Recensione: "Anna - L'inferno in una bottiglia" dell'autrice Martina Longhin, edito Brè Edizioni. A cura di Silvia Iside.
Tratto da una storia vera.
Autrice: Martina Longhin
Genere: Narrativa sulla violenza
contro le donne - Biografico
Casa editrice: Brè Edizioni
Disponibile in ebook a € 2,99
E in formato cartaceo a € 9,90
TRAMA:
Stella è una giovane donna che crede nell’amore e nella famiglia. Sogna il principe azzurro e lo trova in Toni, un ragazzo del paese gentile e affascinante. Si innamora perdutamente di lui, lo sposa, ma troppo presto il suo sogno si trasforma in un incubo. Dov’è l’uomo dolce e premuroso? Chi è veramente Toni? E le domande assillano la mente: sono io a essere sbagliata? Non gli sono vicina come lui vorrebbe? Non posso lasciarlo, come farei a sopravvivere? Cosa penserebbe la gente? I figli hanno bisogno di un padre, devo sopportare, soprattutto per loro. Quesiti che non bisogna porsi. Di fronte alla violenza, l'unico colpevole è chi la mette in pratica: il violento. Un dramma come tanti, una vicenda realmente accaduta, terrificante, che coinvolge non solo una donna, ma anche i bambini.
Anna, la figlia maggiore, racconta la tirannia di un padre padrone. Rivive le vicende che l’hanno portata a crescere in fretta, che la fanno partecipe di un mondo che, purtroppo, oggi è una realtà. Un inferno dal quale è necessario fuggire senza paure, senza nascondersi. Un libro di denuncia, un testo per spronare le donne a uscire allo scoperto, a scovare il coraggio per abbandonare uomini che tali non sono. Vittime che devono trovare la forza per staccarsi da padroni ignoranti, da soprusi che nessuno deve subire. Mai. Per nessuna ragione.
L’incipit presenta Anna, figlia di Stella e Toni, irriducibile alcolizzato, nella scena in cui è ricoverata in ospedale a seguito di alcuni malori. I parenti le portano la notizia della morte dei genitori avvenuta in un improbabile incidente e parte la narrazione della vita di questi ultimi che ha unito la paura, l’astio e la nascita di molti figli. Era evidente la loro incompatibilità, sia per via dei caratteri che del vizio del padre, il quale sarà per sempre il tormento di una donna che non lo lascia perché a suo dire lo teme, ma pare proprio che il suo timore sia quello di vivere. Avrebbe i parenti ad appoggiarla, perfino i cognati, ma trova una scusa dopo l’altra per rimanere nell’inferno derivante dalle bottiglie. L’alcol conduce il marito alla malattia e alla prigione, ma niente cambia e si prova la stessa irritazione che sentono i figli, spettatori impotenti.
Vien da chiedersi come mai tanto disamore, tanta ostinazione e inclinazione al martirio. Probabilmente un’analisi più approfondita dei personaggi avrebbe dato risposta a questo interrogativo, ma è una opinione mia, la convinzione che nessuno nasca alcolizzato o pazzo. So che nei telegiornali se ne sentono a ufo di vicende così, ma il punto è che lo spazio di una cronaca e quello di un romanzo sono molto differenti e quindi anche se l’obiettivo era riportare una storia vera, si poteva dare più ampio respiro, prima di cominciare, a ciò che riguarda quest’uomo e questa donna che invece restano senza futuro e senza passato.
La breve descrizione dell’inizio della loro storia di distruzione è troppo esigua per renderli vivi e farli amare al lettore. Comunque resta uno spaccato di attualità da leggere per rendersi conto ancora una volta del poco amore che le donne possono nutrire per se medesime e per i figli. Stella continua a ripetere che non lo lascia perché non saprebbe dove andare coi figli, ma continua a farne altri e poi, quando l’occasione di andarsene ce l’ha, torna indietro. La paura dietro la quale si barrica è un paravento troppo sottile, non l'ho vista né sentita, forse per la volontà dell'autrice di narrare gli avvenimenti fedelmente e basta.
Sicuramente la scrittrice è promettente e in futuro farà di meglio.
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