Buongiorno follower, buon venerdì!
Vi segnalo "Non smettere di cercarmi" dell'autrice Giulia Rizzi 😊
Titolo: Non smettere di cercarmi
Autore: Giulia Rizzi
Genere: Romance contemporaneo
Disponibile in ebook al prezzo lancio di € 0,99
Contatto Facebook: Giulia Rizzi
TRAMA:
Nina ha diciassette anni quando incontra il piccolo Jake, un
ragazzino timido e impacciato, cresciuto senza amici, all'ombra di un padre
autoritario. Lei invece si sente già grande, col sangue latino che le brucia
nelle vene, la voglia di scappare da una città che le va stretta e la storia
d'amore con Angel, appassionata e logorante come solo il primo amore può
essere.
Nonostante l'età e le mille differenze a dividerli, tra Nina
e Jake nasce un'amicizia tanto improbabile quanto sincera, che profuma ancora
di un'infanzia alla quale sono stati strappati troppo presto.
Le circostanze della vita arrivano a separarli, ma solo per
farli rincontrare di nuovo sei anni dopo.
Jake è tornato in città, a Grangeville, ed è cresciuto. Del
bambino introverso di un tempo sono rimasti solo i grandi occhi blu, pronti a
illuminarsi di gioia non appena riconoscono l'amica. Anche Nina è cambiata, ha
provato sulla propria pelle quanto possano costare gli errori, e ora è decisa a
concentrarsi sulla sua carriera di giornalista, senza alcuna interferenza,
nemmeno se la distrazione principale è anche l'unica cosa che la trattiene a
Grangeville.
Lasciatevi avvolgere dalle atmosfere del South Texas.
Nina e Jake vi aspettano a Grangeville per raccontarvi la
loro storia.
NOTE AUTORE:
Appassionata lettrice e imbrattacarte per passione, con “Non
smettere di cercarmi” ho abbandonato Verona e i toni frizzanti dei chick-lit
per passare all'atmosfera del South Texas, con un romance contemporaneo che
spero vi emozionerà.
Negli ultimi anni ho pubblicato “Un amore firmato Louboutin”
e “Book Lovers. Le vie dei sogni sono infinite”, i romanzi autoconclusivi della
serie “Innamorarsi a Verona”.
DICE L’AUTRICE:
È il primo romanzo in cui affronto i sentimenti senza
nasconderli dietro all'ironia e alla leggerezza dei chick-lit
Ho deciso di ambientarlo nel Sud del Texas, ispirandomi
alla città di La Grange, che esiste veramente. Anche i nomi dei locali citati e
la libreria esistono per davvero.
Una cara amica di origini messicane (come la protagonista
femminile della storia) mi ha istruita sulle usanze della sua terra e ora sogno
un viaggio in Messico!
L'idea di partenza è stata la voglia di rompere qualcuno
dei cliché tipici delle commedie rosa, che comunque continuo a adorare, e
osare. A partire dall'età dei protagonisti, dato che Nina è più grande di Jake
di sei anni.
BREVE ESTRATTO:
Logan aprì bocca per replicare, senza dubbio a tono, ma il
suo sguardo fu catturato da qualcosa alle mie spalle, proprio nel momento in
cui una voce un po' impacciata mi sorprese.
«Ehm... scusa...» balbettò.
Mi voltai trovandomi davanti un ragazzo piuttosto alto, con
addosso la felpa dei Leopards.
«Sì?»
«Nina?» fece lui mentre il suo tono riacquistava sicurezza.
«Ci conosciamo?» domandai confusa.
«Nina, accidenti! Sono io!» esclamò allora con gli occhi che
gli brillavano di felicità.
Come diavolo facevo a non ricordarmi di una persona che
sembrava così felice di vedermi?
A meno che non si trattasse di uno scherzo.
Lanciai un'occhiata verso quelli che immaginai essere i suoi
amici, il resto della squadra a giudicare dai colori che indossavano, ma
nessuno di loro ci stava guardando. Mi voltai verso Logan, che osservava il
nuovo arrivato con le braccia incrociate sul petto e l'aria vagamente seccata.
«Mi dispiace, credo ci sia un errore.» balbettai tornando al
ragazzo che mi sorrideva.
Per tutta risposta lui mi afferrò la mano destra tirandola
verso di sé mentre mi sventolava la sua sotto il naso. D'istinto arretrai di un
passo, mettendo a fuoco il disegno sull'indice fermo a un soffio dal mio viso:
un piccolo teschio stilizzato.
«Santo cielo, non posso crederci.» esclamai stringendo le
dita attorno alla mano che ricordavo piccola e appiccicosa di caramelle «Jake!»
Fu come se, all'improvviso, avessi potuto riconoscere ogni
insignificante particolare che mi era sfuggito: il colore dei suoi occhi, un
blu tanto profondo da ricordare il mare più profondo di Cancun, la pelle chiara
segnata dalla piccola cicatrice al centro della fronte, il naso dritto e il
sorriso che sembrava partire dal cuore per arrivare a illuminargli lo sguardo.
Mi ritrovai stretta nel suo abbraccio, le narici piene del
profumo che avevo respirato nella casa dei Collins, che sentivo addosso alle
magliette troppo larghe e ai suoi capelli, perennemente scompigliati.
«Non ti avevo riconosciuta con questo nuovo taglio, e poi,
allora, portavi sempre la treccia.» si giustificò, come fosse stato l'unico
cambiamento evidente da sei anni a questa parte «Quando sei tornata?»
«Quando sei tornato tu, se mai.» risposi sciogliendomi dalla
sua stretta.
Jake si scostò, ma continuò a tenermi la mano nonostante lo
sguardo di Logan si fosse fatto pesante.
«Da circa un anno, ormai. Mio padre è stato congedato,
quindi...» alzò le spalle con noncuranza «E tu? Stai festeggiando il rientro,
quindi?»
«Sì, ho concluso un master pochi giorni fa. Ho studiato
giornalismo a Houston, poi ho lasciato Grangeville per una borsa di studio a
Abilene.» risposi senza riuscire a smettere di guardarlo.
«Mi trovi diverso?» rise imbarazzato rendendosi conto del
modo in cui lo fissavo; si voltò verso Logan, quasi cercasse la solidarietà di
un altro ragazzo, ma lui non replicò.
«Scusami, non volevo metterti a disagio. È solo che ti ho
lasciato che eri un bambinetto e ora sei... così.» Jake si comportava come
fossero passate giusto un paio di settimane dal nostro ultimo incontro, mentre
io mi sentivo impacciata come non mai «Credo che nella mia testa tu abbia
ancora undici anni.»
«Ne ho diciotto, quasi. Li compirò tra qualche mese.»
«Non ditemi che questo è il piccolo Jacob.» Victoria apparve
accanto a lui seguita da Cierra «Ti ho notato in città, molte volte, ma non ho
mai pensato fossi tu.»
Lui la guardò per un momento, come stesse riflettendo.
«Scusami, non ricordo proprio il tuo nome. Non ci siamo
incontrati spesso, vero?» chiese rivolgendomi un'occhiata in cerca di conferma.
«Giusto un paio di volte.» annuii.
In realtà, all'epoca, sembrava piuttosto preso da Vicky e
avevo avuto l'impressione, fin dal loro primo incontro, che avesse un debole
per lei. Una specie di cotta infantile. Dopotutto quale ragazzo a Grangeville
non avrebbe avuto una cotta per lei?
Cierra lo salutò e Jake si congratulò anche con lei.
«Ho visto gli striscioni.» indicò le decorazioni che
affollavano l'area a nostra disposizione, tra le quali troneggiava un drappo
coi nostri nomi.
«Giochi a basket?» domandò Vicky riferendosi allo stemma
della squadra impresso sulla sua felpa.
«Sì. Hai visto, Nina?» mi guardò con gli occhi che
brillavano di orgoglio e, in un istante, lo rividi bambino «È stata lei a
insegnarmi a fare i primi tiri a canestro.» precisò senza rivolgersi a nessuno
in particolare, ma come tenesse a farlo sapere a tutti.
Gli sorrisi, rendendomi poi conto che avevo ancora la mano
stretta nella sua, così mi ritrassi fingendo di voler sistemare i capelli
dietro alle orecchie.
«Sono felice di averti insegnato qualcosa di utile. Sono
stata una buona baby-sitter, dopotutto.» replicai con leggerezza, ma non potei
fare a meno di chiedermi quanto sapesse del motivo per cui avevo smesso di
frequentare la sua casa.
«La migliore.» dichiarò semplicemente.
Un paio delle ragazze sedute al bancone lo chiamarono e un
compagno di squadra agitò la mano attirando la sua attenzione.
«Vai pure, i tuoi amici ti aspettano.» gli dissi
controllando l'ora.
Era passata da poco l'una, probabilmente la famiglia Collins
non contemplava il coprifuoco. O forse Jake era diventato insubordinato? L'idea
del comandante impegnato a destreggiarsi con un adolescente ribelle era
piuttosto divertente.
«Sono contento di averti incontrata, Nina. E anche voi, ovvio.»
aggiunse guardando Cierra e Vicky.
Fece per andarsene, ma dopo qualche passo si voltò di nuovo.
«Vi va di venire alla partita, sabato pomeriggio?» lo chiese
a tutti, ma i suoi occhi erano fissi su di me, speranzosi come quando mi
supplicava perché lo lasciassi scegliere un'altra volta quale film vedere. E,
neanche a dirlo, finivamo sempre davanti a “The karate kid”.
«Certo!» rispose Vicky per me.
«Fantastico. Alle cinque alla palestra della Lincoln,
allora.»
Ci salutò un'ultima volta, prima di raggiungere i suoi
amici...
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