Recensione: "Nel mare ci sono i coccodrilli" dell'autore Fabio Geda,
edito Baldini+Castoldi. A cura di Giorgia Spurio.
Titolo: Nel mare ci sono i coccodrilli
Storia vera di Enaiatollah Akbari
Autore: Fabio Geda
Genere: Narrativa
Casa editrice: Baldini+Castoldi
Disponibile in ebook a € 6,99
E in formato cartaceo a € 10,20
Contatto autore: Fabio Geda
TRAMA:
Se nasci in Afghanistan, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, può capitare che, anche se sei un bambino alto come una capra, e uno dei migliori a giocare a Buzul-bazi, qualcuno reclami la tua vita. Tuo padre è morto lavorando per un ricco signore, il carico del camion che guidava è andato perduto e tu dovresti esserne il risarcimento. Ecco perché quando bussano alla porta corri a nasconderti. Ma ora stai diventando troppo grande per la buca che tua madre ha scavato vicino alle patate. Così, un giorno, lei ti dice che dovete fare un viaggio. Ti accompagna in Pakistan, ti accarezza i capelli, ti fa promettere che diventerai un uomo per bene e ti lascia solo. Da questo tragico atto di amore hanno inizio la prematura vita adulta di Enaiatollah Akbari e l'incredibile viaggio che lo porterà in Italia passando per l'Iran, la Turchia e la Grecia. Un'odissea che lo ha messo in contatto con la miseria e la nobiltà degli uomini, e che, nonostante tutto, non è riuscita a fargli perdere l'ironia né a cancellargli dal volto il suo formidabile sorriso. Enaiatollah ha infine trovato un posto dove fermarsi e avere la sua età.Questa è la sua storia.
Nel mare ci sono i coccodrilli è un romanzo di Fabio Geda e pubblicato da Baldini-Castoldi. È la storia di un bambino che diventa uomo troppo presto. È la storia di Enaiatollah Akbari.
La storia di un risveglio: un bambino lontano dalla casa e dalla sua famiglia che ha come ultimo ricordo il profumo di sua madre, una giovane che ha deciso di portarlo via dall'inferno, portarlo via dalla sua città Nava vicina a Kabul, dall'Afghanistan e lasciarlo a Quetta in Pakistan. Tre erano le promesse: mai usare droghe, mai usare armi, mai rubare o ingannare. Enaiat l'ha promesso poi non l'ha vista più, rimane nel ricordo la madre assieme al fratello e la sorella.
Il paradosso è che quel bimbo da grande è associato alla parola Taleban, proprio lui che era scappato, proprio lui che ricorda nitido il suo maestro di elementari fucilato davanti ai bambini. Due jeep davanti alla scuola, erano trenta i talebani armati, davanti a quella scuola di hazara, e lo hanno ucciso perché ha detto no, perché non ha chiuso la scuola. Enaiat lo dice: "quegli assassini non erano afghani".
Lui è così pragmatico, ha imparato a esserlo, educato, silenzioso, rispettoso e svelto. Perché nella storia sono importanti i fatti. Eppure nonostante i "chi" non siano importanti più di una volta ha avuto la fortuna di incontrare degli angeli sulla terra: la signora in Grecia che lo ha accudito e vestito, poi il ragazzo in Italia che lo ha guidato in treno.
Forse la storia è fatta anche di persone che lasciano la loro soffice impronta.
Quetta non era il futuro, così Enaiat decide di intraprendere il suo viaggio verso l'Iran. Qui lavora e fatica come muratore ma è un clandestino con il rischio di essere picchiato ed espulso. Più di una volta Enaiat prende le botte, già viene picchiato dai poliziotti, viene rispedito al confine e poi di nuovo.
Ma questa storia è anche la storia di trafficanti. È la storia di un ragazzo che si fa più di venti giorni di cammino senza sosta e in quel gruppo ne muoiono otto. Le scarpe nuove si rompono, prima c'è il deserto e poi la neve. È la storia di un viaggio di 3 giorni nel buio di un doppiofondo di un camion immobile e con due bottiglie in mano: una piena d'acqua e una vuota.
È un ragazzo di circa 14 anni quando vuole andare in Turchia quando poi intraprende iI viaggio... La traversata del mare con un gommone. Erano in cinque. Dei ragazzini. Il più piccolo Hussein di 12 anni che ha paura delle balene e dei coccodrilli. Prendono il mare e il mare li accoglie, li travolge con il dolore, con il lutto. Sono nudi in Grecia, nudi, soli, con la polizia alle calcagna.
Il sogno è di andare a Londra o in Svezia, perché no, anche in Italia. Il sogno è trovare un posto di pace in cui lavorare e studiare.
Enaiat sognava un luogo di pace con la scuola e dei libri. Tante sono state le sue case anche il cartone su cui giacere nel parco con la paura, non tanto della polizia, ma di qualcuno che si avvicinasse in cerca di coccole, perché purtroppo è vero che anche se non li vediamo nel mare ci sono i coccodrilli.
Enaiat ci prende per mano. Facciamo il suo stesso viaggio e proviamo la sua paura. La paura di sentirsi fuori posto, la paura di essere nel posto sbagliato, la paura di sentirsi sbagliati, e questo continuamente con l'ansia di doversi guardare sempre alle spalle senza tregua. Per fortuna esiste l'amicizia ed esiste veramente, ancora più forte nei momenti di difficoltà.
Per fortuna oltre ai coccodrilli... Poi sulla costa, anche se pochi, esistono degli angeli.
Enaiat ci offre la sua storia. Ci commuove perché non possiamo non affezionarci a quel bimbo, solo, in una città non sua, con una lingua non sua, che sente il vuoto, gli stringe il petto ma trattiene le lacrime. E poi lo vedi quel buio, ha il fetore della morte nel doppio fondo del camion dei trafficanti.
Ma la cosa che più sorprende è una storia vera, la storia reale di un ragazzo che inizia il suo viaggio da solo all'età di dieci anni.
E ti perdi nell'immaginare i suoi occhi neri il primo giorno da solo che chiama la mamma, poi corre da Kaka Rahim, il padrone del magazzino dove è stato abbandonato:
- Dove è andata?
- Via.
- Quando torna?
- Non torna.
C'è un bambino seduto sui talloni in un angolo accecato dalla luce, in silenzio nel cercare di pensare, aspettando la sera, aspettando i lampioni della notte.
E dopo quella notte... Un nuovo giorno, una nuova vita da intraprendere con le proprie forze, uniche e sole.
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