Non ci siamo incontrati spesso, vero?» chiese rivolgendomi un'occhiata in cerca di conferma.
«Giusto un paio di volte.» annuii.
In realtà, all'epoca, sembrava piuttosto preso da Vicky e avevo avuto l'impressione, fin dal loro primo incontro, che avesse un debole per lei. Una specie di cotta infantile. Dopotutto quale ragazzo a Grangeville non avrebbe avuto una cotta per lei?
Cierra lo salutò e Jake si congratulò anche con lei.
«Ho visto gli striscioni.» indicò le decorazioni che affollavano l'area a nostra disposizione, tra le quali troneggiava un drappo coi nostri nomi.            
«Giochi a basket?» domandò Vicky riferendosi allo stemma della squadra impresso sulla sua felpa.
«Sì. Hai visto, Nina?» mi guardò con gli occhi che brillavano di orgoglio e, in un istante, lo rividi bambino «È stata lei a insegnarmi a fare i primi tiri a canestro.» precisò senza rivolgersi a nessuno in particolare, ma come tenesse a farlo sapere a tutti.
Gli sorrisi, rendendomi poi conto che avevo ancora la mano stretta nella sua, così mi ritrassi fingendo di voler sistemare i capelli dietro alle orecchie.
«Sono felice di averti insegnato qualcosa di utile. Sono stata una buona baby-sitter, dopotutto.» replicai con leggerezza, ma non potei fare a meno di chiedermi quanto sapesse del motivo per cui avevo smesso di frequentare la sua casa.
«La migliore.» dichiarò semplicemente.
Un paio delle ragazze sedute al bancone lo chiamarono e un compagno di squadra agitò la mano attirando la sua attenzione.
«Vai pure, i tuoi amici ti aspettano.» gli dissi controllando l'ora.
Era passata da poco l'una, probabilmente la famiglia Collins non contemplava il coprifuoco. O forse Jake era diventato insubordinato? L'idea del comandante impegnato a destreggiarsi con un adolescente ribelle era piuttosto divertente.
«Sono contento di averti incontrata, Nina. E anche voi, ovvio.» aggiunse guardando Cierra e Vicky.
Fece per andarsene, ma dopo qualche passo si voltò di nuovo.
«Vi va di venire alla partita, sabato pomeriggio?» lo chiese a tutti, ma i suoi occhi erano fissi su di me, speranzosi come quando mi supplicava perché lo lasciassi scegliere un'altra volta quale film vedere. E, neanche a dirlo, finivamo sempre davanti a “The karate kid”.
«Certo!» rispose Vicky per me.
«Fantastico. Alle cinque alla palestra della Lincoln, allora.»
Ci salutò un'ultima volta, prima di raggiungere i suoi amici... 





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